F is for Family – Stagione 3: recensione della serie tv Netflix

Gli anni '70 della borghesia americana, al massimo – o al minimo – del loro splendore: ritorna F is for Family, una delle migliori serie animate originali Netflix.

Rispetto ad altre piattaforme di produzione e distribuzione on line (e soprattutto rispetto a quella che sembra essere la sua diretta concorrente, Amazon Prime Video), Netflix in questi anni ha dedicato e sta dedicando ampio spazio ad una realtà poco battuta e poco considerata: le serie televisive d’animazione. Il catalogo si è fatto via via sempre più articolato e fitto, da BoJack Horseman a Rick & Morty, da F is for Family a Big Mouth, fino a Paradise Police e Disincanto. Denominatore comune della proposta è il linguaggio sboccato e scurrile, erede di capisaldi quali I Simpson e I Griffin (ma anche South Park) e spesso veicolo di messaggi al vetriolo sulla nostra contemporaneità.

Se il sopraccitato BoJack Horseman è di fatto l’ariete di sfondamento di questo piccolo gruppo, negli ultimi tre anni ha guadagnato spazio e fiducia F is for Family, arrivata alla sua terza stagione (disponibile dal 30 novembre) e già rinnovata per una futura quarta. Un prodotto che forse non può contare sulla forza dissacrante di BoJack, ma che gioca la sua partita su un irresistibile effetto nostalgia (di epoche mai vissute), ricostruendo le disastrose disavventure dei Murphy, famiglia borghese americana degli anni ’70.

F is for Family: il maschilismo, il Vietnam… e la tv a colori

f is for family cinematographeIn modo non dissimile dal lavoro compiuto da Disincanto, F is for Family prende le mosse da uno specifico periodo storico sfruttandone tutte le possibili idiosincrasie e problematiche: se nella serie creata da Matt Groening il riferimento è un medioevo leggendario e assurdo, nella sit-com ideata da Bill Burr (già attore in Breaking Bad) e Michael Price (importante autore dei Simpson) si attinge a piene mani dalla memoria degli anni ’70. Un frangente in cui, mentre rieccheggia ancora il ricordo della Seconda Guerra Mondiale, i nuclei familiari patriarcali cercano di mantenere saldo il loro ruolo discutendo della Guerra di Corea e del Vietnam.

Ma al crocevia fra tradizione e modernità trovano spazio anche i movimenti hippie, il nascente femminismo, la musica psichedelica e il black power. Questioni scomodissime per il protagonista Frank, tanto irascibile quanto disilluso nella gestione dei suoi tre figli e nel rapporto con la moglie Sue. Una figura tragicomica e sfortunata, che riporta alla memoria il Bryan Cranston del telefilm Malcolm e il mitologico Fantozzi di Paolo Villaggio (nato proprio a metà degli anni ’70, e dunque figlio della medesima cultura). E proprio come per il ragionier Ugo, anche per la famiglia Murphy esiste un unico nuovo dio, portatore di verità indiscutibile: la televisione, status symbol e traino principale della prima stagione di F is for Family.

F is for Family: un’ordinaria e folle famiglia della classe media americana

f is for family cinematographeSotto il tetto dei Murphy (e in generale nell’immaginaria cittadina di Rustvale) il caos regna: il papà Frank cerca disperatamente di mantenere il proprio lavoro in aeroporto, la mamma Sue rifiuta il ruolo prefissato di casalinga e inizia a collaborare con un’azienda di utensili per la cucina, il primogenito adolescente Kevin si ribella a tutto e a tutti fondando un gruppo rock (venendo costantemente distrutto dal padre: “Hai fatto del tuo meglio, hai provato e hai fallito”) e i restanti due figli minori Maureen e Bill si barcamenano rispettivamente fra l’amore per l’informatica (“Non voglio essere femminile! Mi piacciono i razzi e i computer!”) e il terrore per il bullo di quartiere.

Ma anche i vicini di casa trovano il loro degno spazio, su tutti il ricco playboy cocainomane Vic (a cui sembra andare tutto bene nella vita, scatenando così le ire del frustratissimo Frank) e l’apparentemente mite Goomer, in realtà – come si scoprirà in una puntata della seconda stagione – mitomane e stalker, affetto da un voyeurismo morboso che viene costantemente scambiato per affetto e amicizia. Per qualunque di queste sottotrame, a trionfare saranno sempre il cinismo e un sarcasmo spietato e corrosivo. Una logica che non fa prigionieri neanche nei cliffhanger di fine stagione, che lasciano in sospeso (ATTENZIONE! SPOILER!) un possibile licenziamento di Frank dal suo posto di lavoro e una nuova inattesa gravidanza di Sue, evento che infrange per l’ennesima volta i sogni nel cassetto dei due capofamiglia.

F is for Family: le novità della terza stagione [ATTENZIONE SPOILER]

f is for family cinematographeAl grido di “Siamo i Murphy, e sai cosa fanno i Murphy? Ingoiano tutto, e poi si sfogano con qualcun altro appena ne hanno occasione”, la terza stagione riprende il filo del discorso da dove l’avevamo lasciato: la famiglia riunita guarda vecchi filmati casalinghi e rimpiange quello che non ha potuto portare a termine (la scuola di aeronautica, per Frank; l’università, per Sue). Nel frattempo i tre figli sognano a occhi aperti (chi l’emancipazione, chi l’amore, chi la libertà), e fa il suo ingresso in scena un interessante personaggio inedito: Chet Stevenson, ex pilota in Vietnam e nuovo vicino di casa assieme alla moglie Win-Win, vietnamita e salvata dal medesimo Chet che aveva dato fuoco al suo villaggio. Chet riaccende la – per dire la verità, mai sopita – devozione a stelle e strisce di Frank, che partecipa fieramente alla parata cittadina e celebra con orgoglio il 4 luglio.

Ad emergere, nei dieci nuovi episodi, è proprio il cieco patriottismo dei protagonisti, messo in scena con sardonico gusto per il paradosso: si celebrano i valori fondanti dell’America progressista, mentre tutto va come sempre a rotoli e l’America abbandona a se stessa una famiglia che cerca disperatamente di essere borghese e all’altezza delle aspettative. Si ride e si sorride a denti stretti in F is for Family, apprezzandone da un lato – oltre alla fedele e verosimile ambientazione – lo spirito goliardico e satirico e dall’altro la feroce disamina di un clima storico nel quale si riflettono in modo chiaro i problemi che affliggono la società occidentale di oggi, dai retrogradi rigurgiti razzisti e misogini alla folle corsa al consumismo e alla globalizzazione.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.8

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