Gangs of London – stagione 3: recensione completa della serie tv
Gangs of London è su Sky Atlantic a partire dal 18 aprile 2025 con una terza stagione scoppiettante, aggressiva ed emozionante.
Gangs of London, con la terza stagione composta da otto episodi, conclude il suo capitolo con un colpo di scena che lascia presagire tutte le possibilità per una quarta stagione. Lo show creato da Gareth Evans e Matt Flannery, prodotto da Pulse Films di Vice Studio Group e in onda su Sky Atlantic dal 18 aprile 2025, realizza una terza stagione che funziona e convince sia nelle novità che nelle caratteristiche che la identificano come un action thriller ardito con delle buone interpretazioni, e una tecnica dall’eccellente ed elegante valore visivo. Con indagini che continuano a concentrarsi sul carico di droga avvelenato col fentanyl e sul quell’incidente che è forse stato un omicidio che ha coinvolto la moglie e il figlio di Elliot, Gangs of London vedrà tutti contro tutti, ognuno convinto che ristabilire l’ordine sia un loro compito e che vendicarsi dei torti subiti sia una prerogativa che spetta di diritto.
Nè vincitori, né vinti, né giusto, né sbagliato, né Wallace né Dumani, né mafia albanese né curda, e forse neanche Elliot
Gangs of London ci lascia con un cliffhanger che forse solo il finale del primo capitolo può lontanamente eguagliare. Tre colpi di arma da fuoco, tre spari all’interno di un luogo dove due dei personaggi più importanti dello show si abbandonavano a rivelazioni che fanno luce sul mistero più irrisolto della terza stagione. E cioè il reale colpevole della morte della famiglia di Elliot. L’ex poliziotto ora gangster, con un richiamo dal passato sempre presente, non può fidarsi davvero di nessuno. Il nome di chi, vedendo sua moglie e suo figlio a un passo da una morte atroce, li ha lasciati lì bruciare, cambia continuamente. Il volto e il sangue che scorre nelle vene di Zeek si colora di sfumature che come un fiume in piena, potrebbero cambiare tutto, urtando uno spettatore ignaro di quanto la supremazia su Londra stia realmente vacillando. Bill lascia intravedere un brandello di umanità solo quando Marian sembra riuscire a pronunciare solo una frase “uccidi prima che sia troppo tardi“.
Luan cerca unicamente la vendetta e ciò che placherebbe il suo caotico animo indomabile è una sola, quella che recita: un figlio per un figlio, dogma che cancella immediato anche il peccato di aver sbagliato persona, fino a Lale che, sicura che il proprio cuore sia di pietra, vede la sua natura incorruttibile surclassata da un’improvvisa sensibilità, da un amore mai provato che capovolge ogni certezza. Mentre i nodi vengono al pettine e i mandanti e gli esecutori degli omicidi svelati, la vendetta di Elliot non avrà mai fine. Dall’inizio alla fine Gangs of London mantiene il suo plot su due fronti: chi ha ucciso la famiglia di Elliot e chi ha avvelenato il carico di droga. Con la prima che si mantiene sul lato interiore e provoca nuovi conflitti in un Elliot ormai compromesso con se stesso e con gli altri, e con la seconda che svela retroscena e certifica un dubbio ormai retorico: c’è sempre qualcuno più in alto che ha il vero controllo, che fa degli scopi più lungimiranti motivo di speculazione, arricchimento e scusanti per tragici incidenti di percorso.
Inclemente, brutale e feroce, ciò che la rende tale è lo stesso esagerato elemento che l’ha resa unica
A farsi avvertire nella psiche di Elliot, come un sussurro intimidito, quello dell’apparente onestà e integrità di un’istituzione che si alleava con le gang criminali solo per evitare il male minore. Quella che, da infiltrato, l’ha trasformato in quei nemici che lui stesso cercava di distruggere. I personaggi di Gangs of London sono sempre più tormentati, sempre più soli, sempre più in lotta tra loro, uniti solo quando qualcuno ha tentato di scavalcarli tutti insieme, ciascuno pronto ad avventarsi e a sfogare contro quel volto ormai senza nome, la propria rabbia e frustrazione. La regia dello show coinvolge e distogliere gli occhi dallo schermo è impossibile: sparatorie in chiesa, lotte a mani nude in grattacieli abbandonati e combattimenti corpo a corpo che lasciano in fin di vita. Cruenta e spietata, Gangs of London impiega intere puntate e lunghe sequenze per raccontare con dettagliata attenzione le lotte che, con arti marziali e scontri a fuoco, sono il paradosso sensazionale proprio della serie.
Mentre la macchina da presa segue protagonisti e antagonisti colpirsi, trafiggersi e spezzarsi le ossa a vicenda, le scene action sono sempre girate con maestria, con una padronanza delle inquadrature che sanno raccontare, che hanno una forma estetica folgorante nella loro sanguinaria rappresentazione e che creano un impatto emotivo dirompente nella capacità di appassionare, anche chi con il genere crudo e feroce di Gangs of London non va molto d’accordo. Lo show Sky Atlantic con questa stagione però, come si percepiva già dai primi episodi, smette di voler sempre esagerare: per quanto il sangue continui a macchiare ogni angolo del mondo di Gangs of London, la violenza si fa meno gratuita, sapientemente “motivata” dagli eventi e le vicende che si susseguono. Nonostante ciò che succede nei primi episodi trovi poi la sua reale conclusione solo alla fine, Gangs of London non perde mai il suo ritmo e i colpi di scena, tra grandi ritorni e inganni insospettabili, si scopriranno, uno dopo l’altro, in quasi l’intera seconda parte dello show.
Gangs of London sorprende nella semplice coerenza di un microcosmo dove gang provenienti da Paesi e culture diverse si sfidano sullo stesso suolo britannico
Quando i villain si svelano in tutta la loro disumanità, nascono alleanze impossibili e tradimenti che fanno inorridire. Da questo punto di vista Gangs of London è un colpo al cuore: nessuno può davvero fare affidamento su nessuno, tutti un giorno potrebbero voltare le spalle agli altri. Forse solo la famiglia, ma non sempre neanche quella, si può considerare un porto sicuro. Se la recitazione è sempre di massimo livello, anche la sceneggiatura migliora, con meno battute didascaliche e importanti segreti scoperti che non vengono preparati, ma che puntano sull’effetto sorpresa. Gangs of London si fa coraggio e mette sul piatto la glaciale freddezza e totale insensibilità che tutti i protagonisti sono costretti a mostrare. Le linee di dialogo arrivano fino a questo punto, mostrando come la cornice surreale dello show sa di vivere all’interno di un universo che eccede nei tratti distintivi che la caratterizzano. Perché la Londra di Gangs of London è un’altra Londra, l’amore in Gangs of London è un altro tipo di amore. La sete di vendetta, come la brama di potere prima o poi si impadroniranno di chiunque. Ecco che il cielo grigio della città non si schiarisce mai.
Le strade della capitale britannica sono vuote, sede di sparatorie e squadre d’assalto che irrompono in edifici deserti dove si consumano crimini efferati per mano di quei sicari pronti a morire anche quando il loro capo è stato annientato. Non esistono tinte calde in Gangs of London, tutto è freddo, cupo e spento, come l’indole dei protagonisti. Gelati in quelle emozioni e sentimenti che forse, anni prima, dimoravano nei loro corpi. Cicatrizzati nella stessa atmosfera vacua di colori densi, spessi, torbidi e ombrosi, che riprendono in parte la luce di molti gangster movie britannici. Anche le figure principali e secondarie si adagiano nel vantaggio e nella salvezza personale, egoistica e individualista come quel mondo ha insegnato ad essere. Ma i pregi di questa terza stagione di Gangs of London introducono un nuovo tema: la politica. E la più controversa e delicata eventualità della legalizzazione delle droghe. Un punto che Gangs of London tocca con intrepida sicurezza, facendo proprie le leggi e le scelte intraprese. Spiazzante e mordace, Gangs of London si semplifica, si segue con entusiasmo e non si può non definire una serie di alto livello e che, soprattutto, produce un terzo capitolo ben riuscito.
Gangs of London: valutazione e conclusione
Onestamente, è vero che Gangs of London obbliga alla sospensione dell’incredulità, spende più budget in stuntman, trucco e VFX di qualsiasi altro show d’azione, con stereotipi e un pizzico di prevedibilità che non mancano mai. Eppure se così non fosse non sarebbe la stessa cosa, Gangs of London vuole presentare un’altra Londra, un’altra criminalità di stampo irlandese, insieme a quella più raffinata ed elegante e a quella più bestiale di stoffa albanese, fino a quella più approssimativa e improvvisata dei trafficanti curdi. La violenza smisurata che per lo show Sky è come una stemma di riconoscimento è Gangs of London, e così i dialoghi esplicativi e le sequenze che, tra una mano che copre gli occhi e un atteso sospiro di sollievo, portano a usare qualsiasi arma disponibile come quella che infliggerà il colpo mortale. E per qualsiasi arma, si intende davvero qualsiasi arma. Basti pensare a tutto ciò che di assurdo e strabiliante si vede nel quinto episodio. E che se non fosse assurdo non sarebbe neanche strabiliante.
C’è da dire che questa terza stagione non arriva al livello della prima, ma supera la seconda, sia per linearità della trama, sia perché le battaglie corpo a corpo e le sparatorie cercano di avvicinarsi a una maggiore verosimiglianza. Ma soprattuto perché non esiste un personaggio che non sia impietoso e crudele e questo porta a identificare Elliot ancora come un anti eroe. L’introspezione iniziale poi si riconferma: questa è la stagione più psicologica di Gangs of London, dove quasi ogni atto sterminatore è fatto in nome di un figlio in pericolo, di un’anima innocente, di una giustizia mai avvenuta e di un dolore che non ha mai trovato un reale nome da incolpare. Nei suoi otto episodi lo show di Gareth Evans e Matt Flannery ristabilisce gli ordini perduti ed elimina chi ha esagerato violando codici e tradendo affetti. Mentre un nuovo sistema politico attua la vera iniziativa. Quella che rischia, con la maggiore speranza, di cambiare davvero il mondo della criminalità londinese; togliendo un potere che per anni si è creduto non si sarebbe mai perso.