Euphoria: Trouble don’t last always – recensione dello special natalizio

Trasmessa su Sky Atlantic, in contemporanea con gli Stati Uniti, e disponibile su NowTv, torna Euphoria con la prima parte di due episodi che condurranno alla nuova stagione. Diretta secondo le normative Covid, Trouble don't last always riporta la serie con Zendaya allo zenit, scoprendo nelle parole il ritmo sino a qui affidato alle splendide immagini.

Poco più di un anno fa, l’ultimo episodio di Euphoria: la sintesi perfetta. Tutta l’estetica imbastita da HBO e Sam Levinson in uno stacco musical crudo e imponente. La ricaduta di Rue in luci al neon, strade bagnate, musica esplosiva e i lyrics di All of us accennati sulle labbra di Zendaya. Alla fine, i ballerini intrecciati attorno alla ragazza si erano sommati a costruire una montagna. Un salto e Rue era scomparsa nel vuoto. Un inciso che aveva siglato una serie con poche sbavature, capace di costruire immagini perfette attorno alla vita difficile di alcuni adolescenti dell’inafferrabile genZ. La serie era diventata un videoclip, il più bello di quel 2019. Quando decine di attori potevano intrecciarsi con il corpo delirante di Zendaya. Ora, con la seconda stagione rimandata al 2021 causa covid, uno speciale natalizio ma privo di luminarie arriva come cerniera (divisa in due parti dedicate a Rue e Jules) tra quel finale allucinogeno e i prossimi eventi.

“Trouble don’t last always”, i problemi non restano per sempre, ci dice Sam Levinson azzerando la tachipnea di Euphoria in un lungo dialogo di un’ora. È la vigilia di Natale, Rue è fatta. Ma non è sola. In un Diner ascolta Ali, eminenza grigia degli incontri della narcotici anonimi. Uno spettro di natale che le ricorda che “andrà tutto bene”.

Zendaya e Colman Domingo in un dialogo che ipnotizza

Trouble don't last always cinematographe.it

Sembra un episodio di Bojack Horseman. Di quelli più minimali negli eventi ma strabordanti di parole. Sam Levinson viene così a patti con le restrizioni covid. Con due attori e un solo set svuotato trasforma Euphoria in un quadro di Edward Hopper. Il più citato, ovviamente: i Nottambuli. Rue guarda negli occhi Ali e inizia il confronto. Gli anni che li separano sono troppi, ma Ali non è paternalistico. Che la vita è uno schifo lo sa, non è una frase da diciasettenne. Ma “trouble don’t last always”.

Per arrivarci però un percorso a ostacoli tra le convinzioni più radicate in Rue e le risposte, a volte semplici, spesso semplicistiche, quasi sempre populiste ma vere, di Ali. La scrittura di Levinson è puntuale, arriva sempre nel momento giusto, quando Zendaya acuisce gli sguardi e passa il testimone a Colman Domingo. Dopo 9 episodi, Zendaya trova il perfetto alterego. Bastano pochi minuti e la scena è sua. Dalla conversione all’Islam all’urgenza di una fede, “Devi credere nella poesia!”, passando per la vacuità rivoluzionaria (dove persino Nike “combatte” con te e poi chiede 100 dollari per una scarpa) e la forza distruttiva della dipendenza. Domingo recita scagliando le parole come massi che Zendaya sa ricevere. Ha un’opinione su tutto, il primo boomer della serie che abbiamo piacere di ascoltare.

Mostrare le parole

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Levinson àncora le riprese a Domingo e Zendaya. La fuga al campo-controcampo è impossibile, ma i suoi tentativi lodevoli. In realtà, l’alternarsi di volti non annoia, anzi. Rue esprime un’idea, Ali risponde: per un po’ l’abbandoniamo, finché Levinson non torna sul suo sguardo a sottolinearne le epifanie e le negazioni. Non è mai un ritorno allo stesso volto, ma una testimonianza delle parole pronunciate.

Il tavolo che li separa è da prima al centro di tutto. Spezza l’immagine, e così i discorsi e la realtà. Ma quando il confronto acquista dimensione, e Ali smaschera Rue, scopriamo una diversa profondità, posti di lato o gettati in continui scavallamenti che riformulano lo spazio. Levinson allora esce, si posiziona fuori e somma ai primi piani di Zendaya e Domingo il riflesso delle auto e delle luci di quel mondo a cui il dialogo fa continuo riferimento. L’audio non ne risente, è come fossimo ancora lì dentro, attaccati a un discorso che prosegue senza pause e, per la prima volta, senza incursioni musicali. Solo un intermezzo arriva a variare questo duello, quando Ali esce per una chiamata alla famiglia: un “buon natale” difficile. Nel frattempo, Zendaya mette gli auricolari. Il pezzo di Moses Sumney, Me in 20 years, si inserisce nella conversazione e dice la sua. Poi ancora parole, finché il tutto non torna ai versi di Ave Maria.

Aspettando la seconda stagione

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Un impianto perfetto che accompagna lo spettatore in quel che sarà di Rue. Non mancano le rivelazioni sulle vicende principali, come la conferma che alcuni degli eventi sino a qui visti erano in realtà solo immaginati, figli dei viaggi della protagonista. Trouble don’t last always riporta così la trama di Euphoria ai momenti di transizione, capaci di rallentare dal videoclip del precedente finale di stagione al ritmo sostenuto e sorprendente di un dialogo sulla vita alla vigilia di natale. Il perfetto rilancio di aspettative per una seconda stagione ora ancora più difficile da attendere.

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Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3