Frozen II: Dietro le quinte – recensione della docuserie Disney +
Il 26 giugno debutta in tutto il mondo Frozen II: Dietro le quinte, la docuserie sul secondo capitolo della saga di Elsa e Anna.
Su Disney + a partire dal 26 giugno, arriva Frozen II: Dietro le quinte, un lungo e articolato making of di uno dei sequel più attesi degli ultimi anni. Dopo il successo planetario di Frozen, che nel 2013 si aggiudicò due Oscar – come Miglior film d’animazione e Migliore Canzone – nel 2019, ha debuttato in sala il secondo capitolo del franchise, che negli anni si è composto anche della serie Frozen – Le avventure di Olaf. Entrambi campioni di incassi, i due film sono molto amati dal pubblico di tutte le età, anche grazie alla loro magnifica colonna sonora che ha regalato a casa Disney delle hit indimenticabili.
Frozen II: Dietro le quinte, il cinema è un’arte collettiva
Ad arricchire l’universo cinematografico di Frozen, ecco Frozen II: Dietro le quinte (il titolo originale è più accattivante e riprende la canzone principale del film, Frozen: Into the unknown). La produzione di questo documentario in puntate è affidata alla Lincoln Square Productions (LSP), ben rodata nello storytelling per le piattaforme.
Per Frozen II: Dietro le quinte, LSP è entrata nei Walt Disney Animation Studios di Burbank, in California, per seguire l’ultimo anno di produzione del film. Dopo aver chiuso la storia, insomma, e individuato il cast tecnico e artistico, il numeroso team Disney dedicato al progetto deve – finalmente – realizzarlo. Così si armano di amore, dedizione e pazienza i due registi del primo Frozen, Chris Buck e Jennifer Lee per seguire, passo dopo passo, ogni dettaglio della preparazione.
Come due guide spirituali, conducono il pubblico alla scoperta di ogni professionalità coinvolta nella realizzazione di uno dei più complessi prodotti di animazione degli ultimi decenni. Per non deludere gli spettatori che avevano amato il primo film e per premiare la loro pazienza (ci sono voluti ben sei anni prima di avere un sequel), Frozen II: Il segreto di Arendelle doveva essere pressoché perfetto. Tutti gli elementi che avevano avuto successo nel primo film, dovevano essere addirittura migliorati nel secondo. Più azione, più canzoni, più profondità nella caratterizzazione dei personaggi, scenografie e costumi più spettacolari: e per ognuno di questi aspetti, solo gli artisti migliori nel loro campo, tra designer, musicisti e animatori.
Da Kristen Bell a Evan Rachel Wood: come nascono i personaggi
Uno degli aspetti più interessanti di tutto il documentario, è il legame che gli interpreti originali hanno costruito negli anni con i loro personaggi. Ma non solo: da un lato si incontrano le attrici e gli attori che hanno dato voce e anima ai protagonisti sin dal primo film, dall’altro si fa la conoscenza con alcune new entry. Il punto che hanno tutti in comune, però, è la profonda comprensione della psicologia di chi vanno a interpretare. È piuttosto toccante osservare Kristin Bell commuoversi quando interpreta una delle canzoni che Anna canta in Frozen II: Il segreto di Arendelle, riportando il testo alla propria esperienza personale. Stesso discorso per l’interprete di Elsa, Idina Menzel, che – come la Regina delle Nevi – trova nella sua voce potente e limpida una forma di affermazione di sé e della propria individualità. Uno dei punti di forza di Frozen, infatti, è proprio il saper raccontare con il linguaggio delle fiabe la sofferenza della depressione, che allontana e isola chi ne soffre dalle persone più care.
I volti nuovi che si incontrano nel documentario, e che si riconoscono nel doppiaggio originale del film, sono quelli di Evan Rachel Wood, che interpreta la madre di Anna e Elsa, Iduna e Sterling K. Brown, che invece presta la voce a Mathias, la guardia reale rimasta bloccata per anni nella Foresta Incantata. In entrambi i casi vediamo gli attori rapportarsi con i registi e accogliere con entusiasmo la sfida di entrare a far parte della grande famiglia Disney.
Frozen II: Dietro le quinte, la musica e l’emozione al centro di tutto
Così come il film di cui si racconta il backstage, anche Frozen II: Dietro le quinte ha un’importante commento musicale. Uno degli aspetti che LSP sviluppa nel suo racconto, infatti, è la composizione della colonna sonora da parte dei due musicisti (e marito e moglie) Robert Lopez e Kristen Anderson-Lopez, già autori di Let it Go, la canzone vincitrice dell’Oscar del 2013. Perciò, tra una prova e una riunione con i registi (e produttori esecutivi), i Lopez mettono insieme, pezzo dopo pezzo, tutto l’impianto musicale del film e, una volta scritto, si emozionano anche nel vederlo eseguito dagli interpreti. E gli spettatori con loro.
Se gran gran parte dell’aspetto emotivo del backstage risiede, appunto, nel veder nascere le canzoni che si ritroveranno, poi, nel film, a metà della serie gli autori decidono di svelare un elemento inaspettato del progetto. Chris Buck e Jennifer Lee spiegano che in un certo senso il sequel di Frozen è dedicato alla memoria di Ryder Buck, il figlio di Chris morto prematuramente di cancro poco dopo la realizzazione del primo film. Anche questa presenza, descritta nel discorso di ringraziamento dei due registi agli Oscar come un “guardian angel”, è attraversata dall’elemento musicale. Ryder era un musicista e un cantautore di talento e seguiva con entusiasmo il lavoro del padre.
In Frozen II: Dietro le quinte, dunque, l’estremamente intimo e privato – come può essere la morte di un figlio – abbraccia il collettivo, il kolossal, il grandioso. Si trova l’energia per trasformare il dolore in una fiaba di rinascita e di amore familiare. Con la docuserie Disney + si rivive, così, la magia della creazione di un film Disney, talmente onnipresente da invadere anche il suo Dietro le quinte.