Claws: recensione dei primi episodi della dramedy
Tacchi a spillo, nail art dai colori accecanti e aggressivi, la Florida trash dei gangster e dei night club: questi gli ingredienti imprescindibili di Claws, nuova serie di TNT creata da Eliot Laurence e prodotta da Rashida Jones, che fa il suo debutto sugli schermi italiani il 27 novembre.
Al centro di questa “dramedy” che, nelle intenzioni edificanti dei suoi showrunner, vorrebbe essere un racconto corale declinato tutto al femminile, sulla strada aperta ormai qualche anno fa da Orange Is The New Black, spicca in realtà la figura di un’unica protagonista, la procace Desna (Niecy Nash, già vista in Scream Queens e Masters of Sex): proprietaria di un salone di bellezza specializzato in nail art (da qui il titolo della serie “claws”, nel senso di “artigli”), ha un fratello autistico a cui badare e un sogno da portare avanti, quello di aprire un locale raffinato lontano dai sobborghi malfamati dove lavora come estetista assieme alle amiche.
Claws: la nuova serie di TNT creata da Eliot Laurence e prodotta da Rashida Jones è ora disponibile in Italia su Premium Stories
Sono queste un trio altrettanto messo alla prova dalla vita e formato da Polly (la Carrie Preston di True Blood) in libertà vigilata con tanto di meccanismo di sorveglianza alla caviglia; la Quiet Ann di Judy Reyes (Scrubs), silenziosa bodyguard del gruppo con un debole per le donne sposate e Jen (Jenn Lyon) ex alcolista con due figli a carico avuti da precedenti relazioni. Al team ben presto si aggiunge anche Virginia (Karrueche Tran), ultima leva del salone e protagonista suo malgrado di un incidente che avrà ripercussioni inaspettate nel corso della serie.
I destini delle quattro estetiste si intrecceranno ben presto con quelli del gangster locale: allo scopo di garantirsi un futuro migliore e di realizzare il sogno di una vita, Desna non esita ad entrare in un giro di truffe e riciclaggio di denaro sporco, gestito da un certo ‘Uncle Daddy’ – un boss locale con il volto di un cattivissimo Dean Norris, ex cognato di Walter White – affiancato dal suo scagnozzo Roller (Jack Kesy).
In una serie come Claws in cui il trash è di casa, l’eccentricità, i plateau vertiginosi, gli agghiaccianti frisée e le nail art iper decorate fanno da contraltare alle battute al vetriolo delle protagoniste, spesso e volentieri a sfondo sessuale ma, se non altro, prive della solita, fastidiosa componente maschilista che in certe situazioni la fa da padrona. Il trucco messo in atto dalla serie, tuttavia, è fin troppo evidente: dietro gli abitini aderenti e troppo corti, le mosse sexy e le unghie finte di Claws si nasconde una volontà più “seria” e “impegnata” di mettere in scena i problemi personali e professionali di quattro donne determinate, in lotta per realizzare le proprie aspirazioni contro un mondo corrotto che ha già stabilito qual è il posto giusto per loro.
Purtroppo, una lunga serie di eventi esageratamente grotteschi, dai risvolti banali, sortiscono l’effetto contrario: quello di depotenziare gli aspetti più cupi e drammatici della serie (il rapporto con i criminali, le difficoltà delle protagoniste e finanche qualsiasi discorso di natura “femminista”), a favore invece di una comicità sguaiata, che ne fanno un prodotto sostanzialmente frivolo, ma di una frivolezza mal congeniata e solo a tratti divertente e, in ogni caso, priva di qualsiasi spessore.
Complice anche una scrittura semplicistica che non ricorre certo a sfumature e mezzi termini, andando a scapito soprattutto dei (pochi) ruoli maschili, primo tra tutti il gangster di Dean Norris, personaggio surreale quanto spietato.
Claws – questo strano mix tra Desperate Housewives, I Soprano e Breaking Bad – a cui rimanda l’attività clandestina e criminale di Desna e colleghe, quanto la stessa presenza di Dean Norris – finisce così per ruotare completamente attorno ai cliché che investono tanto le situazioni quanto i personaggi. Un difetto non da poco che si sente sempre di più a mano a mano che la storia si ingarbuglia e procede, correndo il grosso rischio di trasformare una serie dalle buone intenzioni, sulla scia di quei prodotti di ben altro spessore e dal forte messaggio femminista (da The Handmaid’s Tale alla nuova She’s Gotta Have It di Spike Lee), nella parodia di se stessa.