Élite – Stagione 3: recensione della serie TV Netflix
La recensione della terza stagione di Élite, il teen drama spagnolo prodotto da Netlflix e ideato da Carlos Montero e Darío Madrona.
Con la terza stagione, Élite, il teen drama spagnolo di Netflix ideato da Carlos Montero e Darío Madrona, decide di chiudere finalmente il cerchio iniziato nel 2018 con l’omicidio di Marina, conscio del punto al quale la storia è approdata, ma anche che il panorama delle serie teen non è più un globale fenomeno pop livellato verso il basso, ma una realtà mutata dall’arrivo di prodotti che hanno alzato notevolmente l’asticella, mettendo gli altri nella situazione di non poter più andare con il pilota automatico.
Una conclusione, nella testa degli showrunner, è il modo più efficace per andare incontro alle esigenze dello show, con la promessa di un rinnovo sostanziale in vista della quarta e quinta stagione, annunciate ufficialmente lo scorso 20 gennaio. Per ora il cast rimane lo stesso: Itzan Escamilla, Miguel Bernardeau, Álvaro Rico, Aron Piper, Mina El Hammani, Ester Expósito, Omar Ayuso, Danna Paola, Jorge López, Claudia Salas e Georgina Amorós riprendono i loro rispettivi ruoli e fanno posto ai soli due volti nuovi di Leïti Sène e Sergio Momo.
Élite 3 è stato aggiunto al catalogo Netflix il 13 marzo.
Elite 3: la nuova scena del delitto
Per i ragazzi di Las Encinas siamo arrivati al momento del diploma e, come nelle migliori tradizioni dei college americani, tale evento esige l’organizzazione di un ballo in grande stile. Ma siamo in Élite, non esiste evento lieto che abbia un lieto fine: nel pieno dei festeggiamenti una vetrata si rompe, un corpo cade. Suicidio o omicidio? Si riavvolge il nastro di 5 mesi e si ricomincia.
Polo (Rico) è stato smascherato, ma ciò non gli ha impedito di ripresentarsi davanti ai suoi compagni di classe nel finale della stagione scorsa, col suo zainetto in spalla e senza manette ai polsi. L’arma del delitto non è stata infatti trovata dalla polizia grazie allo zampino di Cayetana (Amorós), la povera, ma ricca della classe con una cotta per il ragazzo.
La palla a questo punto passa a Carla (Expósito), lei è il testimone chiave nel processo per l’omicidio di Marina, ma dovrà lottare anche contro gli interessi della sua famiglia per fare ciò che è giusto, una prova di enorme difficoltà che la priverà comunque vada di qualcosa di importante. Intanto nella classe l’aria si fà irrespirabile, soprattutto per Samu (Escamilla) e Guzmán (Bernardeau), illusi di essere riusciti a fare giustizia.
In questo stato di impasse si incrociano i problemi e le ambizioni di tutti gli altri ragazzi in un vortice più violento del solito perché il tempo stavolta è davvero poco e ogni decisione sbagliata può risultare irrecuperabile. Il futuro di ognuno di loro è in gioco.
L’ultimo ballo
Élite ha iniziato il suo cammino muovendosi lungo un terreno sicuro, certa di potersi conquistare il suo posto nello sterminato paradiso dei teen drama giocando sull’intelligente rivisitazione di alcuni meccanismi classici e un’anima spagnola tutta sua. Con il passare del tempo però il pubblico si è ampliato, la serie (fortunatamente per i suoi creatori) ha cominciato ad avere una discreta fortuna e l’asticella si è dovuta per forza alzare.
Ci si è quindi liberati dagli attori de La Casa di Carta e si è puntato sulla costruzione di una struttura dai meccanismi solidi e collaudati, in grado di sostenere un sistema invece liquido, fluido e veloce che gli girasse intorno, senza farlo accartocciare su se stesso e tenendolo ben saldo. Al resto ci doveva pensare la scrittura dei personaggi, gli attori del sistema di cui sopra. La seconda stagione propone molto bene il modello, con i limiti del caso, di nuovo tiene incollati allo schermo e non stanca mai, ma i suoi punti di forza o erano gli stessi della prima parte oppure vivevano della sua onda lunga, bisognava evolversi.
Per la terza stagione dunque i creatori non solo prendono la saggia decisione di chiudere il cerchio, ma, contemporaneamente, cercano di sperimentare qualcosa di nuovo. Il pubblico si è ampliato ancora.
Élite 3 ci ripropone la struttura “delitto, flashback, interrogatorio e soluzione”, riservandosi naturalmente una postilla per un finale di una caratura simbolica veramente significativa per l’universo della serie, giocando al “teensonocresciutodrama” con l’inserimento di una nuova maturità nei suoi personaggi, l’introduzione di tematiche più pesanti e complesse e la ritinteggiatura dell’intera narrazione con della vernice dai colori più cupi. Il tutto cercando di non snaturare la natura della serie perché ha fin’ora sempre funzionato, anche se, come per tutti i macchinari delicati, bisogna avere costante cura di mantenere un equilibrio tra le componenti.
Contemporaneamente la regia si arricchisce di una sperimentazione che ci porta a vedere delle costruzioni più corali delle scene, soprattutto con l’uso di coreografie e dei piani sequenza; ai quali si aggiunge qualche sporadica camera a mano, ma non particolarmente efficace. Un filone anche di moda se vogliamo, ma che comunque mostra una testa pensante e contribuisce alla fascinazione della stagione, esaltandone la natura prima: un prodotto che vive dell’aumenti dei battiti, dell’incastro delle relazioni, della passionalità, quanto dell’istintività dei suoi temi, ma che invece decide di appesantirsi da sola.
Élite – Stagione 3: rimandati in attesa di cambiare pelle!
A far scricchiolare il meccanismo supercollaudato ci pensa lo stesso sistema che deve sorreggere, composto questa volta da tematiche bisognose di una scrittura di livello differente e di un terreno che sia stato costruito per accoglierle, finendo con il rivelare i limiti dello show. Il peso di questi nuovi ingredienti rallenta una narrazione che vive della sua velocità, compassando le relazioni tra i personaggi, finendo con indebolirne alcuni e distruggerne altri, ridotti ad eseguire una semplice funzione e a rinunciare a parte sostanziale della propria caratterizzazione.
La macchina regge come può, ma alla terza prova è da mettere in conto il fatto che può stancare e perdere di appeal, specialmente se non aiutata, ma anzi sovraccaricata. La fortuna sta nel fatto che gli sceneggiatori pongono la storia alla fine reale di un ciclo, creando il clima da “tutti i nodi stanno per venire al pettine” e facendolo realmente bene, così da garantirsi un coinvolgimento del pubblico, il quale però alla fine non potrà che registrare qualcosa di forzato, anche nei momenti culmine della tensione narrativa. Di contro ci registrano ancora ogni tanto degli sprazzi dell’ironia e della forza di Élite, anche se creata intorno a stereotipi o situazioni di comodo, facendoci intravedere di nuovo quello che era una stagione fa.
Dunque, per qualcuno che si diploma, qualcuno viene rimandato, così vale anche per la creatura di Montero e Madrona, anche se non si boccia nulla, il risultato è portato comunque a casa in attesa di cambiare pelle.