Fondazione: recensione finale della serie Apple TV+, inspirata alla saga di Asimov
La realizzazione, che ha debuttato su Apple TV+ il 24 settembre, si è conclusa il 19 novembre, tra alti e bassi, con una cura dell'immagine sempre ai massimi livelli, ma con una narrazione decisamente altalenante.
Fondazione, la nuova creatura televisiva di Apple TV+ ideata dalla mente di David S. Goyer (Blade: Trinity, Da Vinci’s Demons), ha fatto un gran bene allo sci-fi, per così dire, casalingo, ma purtroppo non è stata la rivoluzione che ci siamo immaginati dopo la visione dei primi due episodi. Quando abbiamo visto le prime due puntate, il 24 settembre, eravamo speranzosi di trovare, nel corso della prima stagione di questa inedita IP inspirata al Ciclo delle Fondazioni di Isaac Asimov, dei salti in avanti considerevoli nel genere, con la possibilità di raggiungere nuove vette dello storytelling fantascientifico sul piccolo schermo. L’inizio prometteva decisamente scintille e in effetti il risultato finale è sicuramente pregevole, ma inevitabilmente il fascino magniloquente e suggestivo iniziale si è andato a perdere, specialmente sul piano narrativo.
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Partiamo dal presupposto che Fondazione è l’adattamento di una delle trilogie (almeno il costone originario del 1951-1953, poi arricchito da prequel e sequel) più complesse della storia della fantascienza. Riuscire a trasporre degnamente salti temporali turbolenti e vertiginosi (si parla di secoli, non di pochi anni), un stuolo di personaggi dettagliati e dinamiche socio-politiche oltre che religiose, è sicuramente un’impresa ardua. E se dobbiamo vedere il quadro generale ora che il 19 novembre è arrivato l’ultimo episodio della prima stagione, siamo in realtà soddisfatti, anche se con un pochino di amaro in bocca.
Fondazione: una gigantesca e ricca introduzione
È inutile che ripercorriamo da capo le vicende di Fondazione nel dettaglio (trovate tutto nell’altra recensione), ma un piccolo recap è d’obbligo. Gli eventi della serie si sviluppano inizialmente su Trantor, il pianeta imperiale che è in netta crisi (e che ha ripercussioni ben più grandi nella galassia), come previsto dallo studioso Ari Seldon (Jared Harris). L’idea di quest’ultimo è quella di sviluppare una nuova civiltà e un sistema che consenta effettivamente di superare la crisi con pochi anni, piuttosto che con secoli di oscurantismo. Peccato che però Seldon viene rapidamente messo a tacere, ma intanto lavori di costruzione della Fondazione partono sul pianeta Terminus, con i nuovi colonizzatori che preparano il futuro, senza però essere sicuri di quello che stanno facendo, cominciando con ricerche e catalogazioni.
Dopo un evento centrale e significativo che chiude il secondo episodio di Fondazione, l’opera inizia a diventare ancora più complicata, facendo alcuni salti temporali, presentando tanti personaggi e costruendo passo dopo passo una mitologia fantascientifica di grandissimo appeal estetico e con una narrazione particolarmente stratificata. Di per sé quello che viene raccontato non è di difficile comprensione, ma quello che rende il tutto più complesso di quanto sembra è che si stanno gettando le basi per un mondo che è totalmente nuovo per gli spettatori.
E la difficoltà sta proprio nel comprendere ogni dettaglio di questo universo inedito, che cattura sicuramente per le imponenti scenografie, per fotografia e regia, ma che a livello narrativo purtroppo non riesce sempre ad essere sulla cresta dall’onda (ci torneremo a breve). Rispetto a quanto visto all’inizio di Fondazione, l’anima estetica è rimasta intatta, anzi, si è superata, nell’ottica in cui, in questi altri 8 episodi, abbiamo avuto modo di esplorare altri territori ed edifici, tutti estremamente suggestivi e ben integrati nel mondo di riferimento. Forse, se dobbiamo trovare un neo, la regia effettivamente non è variabile e variegata come le ambientazioni che va a tratteggiare.
Anche a livello di recitazione, non possiamo lamentarci, con alcuni picchi che inevitabilmente vanno ad interessare, in particolar modo, Jared Harris e Lee Pace, che interpreta l’Imperatore di Trantor Cleon I (perlomeno la sua “versione” esecutiva, se avete visto la serie capirete subito di cosa sto parlando). Loro da soli bastano a reggere l’intero cast che comunque è di alto profilo. Il senso generale, ad ogni modo, è quello di aver visto (un po’ come la Parte 1 di Dune di Villeneuve) solo un briciolo del potenziale che può realmente esprimere la serie e ciò, se da un lato è un bene, dall’altro inficia un po’ sulla qualità generale di questa prima stagione.
Fondazione: la narrazione affascinante, ma poco risolutiva
Altro elemento negativo da sottolineare è che la narrazione, per quanto sia estremamente affascinante, non riesce sempre ad essere risolutiva. Ciò che significa che, nonostante alcune magniloquenti presentazioni che sembrano suggerire effetti strabilianti, quello che incontra lo spettatore è un po’ troppa staticità di fondo, che per quanto dipinge situazioni ed eventi affascinanti, alcune volte non è in grado di colpire nel cuore narratologico dell’universo presentato. Sicuramente tutto questo è una conseguenza dello spirito introduttivo di cui vi abbiamo parlato poc’anzi, ma è anche derivato da una scrittura che non sta al passo con il mondo narrativo che si sta costruendo in corso d’opera.
Ci sono alcuni momenti morti, altri episodi che inevitabilmente sono riempitivi e se da un lato alimentano sempre di più con dettagli e informazioni il background presentato, non vanno avanti dal punto di vista della trama. E infatti, proprio per questo motivo, quello che accade è che le ultime due puntate bilanciano ed equilibrano episodi più spenti e meno significativi, per caricare tutta la parte finale e raccogliere più velocemente quanto è stato seminato, per poi gettare le basi per una seconda stagione. In conclusione, un mondo narrativo incredibilmente interessante, ma una sceneggiatura che, purtroppo, aggiunge troppi dettagli al background generale, senza concretizzarsi adeguatamente.
Fondazione, quindi, inevitabilmente va a scontrarsi con un problema a monte che era prevedibile come ostacolo, ovvero la monumentalità e la complessità del materiale originale. Per adattarsi ai romanzi di Asimov già nei primi due episodi si potevano intravedere alcune differenze strutturali, che di per sé vanno bene se giustificate e usate con cognizione di causa e difatti il problema non è legato all’innovazione, ma alla gestione della narrazione generale. Probabilmente, però, per renderci conto se la direzione intrapresa da questa serie sia realmente quella giusta bisognerà aspettare le stagioni successive, dove effettivamente vedremo se tutto questo migliorerà, magari rinunciando ad alcuni dettagli sul background universale.
Fondazione è una serie estremamente ambiziosa e ricca di sfumature: purtroppo non si è rivelata l’opera impattante ed iconica che si prometteva di essere, ma comunque il risultato è davvero ottimo, soprattutto pensando in ottica futura. Si avverte, vedendo i 10 episodi, che il tutto è fin troppo introduttivo e che si pongono tutti piccoli tasselli per sviluppare la trama i prossimi anni, quando ci accorgeremo realmente della qualità di quanto è stato costruito fino ad ora. Se regia ed interpretazioni rimangono di alto livello come le puntate iniziali, purtroppo la sceneggiatura non riesce a mantenersi constante, da un lato arricchendo troppo il background e poco la storia generale, dall’altro non riuscendo ad essere risolutiva.