Fino all’ultimo battito: recensione finale della fiction Rai con Marco Bocci
Dopo il successo di Doc – Nelle tue mani, la Rai bissa con ben due medical drama, di cui Fino all’ultimo battito rappresenta l’anima più oscura rispetto a Cuori, mescolando thriller, crime e azione. Una scelta coraggiosa e inconsueta per Cinzia Th Torrini, esperta regista televisiva che ha generalmente sempre militato nei thriller drammatici e sentimentali, dimostrando però di saper gestire al meglio anche un prodotto a lei nuovo. L’occasione mancata però è che la sceneggiatura non lascia margine sufficiente alla regista di indugiare di più sull’animo, sull’intimità dei personaggi, in una storia che alla base mette in gioco sentimenti contrastanti, che mettono a dura prova i suoi protagonisti quanto lo spettatore.
Fino all’ultimo battito: la trama dell’ultima puntata
Diego (Marco Bocci) continua a tenere all’oscuro Elena (Violante Placido) di tutto quello che sta vivendo e decide di sposarla, convinto che dopo aver operato il boss Cosimo Patruno (Fortunato Cerlino), sarà lasciato libero e riuscirà definitivamente a chiudere questo capitolo, senza ricorrere all’aiuto della polizia. Rosa (Bianca Guaccero) gli suggerisce però di non operare Cosimo e aspettare che il suo cuore si fermi, perché lei lo conosce e sa che non lascia mai andare chi entra nella sua cerchia, esattamente come ha fatto con lei e suo figlio Mino.
Rocco (Michele Venitucci) intanto, per riconquistare Elena, si mette a pedinare Diego scoprendo che il medico è coinvolto in affari illeciti proprio con il temuto boss. Il giorno delle nozze decide di piombare in chiesa e rivelare ad Elena tutto quello che ha scoperto su Diego, ma Patruno ordina ai suoi di eliminare Rocco, che finisce coinvolto in un incidente. Le sue condizioni sono molto gravi e toccherà a Diego operarlo e salvarlo, cercando per quanto possibile di tenere ancora nascosto il suo legame con Cosimo.
Un medical drama d’azione che tiene con il fiato sospeso, ma che pecca di superficialità
Fino all’ultimo battito è la storia di un uomo e di un medico, che non riesce a mettere da parte i suoi sentimenti e l’amore per un figlio malato di cuore, e che forte del suo ruolo e della sua immagine di chirurgo di fama internazionale si illude che il suo rigore e la sua impeccabilità sul lavoro valgano anche nella vita, ergendosi quasi al pari di Dio, credendosi in diritto e dovere di scavalcare le regole della sua professione pur di salvare suo figlio. Così “ruba” il primo cuore disponibile, destinato ad un’altra bambina in attesa da tempo, e giustifica questo gesto a se stesso come necessario e fatto per amore.
In primo piano c’è un antieroe che non riesce a prendere una posizione: carnefice e vittima allo stesso tempo del suo destino, il personaggio interpretato da Marco Bocci è il più complesso della fiction, ed il vero peccato è che la sceneggiatura non riesca a fornirgli lo spazio che merita per metterlo faccia a faccia con lo spettatore. Ci saremmo aspettati sin dall’inizio un personaggio che avesse dei momenti intimi di crisi, che si guardasse allo specchio un po’ di più, e non come si limitasse solo a seguire la macchina dell’azione, così non riusciamo né ad amarlo né ad odiarlo. Lo si giudica, con una scena corale processuale didascalica ed evitabile, senza lasciare che sia lo spettatore a trarre le sue conclusioni, quasi fosse un bambino da istruire e che deve scegliere su chi deve puntare il dito. I personaggi secondari rischiano infatti di essere tinteggiati con più accortezza di lui, a cominciare dall’Elena di Violante Placido, il personaggio con il quale lo spettatore riesce ad instaurare più empatia.
Come spesso accade, si ha la sensazione che ci accompagna spesso quando si visionano prodotti italiani destinati al pubblico della Rai: la sensazione di una bella storia tra le mani a cui non si rende giustizia come si deve, quasi per paura di osare, accontentandosi di andare sempre sulle stesse corde, facendo sì che si trovi dinanzi a prodotti che intrigano, intrattengono, ma che terminati gli appuntamenti settimanali finiranno presto nel dimenticatoio. E una storia potenzialmente potente e rompicapo come quella di Fino all’ultimo battito non l’avrebbe meritato.