Glaskupan – La cupola di vetro: recensione della serie TV Netflix

Glaskupan – La cupola di vetro, divisa in sei episodi e disponibile su Netflix a partire dal 15 aprile 2025, nasce dalla penna della scrittrice svedese Camilla Läckberg, il cui successo è arrivato anche in Italia. Liberamente ispirata ad alcuni eventi del romanzo La principessa di ghiaccio, Glaskupan – La cupola di vetro è un crime detection che vede la protagonista Lejla, rapita da bambina da un colpevole mai trovato, tornare in Svezia dopo anni, dove indaga su un altro rapimento, forse per mano della stessa persona che anni prima aveva preso lei. Lejla è infatti stata l’unica che è riuscita a fuggire, le altre bambine non sono invece mai state ritrovate. Nel cast dello show Netflix figurano Léonie Vincent e Johan Hedenberg.

Glaskupan – La cupola di vetro aveva dei buoni presupposti, ma si perde in troppe delle sue forme

Glaskupan - La cupola di vetro - cinematographe.it

Glaskupan – La cupola di vetro non ha niente che lo identifichi come un prodotto nordeuropeo, fattore che è spesso l’attrattiva principale delle serie tv del genere, in particolare se si tratta di Netflix. Il crime detection di stampo nordico ha una serie di elementi, principi e anche specificità riconoscibili che sarebbe anche giusto ritrovare, ma che in Glaskupan – La cupola di vetro si manifestano solo all’inizio, quando si presenta l’arena dove fitte foreste, distese di neve e case isolate saranno teatro di indagini che le cui fonti e motivazioni sono da ricercarsi nel passato. Quando anche la protagonista, Lejla è stata rapita e, appunto, rinchiusa in una cupola di vetro. Incubi continui, indagini che non portano a nulla, segreti confessati solo ed esclusivamente attraverso il dialogo e un incarico visivo che non aggiunge nulla. Un vero peccato considerando le basi, non all’avanguardia, ma comunque ingredienti creativi degni e idonei al mondo crime.

L’acclamata scrittrice Camilla Läckberg questa volta non lascia il segno. La serie tv sembra rifarsi a quello che il cinema e la televisione ha insegnato negli anni con il genere del crime drama, con un focus sulle tecniche di narrazione e scrittura statunitensi, ormai riscontrabili e considerati accettabili. E che rendono molti show simili tra loro, anche se spesso con quel particolare in più che non guasta. Ma anche in quel sapore americano che si potrebbe avvertire, Glaskupan – La cupola di vetro sembra essere una serie tv senza una reale identità. I personaggi, che hanno un propria psicologia, almeno per quanto riguarda le figure principali, non convincono fino in fondo. La drammaticità della vicenda è affidata solo a Lejla e al personaggio di Said, che oltre ad essere un padre alla ricerca della figlia scomparsa, è anche incarnazione dei due temi che Glaskupan – La cupola di vetro intende esplorare. E che risultano poi forse quelli meglio rappresentati e raccontati.

L’elemento crime che dovrebbe essere centrale viene superato dai subplot di contorno

Glaskupan - La cupola di vetro

Le due tematiche che la serie tv affianca a quella dell’investigazione sono la delicata e controversa situazione dell’immigrazione in Svezia, e i giacimenti minerari, in particolare di ferro, dei quali è difficile usufruire, a causa della vegetazione subpolare, senza che questo porti a proteste, danni o necessità di abbandonare l’aerea interessata. I sottotesti di contorno, che sono inoltre propri del Paese dove lo show è ambientato, vengono descritti con attenzione, sintetizzati quanto basta e ben esplicati, con la volontà di mostrare un Nord Europa che è costantemente spaccato in due sulle questioni e con un’attinenza alla realtà che restituisce uniformità e anche una maggiore partecipazione del pubblico. Mentre la regia di Glaskupan – La cupola di vetro insiste su elementi naturali, su un paesaggio articolato: vasto, buio e sovrastato da foreste di conifere e betulle capaci di inghiottire, fagocitare e imprigionare chiunque. Foreste dove l’esatta direzione può salvare la vita, o dalle quali sarà impossibile uscire.

Glaskupan – La cupola di vetro: valutazione e conclusione

Glaskupan - La cupola di vetro

Nonostante il finale di Glaskupan – La cupola di vetro si dimostri inaspettato e tetro, oltre che unico dettaglio da nordico background cinematografico, anche lì non sono presenti né un’adeguata profondità né l’idea di esplicitare quale sia l’imperscrutabile mistero del passato che ha portato ad agire un assassino seriale a tutti gli effetti. Come la regia fa ampio uso di quelle che sono le peculiarità del paesaggio, del panorama e del territorio, anche la fotografia si concentra sui colori che sono propri di quella natura, una natura che si cerca di mantenere integra e che si fa di tutto perché venga trattata con rispetto. Un occhio di riguardo quindi a un bianco neve senza tempo, simbolo della purezza e dell’innocenza rubata a quelle bambine rapite e mai ritrovate. Insieme alla tonalità del verde bosco che, raffinata, scura e intensa è quel percorso buio che può divorare, ma anche rendere liberi. Dolente e amaro il messaggio finale, secondo punto di forza dello show, che rivela come mettere la parola fine all’esperienza di Lejla sia quasi impossibile e come la scoperta del villain non potesse avere conseguenze e consapevolezze più tragiche.

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Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2

2.4

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