From Scratch ‒ La forza di un amore: recensione della serie TV Netflix
Nonostante una prima metà ricolma di cliché inverosimili sull'Italia e gli italiani, From SCratch - La forza di un amore si fa perdonare con un finale commovente e un'interpretazione di Zoe Saldana che vale tutta la visione. Su Netflix dal 21 ottobre.
Se è vero che nella sua prima parte a farci alzare gli occhi al cielo è quella marea di cliché stantii che ritraggono un’Italia pittoresca ed edulcorata come tanto piace a (certi) americani, è altrettanto vero che la seconda metà di From Scratch, la nuova miniserie in otto episodi, su Netflix disponibili dal 21 ottobre, ce la mette davvero tutta a non farci trattenere le lacrime.
From Scratch – La forza di un amore: destini incrociati in un’Italia da cartolina
Tratto dal libro “From Scratch: A Memoir of Love, Sicily, and Finding Home” di Tembi Locke, che la serie la crea anche assieme alla sorella Attica e altri sceneggiatori, quest’autobiografia divisa fra gli Stati Uniti e il sud Italia racconta dell’amore da favola dispiegato nell’arco di una decina di anni fra Amy Wheeler (Zoe Saldana), texana arrivata a Firenze per seguire un corso d’arte (la sua insegnante è Claudia Gerini), e Lino Ortolano (Eugenio Mastrandrea), chef siciliano un tempo studente di poesia e traduzione, i cui legami familiari sono interrotti da tempo.
Contrari alle decisioni del figlio, macchiato della “colpa” imperdonabile di essersi allontanato dalla sua terra natia per una voglia d’emancipazione incompresa soprattutto dal severo padre, gli Ortolano, così si chiama il nucleo antagonista agli Wheeler, vengono sbrigativamente rappresentati nella tipica macchietta del meridione fermo al primo Novecento: le donne con le trecce e il grembiule allacciato passano il tempo a cucinare per il marito/patriarca che torna a casa dall’attività agricola, mentre le figlie femmine, destinate al focolare domestico, si occupano dei figli sognando di poter andar via.
Stereotipi e romanticismo. Memoir e fiction
Difficili da sradicare persino in un cinema che forse sa che questa non è più la (nostra) contemporaneità, ma a quanto pare piace vederci e ritrarci così, gli stereotipi del centro Nord da cartolina e del profondo Sud assolato e pettegolo si spalmano abbondantemente nel corso dei primi episodi, quelli in cui la conoscenza fra i protagonisti è riflessa ed esaltata nella bellezza delle architetture e della bontà della cucina, dei vicoli storici e della natura incontaminata, del bacio sotto la pioggia e delle sculture di Michelangelo, cadendo spesso nel caricaturale soprattutto dialettico, dove l’italiano e il siciliano, l’inglese e il texano si mescolano e si alterano con coerenza altalenante (perché due italiani dovrebbero parlare inglese fra loro!?).
Ma messe da parte le frequenti alzate di sopracciglio e una sorta di scoramento nel vedere (ancora) il belpaese fermo alla bontà della pasta e della goliardia del carattere, è invece quando arriva la vita vera, quella sofferta, cruda e imprevista, della grave malattia di Lino, a dare a From Scratch una svolta drammatica davvero commovente, attraversando cronologicamente gli anni dolorosi dei tentativi di cura fino alla scomparsa prematura nel 2014. É qui, infatti, che il memoir della Locke si mostra nella sua autenticità: se da un lato la patologia assottiglia le differenze cross-culturali delle due rispettive famiglie, avvicinando inoltre il padre e il figlio per troppo tempo lontani sentimentalmente e fisicamente, la malattia fa da spartiacque alla qualità stessa del prodotto, aprendo la singola storia d’amore ‘a due’ in una riflessione decisamente più ampia sul concetto di famiglia e di legami di sangue.
Zoe Saldana e Eugenio Mastrandrea la coppia (realmente esistita) di From Scratch – La forza di un amore
Inevitabilmente trascinato in un finale lacrimevole che non scade però nel patetico, la parabola melò di From Scratch è la via di mezzo fra una fiction generalista e una buona serie tv dell’era digitale, dove a reggere e, va detto, a sopperire gran parte di una semplicità di scrittura, che non sconvolge né per originalità né per fedeltà all’Italia del 2000, è il tour de force di una Zoe Saldana meritatamente splendida, intensa e convincente anche quando si esprime in italiano (lei stessa è moglie di un italiano), capace di instaurare con la sua controparte maschile Eugenio Mastrandrea, (qui forse nel suo ruolo trampolino di svolta di una carriera che promette bene), una complicità palpabile di legame vero che prova ad andare oltre la barriera della mortalità.
Romantico quasi melenso, emozionante quasi disperato, questa miniserie Netlflix ci propina a ugual misura rassicurazione e pianti irrefrenabili, ingenuità nel dispiegare un sentimento capace di risolvere tutto il peggio con un buon piatto di spaghetti, e il peso costante di qualcosa che non possiamo controllare, richiamando a sé un pubblico consapevole di assistere a una vita come tante, anche se esasperata da alcune sottolineature languide che in fin de conti si fanno quasi perdonare.