Elite: recensione della serie tv Netflix
La nostra recensione del nuovo teen drama di produzione spagnola, una serie televisiva tra Tredici e La casa di carta.
Elite, in uscita su Netflix il 5 Ottobre, segna l’ennesimo capitolo della campagna del colosso streaming nel supportare le produzioni locali.
Grazie alla serie ideata da Carlos Montero e Darío Mandrona si torna a cercare fortuna in terra iberica, che tanto ha portato bene con la La casa di carta, serie televisiva originale Netflix di produzione spagnola, ormai divenuta famosissima in tutto il mondo.
Tra l’altro nel cast tornano due dei rapinatori con la maschera di Dalì: Miguel Herrán e Jamie Lorente, oltre a María Pedraza, altra vecchia conoscenza dei fan de La casa di carta, in questo caso addirittura protagonista della serie. A far compagnia ai tre già detti c’è un bel mix di giovani attori spagnoli più o meno noti (Itzan Escamilla, Mina El Hammani, Miguel Bernardeau, Ester Expósito e Álvaro Rico) e la cantante e attrice messicana Danna Paola, molto famosa nel suo Paese.
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Elite e la trama della serie tv Netflix – a Las Encinas nessuno è innocente
Quando in un ecosistema dominato da una sola specie se ne introduce una nuova l’equilibrio ne sarà inevitabilmente stravolto presto. Sarà indifferente quali razze entrino in contatto. Più o meno è questo il concetto che esprime Lucrecia (Paola) al suo professore ed è esattamente quello che accade a Las Encinas.
Dopo il crollo della loro scuola, Samuel (Escamilla), Nadia (El Hammani) e Christian (Herrán) vincono una borsa di studio per frequentare niente di meno che il liceo più importante di Spagna, dove studia la futura classe dirigente della penisola iberica. Il clima che troveranno i tre studenti sarà tutt’altro che amichevole, dato che i ricchi ragazzotti non hanno la minima intenzione di stringere un qualsiasi tipo di rapporto con i poveri proletari. L’unica eccezione è costituita da Marina (Pedraza), della quale Samuel si innamora a prima vista.
Ciò nonostante, tra una festa e l’altra, le due realtà cominceranno a contagiarsi a vicenda, scontrandosi e incontrandosi a seconda delle situazioni. Guzmán (Bernardeau), fratello di Marina, sarà il più ostile con i nuovi arrivati, ma piano piano si lascerà coinvolgere nelle vicende di Nadia; Christian trova più di un’affinità con la bellissima Clara (Espósito), ma si troverà in un ménage à trois con il fidanzato di lei Polo (Rico) e infine la vicinanza tra Samuel e Marina porterà la ragazza a conoscere la vera variabile impazzita della vicenda, ovvero Nano (Lorente), il fratello maggiore di Samuel appena uscito di prigione.
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Se Nadia e Christian, ognuno a suo modo, riescono a ritagliarsi un loro spazio nel nuovo mondo con cui sono venuti a contatto, il centro dello scontro è nelle vicende che coinvolgono la famiglia di Samuel e quella di Marina, esaltando tutte le differenze tra una classe sociale e l’altra, le cui rispettive mentalità e modi di vivere risultano talmente inconciliabili da poter solo collidere, sotto forma di odio, disprezzo e violenza.
E, come le leggi della meccanica celeste stabiliscono, quando due corpi si scontrano ci sono sempre dei traumi di natura collaterale. Sarà per questo che la polizia sta indagando su un omicidio che coinvolge tutti quanti i ragazzi?
Elite e la lotta di classe tra i banchi di scuola
Il merito di Elite è quello di mostrare minuziosamente lo scontro tra due mondi diametralmente opposti, senza fare sconti a nessuno.
Se le ville lussuose e le feste private sono solo tappeti dove nascondere sfruttamento, illeciti e ipocrisia; così l’odio dei poveri verso i ricchi è solo una facile via di fuga dall’invidia, dalla debolezza e dalla codardia. I personaggi, sia da una parte che dall’altra, sono intrappolati in una vita fatta di menzogne, obblighi e falsi rapporti dai quali. Mentre alcuni riusciranno a mettere da parte i proprio pregiudizi per creare dei ponti saldi basati su rapporti umani, spogliati di qualsiasi ornamento sociale.
Altri rimarranno ancorati alla proprio realtà, irremovibili e incapaci di cambiare se stessi e il loro modo di vedere le cose. Per loro il destino riserverà solamente spiacevoli sorprese ed esiti nefasti, perché se non riesci a trovare il tuo equilibrio tra due realtà così fagocitanti, allora ne sarai divorato.
Elite e la superficiale scrittura dell’eccesso
Elite si va ad aggiungere alla recentissima, ma comunque assai lunga, lista di teen drama del ventunesimo secolo. Degli sceneggiati che si vogliono addentrare nel caotico mondo adolescenziale per far luce su gli aspetti più controversi e originali della vita dei ragazzi, senza però riuscire a cogliere veramente nel segno.
Forse perché non si sà bene dove scavare o forse perché non è vero che l’età puberale abbia poi questi grandissimi spunti da offrire, fatto sta che si finisce con il creare dei mondi parodia di una realtà difficile, ma non apocalittica.
La serie spagnola percorre il sentiero tracciato da Tredici nel presentare delle problematiche complesse e drammatiche, ma esagera nell’aggiungere eventi, decisioni e problemi ben più grandi del mondo adolescenziale e che di solito sono di competenza di figure genitoriali che in questo spariscono completamente. Ci si perde nel quadro di Elite, capace di toccare talmente tante tematiche (dal religioso, al sociale fino al sessuale) da non poter far altro che essere superficiale. L’unico scopo rimane quello di vendere un prodotto in cui i ragazzi possano rivedersi e nei quali possano immedesimarsi, anche se, gli auguriamo, probabilmente non vivranno mai nulla di simile.
Questa fiera dell’eccesso è messa in scena da un mix di attori che funziona bene, tra cui spicca qualche eccellenza (Lorente e Berardeau), ma anche dei clamorosi flop, su tutti Samuel. Il tutto condito da una regia e una fotografia che non riesce mai ad uscire dal format casalingo, per quanto possa essere stato “imbellettato”. Nonostante tutto c’è del potenziale per la seconda stagione, basta premere sui tasti giusti.
Elite si presta ad una visione ossessiva, durante la quale le 8 puntate letteralmente volano. A parte il banale e il già visto, lascia una domanda molto interessante: è possibile compiere il salto sociale da una classe all’altra senza perdere se stessi?