Das Boot – Stagione 3: recensione della serie Sky
Una fotografia di altissimo livello nella stagione 3 della serie di guerra in onda su Sky Atlantic.
Das Boot, la serie di guerra prodotta da Bavaria Fiction e Sky Studios, è tornata con la terza stagione dal 19 luglio 2022 su Sky Atlantic, e in streaming su NOW. Tratta dai due romanzi di Lothar-Günther Buchheim Das Boot e Die Festung – e ispirata al film di Wolfgang Petersen del 1981 (candidato a sei Oscar) -, si avvale di un cast internazionale: i principali interpreti sono Franz Dinda, Tom Wlaschiha e Rick Okon, ma questo nuovo ciclo di episodi accoglie anche il volto noto della televisione Ray Stevenson. Puntualizziamo senza girarci intorno che il war drama tedesco è un prodotto di alta qualità i cui dieci nuovi episodi corposi e solidissimi sono suddivisi con rilascio settimanale da Sky Atlantic (l’uscita degli ultimi due è fissata per il 16 agosto 2022). Ambientato durante la seconda guerra mondiale, ci fa salire a bordo di un sottomarino militare tedesco – un U-Boot – dove la sopravvivenza dell’equipaggio è legata a un filo sottile: una mina degli avversari, ma anche il calcolo sbagliato, o il più piccolo contrattempo, possono essere fatali.
Das Boot – Stagione 3: a due gangster minorenni viene promessa un’ultima possibilità per salvarsi
La lentezza non fa sempre rima con bruttezza, come dimostra la struttura narrativa di Das Boot, l’opera seriale che riesce a tagliare diverse sottotrame interessanti: assistiamo a una lenta, dolorosa, toccante, soprattutto vivida rappresentazione delle spinte della morte (le discese nella follia), della dedizione alla sacra madre terra Germania (i sogni dei giovani di diventare eroi), delle differenze fra i combattenti privilegiati e non, dell’ultima occasione per redimersi. Il punto di vista è quello tedesco. Nella primavera del 1943, quando Berlino capisce l’importanza della U-Boat War, si cercano tanti uomini. Nella terza stagione di Das Boot c’è il sottomarino da guerra U-949 da difendere, che si sposta dalle acque di La Rochelle – nella Francia occupata dai nazisti – a Lisbona fino a Kiel.
Lo show televisivo usa il cross-cutting per alternare le scene che fanno incrociare le diverse storie che vedono come interpreti principali: Franz Dinda (The Cloud) nei panni del capo ingegnere Robert Ehrenberg; Tom Wlaschiha nel ruolo di Hagen Forster, che a Lisbona (città ritrovo di esiliati, spie, criminali) scopre un complotto letale per rubare una fortuna con l’oro saccheggiato in tempo di guerra; Alessandro Schuster e Aniol Kirberg rispettivamente nei ruoli dei due giovani gangster di strada Pauli Müller e Harry Weidner ai quali, dopo essere stati fermati dalla polizia tedesca, viene promessa un’ultima possibilità per “salvarsi” : arruolarsi da volontari nella marina militare tedesca. La cinepresa segue principalmente Ehrenberg in mare aperto, che dovrà affrontare una nuova missione con tutto l’equipaggio giovane e poco preparato dell’U-949 (che peraltro ha come Capitano un privilegiato che non è tagliato per una simile posizione) con l’obiettivo di difendere l’imbarcazione dall’attacco di un cacciatorpediniere britannico guidato dal comandante Jack Swinburne, in cerca di vendetta dopo la morte del figlio su una nave affondata da un U-boat…
Qualcosa in cui credere
La vita a bordo di un qualsiasi sottomarino della Seconda guerra mondiale era un’esperienza non sopportabile, che richiedeva incredibili capacità di resistenza e adattamento. Il pubblico assiste dalle fasi del pesante e spietato addestramento per entrare nel corpo d’élite tedesco a quelle della guerra sottomarina. La paura di non superare le dure prove dell’addestramento, gli ordini impartiti dai privilegiati, l’ipotesi che il sommergibile venga affondato da una mina: la vita negli U-Boot non è poi molto diversa dai campi di sterminio. Si soffre letteralmente insieme ai minorenni Harry e Pauli, che con gli altri 46 uomini dovrebbero fungere da ultimo contingente navale tedesco. L’opera seriale è un connubio ben riuscito di regia (nel pilot si sperimenta con pose, inquadrature, avvicinamenti dagli effetti drammatici; si sottolinea stilisticamente il distacco dai discorsi nazisti con carrellate a distanziare), sceneggiatura (breve e pulita), interpretazione/evoluzione dei personaggi senza sbavature, struttura (narrativa) trascinante. Ma Das Boot affida gran parte del suo significato e bellezza alla ricerca dell’immagine perfetta. La fotografia è la vera novità delle ultime produzioni seriali: qui è di altissimo livello, ci consegna un quadro spesso spettacolare, con frame che fanno convivere cuore e testa, e trasmettono le emozioni più intense; operando anche una scelta di visione con gli elementi presenti nella scena (in particolar modo con il tormento dell’acqua). Viene rappresenta la guerra sottomarina ( la guerra bugiarda), ma anche la battaglia interiore dei personaggi: il racconto lento è la soluzione per scendere in profondità, per trovare qualcosa per cui valga la pena essere ancora.