Grenseland – Terra di Confine: recensione della serie tv Netflix
Grenseland - Terra di Confine è la serie tv norvegese disponibile su Netflix. Un piacevole labirinto di inganni e verità.
Potrebbero esserci molti modi di definire Grenseland – Terra di Confine, la serie tv in 9 episodi disponibile su Netflix, e potremmo affibbiarle tanti aggettivi: godibile, intricata, introspettiva, però esiste una parola che la rappresenta ancora meglio e quella è “ponte”. Un istmo di cemento che unisce geograficamente Svezia e Norvegia e poi tanti piccoli e flebili ponticelli che uniscono tra loro le persone, poco importa se per amore o per interessi. I protagonisti della serie scritta da Bjørn Ekeberg, Megan Gallagher, Melike Leblebicioglu e diretta da Bård Fjulsrud, Gunnar Vikene e Rune Denstad Langlo fanno parte di una medesima ragnatela la cui trama muta continuamente; all’aggiunta di ogni dettaglio uno di loro cade nella morsa del ragno tirandosi dietro una serie di bugie e inganni.
Ambientata al confine tra la Svezia e la Norvegia, Grenseland – Terra di Confine si incentra nell’ambito poliziesco tirando in ballo i concetti di giustizia e verità e facendoci scoprire adagio tutte le prospettive della realtà, ma soprattutto mettendo sotto la lente d’ingrandimento il fatto che nessuno è del tutto pulito e in grado di puntare il dito contro gli altri. Il protagonista è Nico alias Nikolai Andreassen (interpretato da Tobias Santelmann), un detective costretto a tornare nel suo paese d’origine dopo aver denunciato un collega di lavoro. La macchina da presa inquadra inizialmente solo un frame fugace della sua esistenza e il quadro generale è subito chiaro: il collega che ha denunciato è il presunto responsabile della morte della sorella del suo compagno. Relazione, quest’ultima, che dovrà rimanere segreta non solo per non compromettere la testimonianza ma anche perché Nico non ha il coraggio di dirlo alla sua famiglia.
Grenseland – Terra di Confine: bugie e inganni nella serie tv thriller disponibile su Netflix
I veri guai, dopotutto, iniziano quando smaschera l’omicidio dietro al finto suicidio di un uomo. Già, perché Nico è un duro, è intuitivo, intelligente, pieno di risorse e poi ha una mania: cercare sempre e comunque la verità. Ma cosa accade se in quell’omicidio c’è invischiato Lars (Benjamin Helstad), il fratello minore rimasto vedovo con due bambini a carico? Il protagonista metterà da parte il suo buonsenso per fare largo al dovere familiare e quindi insabbiare le prove. Purtroppo per lui, però, la fulgida e indomita collega Anniken (Ellen Dorrit Petersen) appare inarrestabile e fermamente intenzionata a saperne di più. Ciò che doveva essere un caso lineare e di facile risoluzione si rivela un pozzo senza fondo di bugie in cui la famiglia di Nico è invischiata fino al collo.
Avendo dalla sua personaggi tridimensionali e complicati, avvolti da una coltre di motivazioni che li spingono ad agire in determinati modi, la serie thriller Grenseland – Terra di Confine sa accattivare lo spettatore trasportandolo verso luoghi apparentemente protetti e circoscritti, spingendo l’acceleratore – soprattutto nei primi episodi – su monocromie e sull’impiego di una colonna sonora ipnotica e a tratti assordante. Ad accompagnarci dal primo al nono episodio sono macchie sporadiche di dialoghi interiori, o pronunciati da chi non possiamo vedere. Altro tratto caratterizzante della serie norvegese disponibile su Netflix è il troncamento della comunicazione in alcune circostanze, come durante gli interrogatori. Allo spettatore è dato sapere nei particolari solo ciò che conosce Nico, mentre degli altri personaggi siamo solo convinti di aver scoperto qualcosa; in realtà i creatori stanno ben attenti nel mostrarci solo alcune cose, lasciandoci all’oscuro dei dettagli che potrebbero fornirci un quadro completo.
Complessivamente, Grenseland risulta a tratti lenta e stantia ma riesce a incuriosire fino in fondo.
L’inserimento dei componenti della famiglia del protagonista nel giro d’affari legato al traffico di droga risulta dopo un po’ matematico, al pari del coinvolgimento dell’intero corpo poliziesco nella malavita. A circa metà stagione ci si accorge che la tanto sbandierata giustizia è solo un’utopia, un ideale al quale non si può ispirare, specie se tieni a qualcuno e sei disposto a fare di tutto per proteggerlo.
A questo groviglio di verità e bugie si aggiunge un’emblematica e massiccia presenza maschile in cui gli uomini fanno da padre e madre, da testimoni, poliziotti, avvocati, contrabbandieri. Gli uomini costituiscono una sorta di comunità nella comunità, basti pensare al legame tra Nico, Lars, il padre dei due Hans Olav (Bjørn Skagestad), Josef (Eivind Sander) e ancora Bengt (Frode Winther) e Tommy (Kim-Henning Nilsen); tutti intenti a coltivare il proprio orticello e a coprirsi a vicenda, ad aiutarsi nelle quotidianità fingendo di essere migliori di ciò che sono. Le donne, in questo contesto, o stanno dalla parte giusta come Anniken o dalla parte sbagliata come Eva (Ana Gil de Melo Nascimento), in entrambi i casi ne escono intatte e se qualcuna tra loro sta nel mezzo semplicemente ci rimane, essendo solo un intermediario o qualcosa del genere. Inoltre è interessante l’ambiguità che si crea tra i colleghi Nico e Anniken, tra loro c’è una certa tensione sessuale, sfatata solo quando lei scopre che è gay.
Su questo punto occorrerebbe forse aprire una parentesi per sottolineare il modo in cui si parla dell’omosessualità. È palese che Nico non voglia esporsi, che il suo amore per un uomo gli faccia credere di essere meno virile, che lo porti a dire bugie al padre e al fratello. Ma il bello è che a nessuno importa della sua relazione con Kristoffer (Morten Svartveit); chi lo riprende o guarda dall’alto in basso lo fa perché è deluso dal suo comportamento come agente, certo non come uomo!
Per concludere, potremmo dire che Grenseland – Terra di Confine è una serie “ricorrente”, nel senso che va avanti per poi riportarci indietro, ci fa fare un passo di scoperta nella risoluzione e poi ci riporta al punto di partenza aggiungendo nuove vittime e nuovi casi e nuovi colpevoli. Per certi versi è come se Nico (e noi con lui) fosse finito in un labirinto senza via d’uscita, in cui non basta risolvere un caso e raggiungere l’uscita, poiché una volta sopraggiunti all’uscio ci si ritrova non fuori, all’aria aperta, ma in un altro labirinto!