Fondazione – Stagione 2: recensione della serie di Apple TV+
Lo show ideato da David S. Goyer e Josh Friedman torna con i nuovi episodi che ampliano moltissimo l'universo di riferimento con tanta qualità artistica e registica, ma una narrazione farraginosa, almeno nei primi episodi.
Fondazione è sicuramente una delle serie televisive che, negli ultimi anni, ha saputo lasciare un solco profondo nel mondo del piccolo schermo. Lo show, in particolare, ideato da David S. Goyer (The Dark Knight, Da Vinci’s Demons) e Josh Friedman (Black Dahlia, Snowpiercer) trae ispirazione dal complesso Ciclo delle Fondazioni, una saga di romanzi di fantascienza scritti da Isaac Asimov tra il 1951 e il 1993 (l’ultimo libro pubblicato, che è un prequel, è uscito postumo) che esplorano un universo al di là nel futuro condannato alla distruzione. L’unica salvezza è rappresentata dalle predizioni scientifiche del matematico Hari Seldon che, usando una materia di sua invenzione, ovvero la psicostoria, prevede un destino preciso per l’universo per evitare il collasso del sistema.
Con la Stagione 1 di Fondazione, abbiamo fin da subito notato le principali differenze con il materiale originale ed abbiamo apprezzato tantissimo il respiro epico che ha pervaso ogni episodio, grazie ad una direzione artistica e registica di grandissimo livello. Nelle puntate finali, tra l’altro, si comprende come il tutto è stato solo un’introduzione ad un universo più complesso e stratificato che finalmente, con la Stagione 2, prende piede in modo concreto e tangibile. I nuovi episodi della serie (per ora abbiamo visto i primi 2), in arrivo a partire dal 14 luglio 2023, promettono decisamente bene e, tra conferme e novità, ci trascinano nuovamente in un turbinio galattico di popolazioni, pianeti, culture, religioni e politica, stavolta a 100 anni di distacco con la Stagione 1.
Fondazione – Stagione 2: l’espansione del cosmo
Fondazione ci ha abituato ad un worldbuilding molto dettagliato e variegato, con molte storylines da seguire e personaggi carismatici, ma anche tante figure secondarie con il semplice ruolo di supporto. Il pilot della Stagione 2 si apre con una grossa sorpresa: con l’eccezione di un evento che, bene o male, riprende le fila dal finale di due anni fa, tutti gli altri scenari sono totalmente cambiati. Il coraggio in questo caso sta nell’andare avanti di più di un secolo, mostrandoci una Fondazione più matura e un Impero che, invece, è fragile e in disgregazione. L’obiettivo è chiaro: volare nel tempo per avvicinarci alla cosiddetta Seconda Crisi che, per l’appunto, vedrà uno scontro aperto tra L’imperatore di Trantor e il sogno espansivo di Seldon.
Questo salto temporale, chiaramente, se da un lato inevitabilmente dà la possibilità ai protagonisti di sopravvivere per ragioni narrative che non vi sveliamo (in caso non abbiate visto anche la Stagione 1), dall’altro espande non solo il cast (con tante new entries interessanti), ma anche il mondo vero e proprio, tra pianeti inediti, nuove componenti in campo e, soprattutto, delle tematiche sorprendenti da approfondire. In qualche modo, quindi, si riesce a proporre alcuni elementi che hanno reso famosa la serie, senza però rinunciare a sperimentare e proprio in questo incontro tra innovazione e tradizione si cela probabilmente l’aspetto più riuscito dei primi due episodi della Stagione 2.
Andando più nel dettaglio, un elemento che torna con maggiore vigore all’interno dell’opera è l’attenzione estetica e artistica che, anche questa volta, riesce totalmente ad annichilire il pubblico con un immaginario visivo destabilizzante. Quello che stupisce è il fatto che, nonostante in alcuni casi vengono mostrate ambientazioni già note agli spettatori, l’imponente studio registico alla base dello show rielabora sempre in chiave differente quello che appare su schermo, dando l’impressione di vedere sempre qualcosa di nuovo rispetto al solito. Anche le location inedite, allo stesso modo, sono di gran fascino, confermando lo strepitoso e coerente sforzo produttivo dietro il progetto, che ha saputo veicolare tanti talenti verso una direzione ben precisa, senza perdere il filo conduttore.
Per quanto riguarda il cast, tornano in particolare Jared Harris, Lee Pace, Lou Llobell, Leah Harvey e Laura Birn, rispettivamente nei panni di Hari Seldon, Fratello Giorno, Gaal Dornick, Salvor Hardin ed Eto Demerzel. Se Harris, almeno per quanto abbiamo visto ora, sembra abbandonarsi ad una recitazione fin troppo teatrale ed esagerata nella sua impostazione, Pace al contrario sfoggia un trasformismo impressionante, plasmando, di fatto, un nuovo personaggio da zero (anche perché si sono susseguiti parecchi Cleon dall’ultimo clone che abbiamo visto in scena). Il resto del cast è ugualmente una certezza e stavolta, dopo qualche episodio di stasi per alcuni, è pronto ad una maturazione tanto attesa.
Fondazione – Stagione 2: una narrazione ancora ingabbiata
Detto questo, sul piano narrativo, è ancora difficile inquadrare questa seconda stagione di Fondazione, specialmente perché, trattandosi di uno show di molto ampio respiro, giudicare già da ora la qualità della scrittura è molto complicato. Se proprio dobbiamo dare un opinione iniziale a quanto abbiamo visto fino ad ora, è evidente che tutte le fitte trame della storia sono ancora fin troppo ingabbiate e imprigionate in un ermetismo che ancora non permette una piena comprensione di quanto accade. Tale enigmaticità si avverte non solo nella costruzione delle relazioni tra i vari personaggi, ma anche nello sviluppo delle tematiche e dei contenuti.
Proprio riguardo ciò, tra i nuovi temi che la Stagione 2 offre al pubblico c’è il sentimento religioso, già in parte presente nella Stagione 1 con il culto del Luminismo che, con una corrente specifica, minaccia l’Impero. Stavolta il mito e la leggenda di Hari Seldon hanno raggiunto un livello tale che le sue gesta vengono tramandate da specifici sacerdoti, che diffondono in tutta la galassia la religione della psicostoria. Nella rappresentazione di questa tematica ci sono ancora molti dubbi, ma già comprendiamo come l’aspetto religioso sarà principalmente decostruito con diverse critiche, se le basi che abbiamo già visto saranno effettivamente approfondite.
Un altro punto nevralgico tra i contenuti di Fondazione riguarda l’immobilismo imperiale che, dopo secoli di Dinastia Genetica, si sta aprendo ad un inedito e rivoluzionario capitolo. Anche qui è difficile prevedere le varie implicazioni che questo tema potrebbe avere negli episodi successivi, ma vedere i tre Cleon guardare al futuro invece che al passato ci lascia ampiamente di stucco, specialmente perché questo cambiamento è giunto in maniera piuttosto repentina (anche se nel finale della Stagione 1 qualche seme, in tal senso, era stato già piantato).
Sul fronte narrativo, infine, è opportuno sottolineare che, al di là di tutte le criticità che derivano, per ora, da una mancanza del quadro completo e da una scrittura ancora troppo misteriosa, la costruzione alla base della storia è totalmente cambiata. Se infatti nella Stagione 1, già dal primo episodio, c’erano diverse dimensioni temporali coinvolte, stavolta sembra che la trama si dipana su un unico piano temporale, tentando quindi una via maggiormente lineare e meno confusionaria. Una scelta che, con il tempo, potrebbe ritorcersi contro, con gli appassionati della narrazione contorta a gridare vendetta.
Fondazione – Stagione 2: valutazione e conclusione
Una regia solenne e grandiosa dai toni epici e mitologici; una sceneggiatura lineare e intrigante che ancora non esprime appieno il proprio potenziale; una fotografia molto variegata che spazia tra luci e ombre; una recitazione di grandissimo livello specialmente ravvisabile nella performance attoriale di Lee Pace; un sonoro godibile e coerente con il background di riferimento ed infine una spinta amorevole e passionale per l’ignoto, per l’esplorazione del bello in tutte le sue forme. Riassumendo, una Stagione 2 di Fondazione che comincia il suo percorso in maniera trascinante ed ipnotica, nonostante qualche elemento non sia ancora centrato perfettamente.
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