D.B. Cooper: il dirottatore che svanì nel nulla – recensione della docuserie Netflix
In America, il criminale noto solo con lo pseudonimo di D.B. Cooper è una vera leggenda popolare moderna. Eppure, dopo 50 anni, la sua identità resta ancora un mistero...
Questa è la leggenda di D.B. Cooper, ovvero di un uomo che, in giacca e cravatta, ebbe la scaltrezza di dirottare un aereo, chiedere un riscatto milionario e sparire nel nulla senza lasciare feriti o alcun tipo di danno collaterale. “Leggenda”, però, non è il termine esatto, perché tutto ciò è realmente accaduto: la docu-serie D.B. Cooper: il dirottatore che svanì nel nulla (4 episodi disponibili su Netflix dal 13 luglio) cerca di ricostruire una vicenda che ha dell’incredibile, e che a distanza di oltre 50 anni non smette di scatenare le fantasie più impensabili.
I fatti: il 24 novembre 1971 un uomo sulla quarantina acquista all’aeroporto di Portland un biglietto di sola andata per Seattle. Si registra come Dan Cooper – nome successivamente traslato per errore dai media in D.B. – e sale sull’aereo. Il viaggio è breve, appena 38 minuti. Eppure, in quel risicato lasso di tempo, l’uomo ha modo di minacciare l’equipaggio (mostrando una valigetta piena di esplosivo), prendere in ostaggio una hostess, farsi consegnare quanto richiesto e lanciarsi con il paracadute dal Boing 727 su cui sta volando.
D.B. Cooper: L’unico dirottamento irrisolto della storia contemporanea
Se questo riassunto stranamente non sembra nuovo, è perché la vicenda ha assunto subito i contorni del mito: D.B. Cooper viene citato nella cultura di massa in continuazione, da Breaking Bad a Prison Break, passando per Mad Men e per il recente Loki (in cui si ipotizza che il Dio dell’inganno avrebbe impersonato Cooper a seguito di una scommessa persa con il fratello Thor). Per questo D.B. Cooper è uno di quei personaggi che tutti credono di conoscere, nonostante non ne sia mai stata svelata l’identità. L’obiettivo della mini-serie diretta da Marina Zenovich è proprio questo: scoprire ancora qualcosa in più sul “pirata aereo” più famoso della storia, ricostruendo i tratti salienti dell’indagine.
I primi due episodi, soprattutto per i neofiti o per chi comunque aveva fino a quel momento sentito il nome di Cooper senza poi andare oltre, sono i più efficaci. Viene narrata infatti la storia del fantomatico D.B., con l’inserimento di video di repertorio e una contestualizzazione socio-politica piuttosto efficace. I vari capitoli del “caso” chiariscono i motivi per cui l’elegante criminale provetto è e resterà sempre irresistibile, un eroe popolare che “frega” il sistema e che inevitabilmente ossessiona i teorici del complotto e chi ama sguazzare nel mondo delle mezze verità e delle ricostruzioni basate su prove per nulla oggettive.
D.B. Cooper: Uno studio sulla fallacia della natura umana
Una delle riflessioni più importanti e interessanti di D.B. Cooper è proprio questa: non esistono riscontri inconfutabili. Nel corso dei decenni si sono susseguite una enorme quantità di congetture, portate avanti sia da dilettanti (che annualmente si riuniscono in un vero e proprio “Cooper-Con”) che dal governo che dall’esercito. Il “secondo tempo” della serie si concentra quindi su un soggetto in particolare: il giornalista Tom Colbert, che dopo uno studio andato avanti per quasi tutta la sua stessa vita ha (avrebbe) individuato il colpevole in tale Robert Rackstraw. Rackstraw ha l’aspetto giusto, possiede tutte le competenze necessarie e – cosa non trascurabile – sembra stare amabilmente al gioco, non negando mai di essere l’artefice del furto.
Questa parte, più che aggiungere elementi validi sul presunto responsabile, serve a capire quanto il vero fulcro del documentario sia Colbert, col sospetto che si sia fatto risucchiare dal “vortice di Cooper”, restando impantanato nelle sue stesse teorie cospirative. Cooper aveva qualcosa a che fare con l’industria del fumetto francese? Perché aveva una molecola di titanio sulla cravatta? La numerologia può contribuire alla risoluzione del mistero? C’è indubbiamente di che divertirsi, ma con un vago senso di inquietudine: in fondo siamo di fronte a uno studio sulla natura umana, sul nostro disperato bisogno di dare un senso a cose che sfuggono alla nostra comprensione. Anche a costo della nostra sanità mentale.