Das Boot – Stagione 2: recensione dei primi episodi della serie TV Sky
Sbarca nel vero senso della parola su Sky Atlantic la seconda stagione della fortunata war serie franco-tedesca. Ecco in anteprima la recensione dei primi episodi.
In seguito al fortunato debutto avvenuto nel novembre del 2018, con 1,13 milioni di telespettatori registrati durante i primi dieci giorni di messa in onda, Sky ha deciso di rinnovare la serie per la seconda stagione. In effetti, con un risultato simile era difficile che su Das Boot calasse il sipario. Ecco allora sbarcare nel vero senso della parola sugli schermi il sequel in otto episodi (da 60’ cadauno) della pluripremiata war serie franco-tedesca ispirata al film U-Boot 96 di Wolfgang Petersen e al romanzo omonimo di Lothar-Günther Buchheim, della quale abbiamo visto in anteprima i primi quattro episodi in arrivo su Sky Atlantic dal 26 giugno. Quanto basta per pronunciarsi sulla qualità di un prodotto audiovisivo che riesce a confermare quello che di buono abbiamo potuto ammirare due anni fa nella season inaugurale.
Das Boot – Stagione 2: le lancette dell’orologio tornano al 1942 per raccontare uno scontro oceanico ad alta tensione in piena Seconda Guerra Mondiale
I capitoli iniziali firmati da Matthias Glasner (i restanti quattro sono diretti Rick Ostermann) riavvolgono nuovamente le lancette dell’orologio sino al 1942, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, quindi dodici mesi prima degli eventi narrati nella pellicola del 1981. Ed è sullo sfondo della tragedia bellica che si intrecciano le vicende di membri dell’equipaggio di un sottomarino tedesco e della resistenza francese. Questa volta Johannes von Reinharts (Clemens Schick), un esperto di sommergibili, è mandato in missione segreta sulla costa orientale degli Stati Uniti. Lo scopo è usare il suo U-822 per fermare tre sabotatori, ma sul più bello la sua lealtà viene messa in dubbio e la U-612, guidata dal Comandante Wrangel (Stefan Konarske), viene mandata al suo inseguimento.
Prende così il via una stagione che promette bene sul piano della costruzione della tensione, con momenti di forte impatto emotivo che cadono come fulmini in un cielo plumbeo. Basta guardare il prologo e l’epilogo del pilot per averne un primo assaggio, nel quale si assiste all’affondamento per errore di una nave passeggeri scambiata per un cargo e il ferimento a morte della traduttrice Simone Strasser (Vicky Krieps) per mano delle SS, mentre aiuta una famiglia ebrea a fuggire da un nascondiglio. Un modus operandi, questo, che gli sceneggiatori utilizzeranno anche negli episodi successivi (vedi il pestaggio sulla spiaggia di Robert Ehrenberg in chiusura dell’episodio 2) e che di fatto serve a lanciare e rilanciare tanto la linea verticale quanto quella orizzontale del racconto.
Un racconto che si dipana su tre piani geografici differenti in un’efficace alternanza tra ciò che accade a bordo del sottomarino e sulla terra ferma
Un racconto che sposa prevalentemente la prospettiva dei soldati tedeschi impegnati nella missione, con un’alternanza tra le burrascose e turbolente vicissitudini a bordo del sommergibile che coinvolgono i membri dell’equipaggio e ciò che avviene sulla terra ferma in quel de La Rochelle, dove l’infermiera Margot (Fleur Geffrier) e la sua compagna di stanza combattono per consentire ad una famiglia ebrea di scappare ma il Capo della Gestapo, controlla ogni loro mossa, complicando e non poco le cose. Il tutto mentre dall’altra parte dell’Oceano, il Comandante della U-612 Klaus Hoffmann (Rick Okon), scampato a un naufragio insieme al marinaio Sam Greenwood (Vincent Kartheiser) trova riparo a New York dove incontra il trasandato avvocato tedesco Berger (Thomas Kretschmann), al quale chiederanno aiuto per tornare in Germania.
Salvo ulteriori ingressi al giro di boa, Das Boot 2 sviluppa la propria timeline palleggiando su questi tre piani spaziali, dislocando e geolocalizzando la narrazione su di essi. Ma sicuramente – anzi ne siamo certi – il vaso di Pandora della serie verrà scoperchiato a bordo del sottomarino e le prime avvisaglie in merito ce le forniscono gli episodi 2 e 3, quando tra gli ufficiali a bordo e i relativi schieramenti non inizia a scorrere buon sangue e si iniziano a intravedere delle crepe sempre più insanabili. Staremo a vedere.
Das Boot – Stagione 2: un period-drama bellico discontinuo nell’uso dei VFX, ma molto curato nelle confezione e nelle ricostruzioni storiche
Nel frattempo il biglietto da visita con il quale si presenta la seconda stagione è di tutto rispetto, con la babele linguistica (tedesco, francese e inglese) che restituisce realismo ai dialoghi e alle interpretazioni, lo stesso che traspare dalla cura nelle ricostruzioni storiche e nella confezione data dalla fotografia, dalla regia e soprattutto dalle scenografie e dai costumi. Del resto, ci troviamo al cospetto di un period-drama appartenente al filone bellico, che proprio in queste componenti deve trovare per forza di cose le prime certificazioni di qualità. Dove, invece, Das Boot continua a mostrare qualche debolezza sono i VFX, non sempre visivamente efficaci al 100% come da richiesta.