Détox: recensione della serie francese su Netflix
Détox, dal primo settembre 2022 su Netflix, è una serie lieve e intelligente, perfetta per la rentrée. Merita una chance perché intrattiene e fa riflettere.
Serie intergenerazionale in sei episodi che ricorda nella levità briosa Operazione amore (sempre disponibile alla visione su Netflix), Détox parte come riflessione sulla dipendenza dai social per poi inseguire il filo della più tradizionale commedia d’amore (e di famiglia). Verso la libertà dal web. E in pieno stile francese.
Détox: grandi e piccoli, nessuno si salva (da solo) dalla dipendenza social
“Se le applicazioni su cui passate gran parte del vostro tempo sono gratis e sembrano non voler vendere nulla direttamente è perché voi siete il prodotto; parlate con vostra madre al telefono e il telefono sa tutto di voi e vostra madre, e state certi che userà quel tutto che sa a proprio favore”.
Quando uno dei protagonisti più giovani della serie francese intergenerazionale in sei episodi Détox – titolo inglese: Off the Hook – ascolta sui banchi di scuola queste parole pronunciate dal suo professore, all’interno di un progetto di educazione al web, decide che è arrivato il momento di reagire al piano di lobotomizzazione di massa attuato dagli occulti manovratori delle piattaforme social. Organizza, così, una protesta e promuove un programma di astinenza da Internet.
I giovanissimi non ci stanno a diventare degli automi, ma lo stesso non si può dire dei trentenni. La generazione a loro precedente, quella che ha terminato gli studi superiori da un decennio e più, è rappresentata Léa e Manon, amiche inseparabili, entrambe vittime, sebbene in modo diverso, del rapporto ombelicale coi social network.
La prima è stata denunciata dal suo ex per cyberstalking; la seconda è divenuta suo malgrado protagonista di un video virale con intenzioni derisorie. Urge dare un taglio, e sarà tutto fuorché facile. Accanto a loro spasimano a causa di piccole e grandi nevrosi, piccole e grandi insoddisfazioni, genitori e parenti, una comunità di adulti in cui nessuno può dirsi immune alla compulsione di scrollare, ma che è in fondo altrettanto desiderosa di riguadagnare e ribaltare nel suo contrario –a qualsiasi età e a qualsiasi costo – la vita offesa, la vita mortificata.
Détox, una fiaba liberatoria che vede protagoniste Léa, Manon e il loro clan di digital addicted
È intorno al vizietto, che sconfina nella patologia, un’onfalodipendenza ad alto grado di tossicità, di aggiornare il feed di Instagram o di consultare Wikipedia per scoprire la data di nascita di Virgilio, che Détox dipana le sue vicende di ordinaria informatizzazione in cui monitorare cosa posta l’altro ci dà l’illusione di conoscerlo, di controllarlo, di stare insieme a lui o a lei. Ma il nucleo del problema, ed emerge chiaramente episodio dopo episodio, riguarda più la pulsione, e quindi il rapporto narcisistico, autoerotico, con noi stessi, che la nostra dinamica relazionale vera e propria, la quale sembra uscire gravemente malconcia dall’alienazione nella virtualità quale recinto automatizzato e protetto, nel quale nasconderci come in un grembo.
Annodando attualità – appunto, la difficoltà di contenimento nella fruizione di contenuti digitali; la vampirizzazione social – e questioni universalmente esistenziali da commedia sentimentale tradizionale – la solitudine a trent’anni, la sensazione di avere le pastoie ai piedi e di non avanzare né verso progetti di coppia e procreativi né verso agognati successi professionali; la crisi di coppia e genitoriale –, Détox accompagna Léa, Manon e il loro eccentrico microcosmo, nel percorso di riconquista della libertà e, sgombrato tempo e spazio dalle energie sottratte alla dipendenza, di conseguente riapertura all’incontro inatteso e alla sua forza trasformativa, alle sue promesse di futuro. Il finale, se non aperto, socchiuso, prelude a un ulteriore appuntamento. La serie si guarda in fretta e forse altrettanto in fretta si dimentica ma, nel frattempo, con sobrietà e intelligenza francesi, sa intrattenere e far riflettere.