El amor después del amor. Vita e musica di Fito Páez: recensione della serie Netflix
Una serie Netflix ricostruisce liricamente i primi trent’anni di vita - tragica e tenera - di Fito Páez, il rockeur che traghettò l’Argentina fuori dalla dittatura e, tra dolori (tanti) e amori (due), le regalò la speranza di tornare ad amare. Amore dopo amore.
C’è una serie Netflix – disponibile da mercoledì 26 aprile 2023 – che si candida a diventare culto per chi abbia la fortuna di scovarla e voglia darle un’opportunità, a dispetto della sua apparenza di pesce fuor d’acqua, piccola gemma indie in un mare di prodotti algoritmici costruiti di furia e approssimazione. Si intitola El amor después del amor: vita e musica di Fito Páez.
Mostra i primi trenta anni di vita di Rodolfo ‘Fito’ Páez, uno dei cantautori entrati in forza alla trova rosarina, l’avanguardia musicale animata dai trovatori di Rosario nel biennio 1982-1983, durante la fase finale della dittatura instaurata dalla giunta militare nel 1976. La serie si apre non a caso con un riferimento ai desaparecidos, le decine di migliaia di giovani sequestrati e uccisi furtivamente dal regime: están lejos de casa (“sono lontani da casa”), canta Fito in uno dei locali underground della sua città, facendo preoccupare suo padre per quell’attività che si può fare fare solo di notte e solo sfidando i ‘ministri’ della repressione totalitaria in atto.
El amor después del amor. Vita e musica di Fito Páez: biopic di un trovatore argentino contemporaneo, la cui vita tragica ha trovato il suo riscatto nella poesia per musica
I trovatori di Rosario – trobar è espressione romanza che significa “comporre poesia in musica” – introdussero il rock nazionale, cercando soluzioni creative al divieto del governo di cantare in inglese. La loro è una musica meticcia, contaminata: al rock mescola il pop melodico, ma anche il folklore argentino, arie di tango. I testi parlano in modo ora cifrato ora esplicito della dittatura e si caratterizzano per un lirismo delicato, sospeso tra l’urgenza civile e la riflessione sulle costanti dell’umano, dal bisogno d’amore alla precarietà di un sentimento che recalcitra alla definizione. Nel 1983, con la caduta della giunta militare, i trovatori di Rosario cercano la loro strada da solisti, ed è quanto accade anche a Fito Páez che, dopo il tour con il suo idolo Charly García, deve costruirsi una carriera nella quale riconoscersi e attraverso la quale elaborare i propri dolori. La serie Netflix segue, ma non in linea retta, secondo uno sviluppo diacronico, bensì zigzagando tra il piano temporale del presente narrativo e quello passato, la storia di Fito, dall’infanzia segnata dalla mancanza della madre – morta tragicamente quando lui è ancora neonato –, da una miopia che lo spinge a sviluppare il senso dell’udito – fino a fare del suo orecchio un orecchio assoluto – e da un sentimento di differenza, di sognante estraneità, all’adolescenza e poi prima giovinezza inquiete, in cui la vocazione musicale – un’eredità della madre Margarita, pianista – si rivela e cerca canali di espressione, nonostante l’opposizione paterna.
Fito Páez si fa uomo e artista senza temere una naturale predisposizione a vivere con struggente intensità, persino con acuto istinto per la sofferenza, le altalene degli umori e degli affetti, ancora i colpi bassi della vita – la morte del padre, nel 1985; il brutale assassinio della nonna e della prozia materne che lo avevano cresciuto – e la scoperta dell’amore per la carismatica Fabiana Cantilo, corista di Charly García, colei che lo avrebbe accompagnato per un lungo tratto di strada, dal 1982 al 1990. El amor después del amor, il titolo dello show Netflix, riprende il settimo album in studio del cantautore, il suo maggior successo commerciale: arriva dopo il cupo Ciudad de pobres corazones, ispirato dallo shock per la morte violenta delle sue due ‘seconde madri’, e un paio di altri lavori di minor rilievo, e mette in versi e melodie la gioia di tornare ad amare, non solo una nuova donna – l’attrice almodovariana Cecilia Roth, con cui Fito Páez inizia una relazione dopo la fine della storia con la prima musa Fabiana –, ma anche la sua stessa vita, un’esistenza di cui impara ad accettare, anche attraverso la musica, i contrappesi. Proprio con la scrittura dell’album della consacrazione si chiude il racconto, il romanzo audiovisivo di formazione del piccolo Fito, un capellone mingherlino con il genio ruvido della poesia e della rivoluzione, e del suo desiderio di condividere con un intero Paese una sensibilità calpestata, ferita da lutti e fragilità, facendone metafora dei contrattempi esistenziali di tutti, di un equilibrio per tutti instabile e malcerto tra gioie effimere e ostinati dolori, nell’accoglienza, in fondo, soprattutto della bellezza, della gratitudine del poter ancora sentire.
El amor después del amor. Vita e musica di Fito Páez: conclusione e valutazione
La serie biografica, in otto episodi di circa 40 minuti ciascuno, si concentra, dunque, sui primi trent’anni di vita del cantautore argentino, nato a Rosario nel 1963, Fito Páez, mostrandoci la sua infanzia di orfano di madre, la scoperta del talento per la musica, gli inizi nel sottobosco musicale della sua città, in un clima politico di paura, controllo e repressione di ogni forma di dissidenza nei confronti della giunta militare al potere, la crescita artistica grazie al mito-mentore Charly García, il primo amore per Fabiana Cantilo e l’urgenza di trovare una direzione musicale propria, nel senso di un maggior intimismo, dell’apertura dei propri dolori e dei propri malumori, ora delle contratture ora delle distensioni del sé, agli altri, a un Paese che chiede alla musica di tornare a respirare e di essere liberato dalle proprie angosce.
El amor después del amor. Vita e musica di Fito Páez realizza, insieme con delicatezza ed energia, un ritratto del tempo attraverso il ritratto di un suo interprete, di un suo simbolo incarnato: la storia di Fito è l’occasione di una restituzione più ampia, storica e generazionale, che, tuttavia, non si autoconfina mai in un recinto contingente, di angustia espressiva o rappresentativa, ma sa sollevarsi all’altezza del mito universale, del racconto di formazione di un ex bambino amputato della madre e oppresso dai non detti che, privato della capacità di vedere, ne guadagna in sentimento, in capacità di sentire e, transitivamente, far sentire agli altri, più acutamente, ciò che alberga dentro di sé, quando si soffre e quando si gode. Perché, se è vero che, dopo un dolore, c’è spesso, acquattato, un altro dolore, anche l’amore segue la stessa regola. Amore dopo amore, come canzone dopo canzone, la vita si ossigena e si fa, rilancia al domani. La serie Netflix dedicata a Fito Páez non fallisce nel riconsegnarci la pienezza di questa fiducia, nonostante gli agguati della morte. In ciò, soprattutto, risiede la sua bellezza, la sua ariosa compiutezza.