Creeped Out – Racconti di paura: recensione della stagione 2 della serie teen horror di Netflix
La nostra recensione della stagione 2 di Creeped Out – Racconti di paura, serie antologica per ragazzi che torna su Netflix con nuovi inquietanti racconti
Nell’immaginario collettivo il genere horror difficilmente si accosta a un target giovanile, ma già in passato alcuni titoli hanno saputo smentire con maestria questo pregiudizio. Chi è cresciuto negli anni ‘90 ha avuto modo di apprezzare prodotti come Hai paura del buio? e Piccoli Brividi, e di restare terrorizzato da alcuni episodi particolarmente inquietanti. È un errore pensare che di fronte a un pubblico composto da bambini quella dello spavento sia un’arte semplice. In realtà sono molti i fattori da considerare e da gestire al meglio: la componente prettamente horror, l’intento educativo, l’emozione, ma anche la capacità di moderare i toni. Tutto questo si può ritrovare in un prodotto moderno, la cui prima stagione è stata distribuita su Netflix nel 2018 e che è finalmente tornata con una seconda stagione il 4 ottobre 2019. Si tratta di Creeped Out – Racconti di paura, ideata da Bede Blake e Robert Butler e raccontata dalla cantante svedese Aurora.
Creeped Out deve molto ai suoi predecessori, per impianto stilistico e ispirazione, ma cela una componente moderna che diventa parte integrante del processo educativo di ogni episodio. Un intento che può coinvolgere facilmente anche gli adulti.
Creeped Out: i Piccoli Brividi in età moderna
La prima stagione di Creeped Out – Racconti di paura è riuscita nel suo intento di appassionare i giovani spettatori non solo grazie a storie inquietanti, che spaziavano dall’horror al sci-fi, ma anche di convincerli tramite un impianto moderno, riconoscibile per i millenials e i giovani della nuova generazione.
Sebbene siano palesi i riferimenti a Piccoli Brividi (tratti dall’omonima serie di libri di R. L. Stine e andata in onda dal 1995 al 1998), Creeped Out è sempre stata in grado di dimostrare anche una certa indipendenza dai titoli che lo hanno preceduto.
La valida sceneggiatura ha messo in primo piano, in ognuno degli episodi, aspetti della vita giovanile facilmente convertibili in qualcosa di inquietante, come la dipendenza dai cellulari e dai social network e i rapporti con gli amici e la famiglia.
La seconda stagione sfrutta la buona riuscita di questa impostazione per portare sullo schermo nuove storie, altrettanto riconoscibili e altrettanto efficaci, mantenendo un sottofondo didattico che alla fine degli episodi si percepisce come una vera e propria morale.
Anche in questa seconda stagione la ricerca del coinvolgimento è uno dei punti cardine della serie. La natura antologica e la brevità degli episodi le donano un grande dinamismo, mentre il ricorso a protagonisti in età pre-adolescenziale e adolescenziale garantisce la creazione di situazioni con cui i giovani spettatori possono empatizzare, anche quando non sempre le trame si rivelano originali. Il rischio corso da Creeped Out è infatti quello di aver poco da dire dopo una prima stagione composta da tredici diverse storie indipendenti, ma è proprio il principale elemento di ispirazione della serie a permetterle di dimostrare una grande fantasia. In un progetto che mira a trattare il paranormale nelle sue diverse forme è infatti la realtà – anche nella semplicità del suo quotidiano – a rappresentare un ottimo e vasto bacino di riferimento, da cui trarre idee per la creazione di vicende sempre nuove e attuali.
Creeped Out: un impianto moderno che fa leva su paure attuali
Anche in questa seconda stagione, com’è avvenuto nella prima, si percepisce la volontà da parte degli sceneggiatori di pescare nell’attualità alla ricerca dell’ispirazione per storie inquietanti dalla forte componente morale.
Svelando così una delle sue più grandi ispirazioni dopo Piccoli Brividi, Creeped Out tuffa lo spettatore in una realtà fortemente modernizzata, tanto incentrata sulla digitalizzazione della vita da farci quasi credere di trovarci nella versione edulcorata e adatta ai più piccoli di Black Mirror.
Il legame con la nota serie inglese si percepisce soprattutto in quelle puntate che, con un piglio moralistico, mettono in guardia i giovani sulle insidie della tecnologia e su ciò che un suo uso scriteriato può causare. In questo va ricercata la credibilità di Creeped Out – Racconti di paura. Se infatti nel passato ciò che più terrorizzava bambini e adolescenti erano mostri, individui inquietanti e situazioni paranormali, a suscitare un brivido in questa serie sono proprio i numerosi modi in cui il mondo digitale può rivoltarsi contro chi ne fa un uso eccessivo.
Basta poco per trovare l’idea che scateni un senso di inquietudine nei giovani spettatori. Una puntata può mettere in guardia su ciò che accade quando i videogiochi assorbono completamente l’attenzione dell’utente, o su come l’ossessione per i selfie porti a tremende conseguenze. La domotica può essere molto comoda, ma anche rivelarsi una grande minaccia, mentre un semplice vlog può dare vita a un mistero.
Tutto questo rappresenta il tessuto narrativo di Creeped Out – Racconti di paura, teen horror che non sempre ha bisogno di fare ricorso a forme estreme di paranormale per spaventare e che per questo risulta discretamente valido anche nella sua seconda stagione. Alcuni racconti sono più originali e curiosi di altri, ma in linea di massima Creeped Out si rivela essere una serie tv per ragazzi avvincente, adeguatamente inquietante e piacevole da guardare in compagnia dei propri figli, dei fratelli più piccoli o dei cuginetti, a maggior ragione ora che la festa di Halloween si sta avvicinando!