From – Stagione 1: recensione della serie horror di John Griffin
Una serie horror, disponibile su Prime Video, che lavorando sulle forme, i linguaggi e le convenzioni del genere cui appartiene genera un ribaltamento acutissimo, pur di continuare a sorprendere e spaventare il suo pubblico.
L’influenza letteraria di Stephen King sul meccanismo seriale di From
È interessante osservare come la miglior trasposizione Kinghiana di sempre non coincida affatto con un’opera firmata dal celebre scrittore del Maine, nascendo piuttosto da un’idea originale di John Griffin, evidentemente conoscitore e fan accanito dell’autore di It, Carrie, A volte ritornano, Shining e via dicendo, tanto da essere riuscito nell’impresa apparentemente impossibile di far rivivere l’immaginario letterario Kinghiano, fatto di atmosfere, suggestioni e sensazioni sottilmente inquietanti, evocative, sinistre e cupe, perfino sul grande schermo, o meglio, piccolo schermo trattandosi di un prodotto televisivo, ossia From, senza mai mancare né di potenza, né tantomeno di incisività.
Ciò che questa prima stagione di From – dunque John Griffin, autore e sceneggiatore – ha saputo cogliere, non è soltanto il doveroso rispetto nei confronti di un genere sempre più irrigidito da regole e convenzioni, bensì il fatto che il fantasmatico, il sinistro ed infine il terrore possano, o ancor meglio, debbano scaturire dal non visto, da ciò che accade al di fuori e che ci è permesso osservare – in quanto pubblico, ma in un certo qual modo anche da protagonisti – per un tempo particolarmente breve. Eppure la paura è così radicata e radicale da restare impressa nelle nostre menti, fino ad una sua nuova apparizione, al calar della notte, al sopraggiungere dell’oscurità.
John Griffin, Jack Bender, Brad Turner, Jennifer Liao e Jeff Renfroe, i cinque registi della serie infatti non risparmiano alcunché allo spettatore, indugiando con inaspettata intelligenza e dovizia narrativa perfino sui dettagli più macabri, sanguinolenti, splatter e disperati, così da non lasciare scampo a nessuno. Il male esiste, non è solo fumo.
Un meccanismo narrativo e registico che se considerato apparentemente banale nel corso dei primi episodi, con l’evolversi della faccenda sembra subire sempre più una profonda mutazione votata al ribaltamento pressochè totale di quella paura fino a quel momento confinata all’esterno, e superato un certo limite, ben presente anche all’interno, poiché l’errore di uno, può distruggere tutti, anche soltanto aprendo una piccola finestra.
L’eredità letteraria e cinematografica di King trova perciò grande respiro, a partire dalla genesi di The Stand – L’ombra dello scorpione, nella sua volontà estremamente ampia, approfondita e biblica di costruzione d’una nuova società in seguito alla fine e alla desolazione del mondo per come lo conoscevamo, messo definitivamente in ginocchio dall’errore di un singolo, quello stesso singolo che può tornare e sbagliare ancora e ancora e ancora, producendo nuovi collassi, nuovi inizi e così via.
Tornano inoltre le suggestioni provinciali sinistre, cupissime ed evocative di opere quali Le notti di Salem, Il talismano, Scheletri, Cose Preziose, Desperation e The Dome, ciascuna a suo modo focalizzata su di una collettività costretta ad una convivenza mai realmente pacificata e accettata, piuttosto in bilico sull’orlo di un precipizio, e costantemente preda di un compromesso e poi di un dubbio: agire o subire?
La prima stagione di From ereditando dunque un vero e proprio universo di racconti, individui ed atmosfere fortemente singolari, epiche e memorabili dimostra di saper sfruttare gran parte di queste suggestioni rielaborandole in nome di una ricerca narrativa e registica personalissima, che fin da ora sapremo riconoscere e desiderare, quella che è propria di From e del suo abilissimo creatore John Griffin.
Il male, la fede ed un nuovo inizio
In qualche modo, fermandosi agli episodi d’apertura di questa prima stagione si la sensazione di ritrovarsi dinanzi ad un’interessante e riuscito incontro tra un prodotto seriale fortunatissimo e longevo come Lost – Jack Bender, uno dei produttori esecutivi di From ne era regista – ed un altro invece decisamente più sfortunato e per questa ragione scomparso prematuramente, Wayward Pines.
Se Lost modella la sua narrazione fantascientifico-sovrannaturale centellinandola affinché il plausibile superi sempre o quasi l’inverosimile, Wayward Pines – prendendo in considerazione esclusivamente la prima stagione di M. Night Shyamalan – fin da subito non fa mistero della propria natura dichiaratamente horror, dark e sovrannaturale, fatta di creature della notte che sopravvivono nella foresta, angoscianti dilemmi piuttosto inspiegabili e atmosfere alla Twin Peaks, perciò costantemente in bilico tra onirismo e realtà, senza mai collocarsi nel mezzo, e preferendo o l’una o l’altra sfera, senza eccezioni.
Però, laddove tutto o quasi nell’avvicendarsi delle stagioni e degli episodi, di Lost e di Wayward Pines ha raggiunto via via un punto limite tra pacchianeria, complessità fine a sé stessa, carenze di scrittura, estetiche poco chiare se non del tutto assenti ed evidenti limiti narrativi, in From non soltanto funziona, bensì sorprende, poiché John Griffin fin da subito apporta alla serie un’estetica riconoscibilissima, funzionale e già di per sé protagonista di una vicenda nerissima e disperata che poggia su di un meccanismo narrativo estremamente attento, colto e di grande intrattenimento.
Pur risultando immediatamente meno epica nei toni, rispetto al lirismo onnipresente nelle differenti stagioni Lost, la prima stagione di From riflette sui medesimi elementi narrativi di quest’ultima, ossia la collettività, la costrizione alla convivenza, il luogo remoto, inaccessibile e limitato, il sovrannaturale, il male serpeggiante e costantemente in agguato, modellandoli secondo un discorso certamente più contenuto, eppure capace di abbracciare tematiche di rilevante profondità come la fede, il male, e la possibilità di un nuovo inizio dopo la fine di una vita precedentemente vissuta e ormai apparentemente irraggiungibile.
Il male in From è reale, tangibile e sotterraneo perlopiù, eppure temibile e inquietante, poiché tutto accade in funzione della sua esistenza. Credere nel male sembra infatti essere la regola principale nell’universo di From, quella che se rispettata permette di sopravvivere, mentre in caso di rifiuto non può che generare morte. Una conclusione quest’ultima che non è mai sottilmente evocata o suggerita, piuttosto incessantemente mostrata tra corpi smembrati, interiora sparse qua e là e laghi di sangue.
Ecco dunque che la fede, non si lega immediatamente alla riflessione religiosa propria di un’altra ottima serie horror recente come Midnight Mass di Mike Flanagan, piuttosto al male, nella sua concezione più generale. Credere in Dio perciò non conduce alla salvezza, mentre credere nel Male più probabilmente aiuterà.
Un nodo di sceneggiatura estremamente complesso da risolvere, considerata la doppia narrazione che anima e produce le decisioni dei moltissimi protagonisti di questa serie – da una parte i fedeli religiosi, e dall’altra gli atei rispettosi dell’esistenza del male – eppure tutto funziona. L’intreccio corale non risulta mai appesantito e conduce ogni possibile dinamica ad una credibilità insperata e realmente sorprendente.
L’high concept di Griffin, supportato dai Fratelli Russo dunque convince e appassiona ed ogni episodio favorisce la visione di quello successivo, costringendo ogni spettatore all’attesa, o in caso differente, ad un binge-watching incuriosito, esasperato e in definitiva colmo di domande e riflessioni, poiché la fine non può che coincidere con un nuovo inizio.
Il passato genera mostri
Così come abbiamo imparato dalla costruzione dei moltissimi detective, poliziotti, sceriffi, cowboy e più in generale protagonisti della serialità – ma anche cinematografia – recente e non, ciò che genera mostri non è soltanto l’altro, la natura, ciò che è nascosto e nell’oscurità, ma anche e soprattutto la mente degli stessi protagonisti, quasi sempre perseguitata e tormentata da incubi e ricordi di un passato traumatico difficilmente dimenticabile.
Non fa eccezione il protagonista assoluto di From, lo sceriffo locale, Boyd interpretato da un magnifico Harold Perrineau che si ritrova costretto a mantenere ordine in una società sempre più disperata, prossima al collasso e retta da leggi pressochè primitive e temibili, pur dovendo gestire una complessa e travagliata elaborazione del lutto, resa ancor più difficile da un pessimo rapporto con il figlio adolescente Ellis (Corteon Moore) che non sembra affatto poterlo perdonare, nonostante i molteplici tentativi.
Una dinamica padre/figlio dalla scrittura sopraffina che conduce ben presto From, oltre l’horror e sempre più nelle corde del thriller psicologico, e poi del dramma.
A scanso di equivoci, sia Boyd che i numerosissimi altri protagonisti della serie tra i quali Jim Matthews (Eion Bailey), Kenny Liu (Ricky He) e Donna (Elizabeth Saunders) non soltanto non appaiono mai pacificatori, convenzionali e di immediata comprensione, bensì respingenti, complessi e stratificati e forse per questa ragione così fortemente disperati, malinconici e convincenti.
L’inquietudine più profonda infatti non è rappresentata dagli “altri”, piuttosto dagli stessi protagonisti, coloro che hanno avuto un passato, un rimosso, quello sì capace di generare mostri.
Conclusione e Valutazioni di From
Da molto tempo a questa parte si attendeva un prodotto seriale feroce, maturo, inquietante, spietato e slow burner come From, che se ad un primo approccio sembra produrre distanza tra il meccanismo narrativo e l’interesse – o emotività – dello spettatore, ad una visione più attenta e paziente non può che rispondere con un coinvolgimento totale dalle numerosissime sorprese, riflessioni e paure. Finalmente lo abbiamo. From non è una serie per tutti, e forse in qualche modo, anche questa è una fortuna.
La prima stagione di From è disponibile sul catalogo Paramount+ a partire da Febbraio 2022.