Diavoli: recensione del finale di stagione
Calato il sipario, è tempo di bilanci per la prima stagione di Diavoli, financial-thriller targato Sky. Ecco le nostre considerazioni sulla trasposizione seriale del bestseller di Guido Maria Brera con la coppia Dempsey-Borghi.
Con la messa in onda degli ultimi due dei dieci episodi complessivi si è chiusa ieri sera, venerdì 15 maggio, la prima stagione di Diavoli, trasposizione seriale del bestseller omonimo di Guido Maria Brera targata Sky Original. E quando sullo schermo, piccolo o grande che sia, appare la parola fine, quello è sempre il momento giusto per fare un bilancio complessivo del progetto e dell’operato di chi lo ha voluto, scritto, trasposto in immagini e interpretato. Quella che si consumata sulle frequenze di Sky Atlantic è stata una vera e propria guerra che ha visto fronteggiarsi più schieramenti in un tutti contro tutti senza esclusione di colpi. La successione serrata, scandita dall’efficace montaggio e dalla messa in quadro di Nick Hurran prima (ep. 1–5) e di Jan Maria Michelini poi (ep. 6-10), ha dato forma e sostanza ad una catena di attacchi e contrattacchi che ricorda quelli di un conflitto armato, solo che le trincee si trovano fuori e dentro il campo di battaglia della sede londinese dell’americana New York – London Investment Bank (NYL), con le offensive e le contromisure sferrate non con proiettili, lame affilate o detonazioni, bensì con algoritmi, data points e bond.
Diavoli: una battaglia combattuta a colpi di algoritmi
I capitoli conclusivi sono una corsa contro il tempo, dove il fattore cronometrico è denaro nel senso letterale del termine e la vita è il bene più prezioso da conservare in cassaforte. In questo vorticoso e fatale giro di lancette, Massimo Ruggero rischia il tutto per tutto in un ultimo disperato tentativo di salvare l’Europa dal piano di Dominic. Il giovane italiano, inoltre, scopre la sconvolgente verità che si cela dietro l’omicidio del suo ex rivale, Edward Stuart. Regolati i conti col suo passato in Italia, nel settimo e ottavo episodio, il protagonista torna a Londra dove, sempre più determinato a fermare il CEO della banca dove lavora, si dimostra pronto a tutto pur di evitare il collasso finanziario del Vecchio Continente. Ma non è tutto, perché Massimo e l’attivista Sofia scoprono che le intenzioni di Duval, il carismatico leader di un’organizzazione internazionale denominata Subterranea, sono più ambigue del previsto.
L’hacktivista argentina deve quindi decidere se continuare ad aiutare Massimo tradendo così il proprio mentore o voltargli le spalle definitivamente. La risposta come abbiamo potuto vedere sta nel mezzo. E per salvare il salvabile, Massimo decide di fare un ultimo disperato tentativo mettendo a punto una complessa e rischiosa operazione per obbligare gli unici in grado di farlo a intervenire per salvare l’Europa. Nel frattempo, grazie a un’intuizione, Ruggero riesce finalmente a ricostruire cosa sia realmente accaduto alla NYL il giorno in cui Edward è morto. Ovviamente l’uomo non si è suicidato, ma qualcuno lo ha aiutato a farlo sotto gli occhi di chi ha deciso di tacere.
Una catena di doppi e tripli giochi, voltafaccia e tradimenti che anima l’intera timeline
Rivelazioni a parte, che possono o no aver soddisfatto i desideri del pubblico, Diavoli ha offerto al fruitore di turno una catena di doppi e tripli giochi, voltafaccia e tradimenti, che hanno animato la timeline della serie sino all’ultimo fotogramma utile. Tutti o quasi i piani sono andati in fumo, a cominciare da quelli di Morgan, che voleva distruggere l’Euro e affossare l’economia dei cosiddetti PIIGS (tra cui l’Italia), e quelli di Daniel Duval, che invece puntava a togliere il potere alle banche, abbattere il dollaro e spingere per l’introduzione della moneta elettronica.
Nel mezzo, tra i due fuochi divampati e poi spenti in zona Cesarini grazie all’intervento provvidenziale della BCE guidata da Mario Draghi, c’era il nostro Massimo che un piano vero e proprio non l’aveva, trovandosi di volta in volta a difendersi dal fuoco amico e nemico dei rivali di turno, con la speranza di sopravvivere e di salvare l’Europa dall’orlo del baratro. Insomma, in Diavoli non ci sono vincitori e sconfitti, ma vinti o semmai secondi posti. Tutti i soggetti coinvolti nell’accesa disputa hanno passati burrascosi e scheletri nascosti nell’armadio, o quantomeno una colpa della quale si sono macchiati nel corso della storia, anche coloro che inizialmente sembravano dei stinchi di santo e che poi, come avrete avuto modo di vedere, non si sono rivelati tali.
Quella di Sky Atlantic è una serie più “mefistofelica” che “machiavellica”
Sicuramente quella alla quale abbiamo assistito è stata una serie meno machiavellica di quanto le prime puntate avevano fatto ipotizzare per quanto concerne la linea mistery e più mefistofelica da un punto di vista del plot, con l’universo dei personaggi che lo popola che finiscono con il diventare a loro volta, figurativamente parlando, tanto degli “angeli caduti dalle ali sporchi” (vedi Nina Morgan o Oliver Harris) quanto dei “diavoli in terra”, come nel caso di Massimo Ruggero che finisce con il trasformarsi nell’essere che ha combattuto tutto il tempo, ossia l’ormai ex CEO della banca Dominic Morgan.
E tutto torna come il più classico dei racconti ciclici, con la chiusura del sipario che ci riporta al punto di partenza, vale a dire alle parole pronunciate in voice over nei primi giri di lancette del pilot: “Il più grande inganno del diavolo è farci credere che non esista. Invece è reale, reale come l’acqua in cui nuotano i pesci. Reale come la finanza che scorre in questa banca. Ho bevuto con lui, ho riso alle sue battute. Ho guardato nei suoi occhi e ho visto la spaventosa oscurità della mia anima, riflessa nella sua.” Morale della “favola”: il diavolo siamo noi, con il potere, l’odio e i soldi che ne sono la manifestazione.
La linea mistery si è rivelata meno scatologica e intricata del previsto
La componente gialla di quello che sulla carta è stato presentato come un financial-thriller ad alto voltaggio si è rivelata meno scatologica e intricata del previsto, salvo il colpo di scena legato a colui che ha materialmente provocato la morte di Stuart, gola profonda e scomoda nel ventre dirigenziale marcio dell’istituto bancario, che con le sue rivelazioni avrebbe potuto scoperchiare il vaso di Pandora, innescando una reazione a catena dai piani alti sino a quelli più bassi.
Una volta che tutti i i tentativi di bluff da parte dei presenti al tavolo sono stati rivelati agli occhi dello spettatore, quest’ultimo ha potuto assistere nelle fasi finali della disputa a una partita a carte scoperte, dove il poker d’assi è capitato tra le mani insanguinate di Massimo Ruggero che, seppur vincitore, ha dovuto comunque pagare un prezzo molto in alto in termini di affetti e di perdite. Che poi a conti fatti nessuno ha veramente vinto su tutti i fronti, nemmeno il protagonista, diventato anch’esso “parte del club” come recita il suo antagonista Dominic Morgan nell’ultimo confronto verbale tra i due che precede l’epilogo.
Nella serie tv la vera differenza la fa il lavoro dietro e davanti la macchina da presa
In generale, l’architettura narrativa e drammaturgica ha senza alcun dubbio dato il suo meglio più nella costruzione orizzontale della storia che in quella verticale dei singoli episodi. Questo fa di Diavoli un prodotto seriale più efficace sulla lunga che sulla breve distanza, con il “mosaico” che ha una sua ragione d’essere e un valore una volta completato. Ma la vera differenza la fanno soprattutto il cast capitanato dal duo formato da Alessandro Borghi e Patrick Dempsey (con una nota di merito per le performance di Kasia Smutniak e Laia Costa) e la confezione estetico-formale, che all’unisono hanno contribuito in egual misura alla causa qualitativa di un prodotto dal respiro internazionale che meriterebbe una seconda stagione. Staremo a vedere…
Dopo la messa in onda su Sky Atlantic dal 17 aprile al 15 maggio, tutti gli episodi della serie sono disponibili on demand su SkyGo e NOW TV.