Elves: recensione della serie horror Netflix
La recensione priva di spoiler della nuova serie horror di Netflix.
Elves (titolo originale: Nisser), scritta da Stefan Jaworski e diretta da Roni Ezra, è una serie televisiva danese composta da sei episodi, distribuita in tutto il mondo da Netflix a partire dal 28 novembre 2021. Lo show utilizza la struttura narrativa della fiaba tradizionale per mettere in scena un horror ambientato nel periodo di Natale e, tramite l’accurato utilizzo delle riprese dell’ambiente naturale, si propone di costruire un’atmosfera di tensione e mistero.
La trama si incentra sulle vicende dalla famiglia composta dai genitori Mads e Charlotte (interpretati rispettivamente da Peder Thomas Pedersen e Lila Nobel) e dai figli Kasper e Josefine (Milo Campanale e Sonja Steen). In seguito a un periodo di grande stress, Mads e Charlotte decidono di recarsi per le festività natalizie presso l’isola Årmandsø, poco frequentata dai turisti e apparentemente perfetta per passare un po’ di tempo in famiglia. Gli abitanti del luogo hanno però un terribile segreto, con cui la piccola e curiosa Josefine entrerà presto in contatto.
Elves: un racconto dal sapore tradizionale
Come abbiamo accennato nel precedente paragrafo, la struttura narrativa di Elves è costruita utilizzando come base la fiaba tradizionale. Di questo tipo di racconto, gli autori riprendono la volontà educativa e la caratteristica abbondanza di violenza. A differenza dei racconti per bambini più recenti, figli di studi pedagogici avanzati, le storie tradizionali utilizzavano la paura come elemento di dissuasione e, di fatti, ci appaiono oggi più vicine all’horror che alla letteratura per l’infanzia.
La principale vicenda che la serie ci racconta è infatti incentrata sulle conseguenze delle azioni compiute da Josefine che, disobbedendo ai propri genitori, mette sé stessa e coloro che le sono intorno in grave pericolo. A renderla in parte innocente c’è solo il fatto che, essendo lei proveniente dal mondo civilizzato, non poteva avere idea di quello che stava mettendo in moto con le sue scelte.
I protagonisti di Elves, in quanto provenienti da un mondo distante anni luce da quello dell’isola, non sono al corrente e neanche possono intuire le regole che amministrano gli eventi. Questa loro caratteristica, necessaria per l’avvio della trama, condiziona pesantemente anche il rapporto con i locali, che sono invece consapevoli delle leggi che controllano Årmandsø, con cui si creano fin da subito fraintendimenti e incomprensioni.
Ai confini della civiltà
Le location utilizzate per le riprese di Elves contribuiscono notevolmente alla creazione dell’atmosfera di mistero che la avvolge per l’intera durata. Altrettanto importante è la fotografia che, scegliendo di virare l’immagine su toni freddi, rende più minaccioso e ostile l’ambiente naturale. Quello che affascina maggiormente della scenografia è però il modo in cui essa accosta gli elementi naturali a quelli artificiali. Per esempio, il fatto che i componenti della foresta avvolgono la casa in cui soggiornano i personaggi trasmette alla spettatore la sensazione che la struttura sia sotto attacco.
Centrale all’interno di questo impianto visivo è il muro che divide la parte esterna dell’isola dal suo cuore. Questa struttura richiama alla mente il vallo di Adriano, che separava il mondo civilizzato dal regno dei barbari; segna infatti il termine del territorio appartenente agli esseri umani e l’inizio delle terre degli elfi. Il mondo dentro al recinto, in prossimità di quelli che erano gli insediamenti civili, rassomiglia a un campo di battaglia abbandonato, tramite il quale ci viene testimoniata la vittoria degli abitanti ancestrali di Årmandsø sugli invasori.
Il fatto che solamente una minima parte di questo territorio venga mostrata allo spettatore contribuisce d aumentarne il fascino. Il piccolo pezzo di terra emersa in cui Elves è ambientato rimane inesplorato sino alla fine della stagione e l’impressione che si ha è che, oltre a quelli con cui siamo entrati in contatto, esso nasconda ancora molti misteri.
Minacce nell’ombra
La messa in scena di Elves non brilla certo per originalità ma, scegliendo di mettersi a disposizione della storia, contribuisce alla riuscita della serie. In particolare, la scelta registica di lasciare quasi sempre al limite dell’inquadratura le creature irrobustisce il senso di minaccia che queste sono in grado di trasmettere. La scelta di mostrarle il meno possibile è inoltre utile a nascondere le eventuali ingenuità effettuate in fase di realizzazione degli effetti speciale.
Non altrettanto solido è il lavoro degli attori. La giovanissima Sonja Steen, che come si è detto interpreta la protagonista Josefine, risulta sempre un po’ trattenuta e da il peggio di sé nelle scene horror, in cui non riesce a sembrare spaventata. In generale, il lavoro della componente giovanile del cast è sotto tono. Fanno meglio Peder Thomas Pedersen (visto anche ne L’uomo delle castagne) e Lila Nobel (The Rain) nel ruolo della coppia di genitori; i due, d’altra parte, sono attori dalla comprovata esperienza. La Nobel, in particolare, risulta particolarmente convincente nel ruolo della madre sia nella prima parte, quando il suo personaggio cerca di istaurare un dialogo con la figlia, che nella seconda, in cui vuole salvarla.