Clark: recensione della serie Netflix su Clark Olofsson

Ciak. Cresciuto a suon di ninnoli e filastrocche per bambini da un padre modello, il virtuoso studente di economia bancaria alla Harvard University Clark Olofsson diventa il leader di un gruppetto di giovani assennati pronti a fare la rivoluzione per difendere i valori fondamentali dell’onestà e della legalità. Olofsson si innamora follemente dell’attrice teatrale e attivista Maria, e da quel momento trova la propria vocazione. Stop! Cambio della pellicola, perché non è affatto questa la storia raccontata in Clark, la serie TV diretta da Jonas Åkerlund, ma se aveste intenzione di guardarla, fareste meglio a prepararvi al gioco di astuzia, al bluff e ai sotterfugi. Il biopic sul gangster svedese dalla magica allure, ispiratore, eroe nazionale Clark Olofsson, è tratto dall’autobiografia dello stesso avvenente e ribelle rapinatore: un racconto che immortala tra verità e menzogne la singolare “carriera” criminale di uno dei personaggi più controversi della storia svedese contemporanea, che dopo aver dato il peggio di sé con auto, banche, feste, ragazze e divertimento a volontà, ha pure ispirato l’espressione sindrome di Stoccolma. In questi sei episodi da vedere tutti d’un fiato su Netflix, disponibili dal 5 maggio 2022, Bill Skarsgård (Anna Karenina e Atomica bionda) ritorna da protagonista nella serialità di successo e brilla intensamente di luce propria pur interpretando la “stella del crimine” Olofsson.

Clark: autobiografia di un criminale (non troppo) criminale

Costantemente inseguito dal commissario Tommy Lindstrom in un clima che mescola crime e comedy, di caccia ossessionata e spasmodica in perfetto stile Catch Me If You Can, e nei momenti più tesi da Arancia meccanica, il protagonista è il criminale svedese Clark Olofsson che riceve nel corso della storia condanne per tentato omicidio, aggressione, rapina e spaccio di stupefacenti e trascorre più della metà della sua vita prima in case di correzione poi in prigione. É una persona di spiccata intelligenza e riesce persino a prendersi una laurea in giornalismo, ma diventa adulto senza mai lavorare neppure un giorno nella sua vita. É lo stesso Clark Olofsson a raccontare al pubblico la sua storia incredibile che vede in primo piano il vero e unico amore della sua vita: la libertà, e il relativo costante obiettivo di evadere. Racconta di essere riuscito ad evadere dal carcere ben diciassette volte, realizzando una specie di record mondiale.

Mi vedono come un incrocio tra Pippi Calzelunghe e Al Capone” spiega allo spettatore, mentre avanza nella sua carriera criminale con i suoi complici colleghi malviventi tra cui c’è Jan-Erik Olsson (interpretato da Christoffer Nordenrot). Verso la fine di agosto del 1973 Jan-Erik Olsson si introduce in una banca di Stoccolma con una mitragliatrice, neutralizzando le guardie e rinchiudendo gli ostaggi nel caveau. Poi, in cambio della loro incolumità, chiede tre milioni di corone, una macchina, dei giubbotti anti-proiettile e il detenuto Clark Olofsson, suo collega di rapine. Il sequestro dura circa sei giorni, durante i quali gli ostaggi instaurano un rapporto insolito con i loro carcerieri che saranno poi descritti come gentili e premurosi. Da questo strano legame, il criminologo Nils Bejerot conia il termine «sindrome di Norrmalmstorg» (la piazza dove avvenne la rapina) poi diventato sindrome di Stoccolma. E così, Clark Olofsson, avendo protetto la vita degli ostaggi dalla follia del gangster, riesce a diventare un eroe nazionale.

Da non perdere per nessun motivo la miniserie sull’uomo della sindrome di Stoccolma

Quella di Clark Olofsson è una vita vissuta con frenesia, nella corsia di sorpasso e con il piede sull’acceleratore. Infatti il montaggio è frenetico quando più nervosa è la voce narrante che lo accompagna, che ci porta a conoscere una personalità fortemente narcisistica e manipolatrice, un “professionista“, come si definisce lui stesso, capace di rapinare una banca con una semplice bottiglia. Un crime drama in chiave pop che fa continuo ricorso ai cambiamenti di registro nelle immagini: la vita imperfetta del passato nelle sequenze in bianco e nero, i deliri espressi con l’animazione, i titoli di coda affidati agli inserti musicali. Il protagonista prova a farci credere delle cose, e così fa la regia, così il montaggio: si stacca sull’inquadratura allo scopo di indurci al gioco. Si riprende un’immagine per spiegarci che la verità è un’altra. Si ripetono le infrazioni: il vizio dell’uomo della sindrome di Stoccolma. Ecco un nuovo successo di Netflix, una storia di inevitabile fascino cinematografico, perché Clark è una serie da non perdere per nessun motivo. Dura sei puntate il viaggio in mare aperto di Clark Olofsson, con tutto lo scombussolamento che ne consegue e che riesce a mantenere vivo l’interesse di chi guarda fino alla fine. Alla fine, quando iniziamo ad avvertire i primi sintomi della sindrome avendo ormai simpatizzato con il protagonista, con il disonesto, che forse ha appena iniziato a dirci la verità…

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4
Emozione - 4

4.2