House of Secrets: The Burari Deaths, recensione della docuserie Netflix

Fede e delirio si incontrano e scontrano nella serie Netflix tratta da un fatto di cronaca.

House of Secrets: The Burari Deaths, la nuova docuserie Netflix diretta da Leena Yadav e prodotta da Yogendra Mogre e Katherine Leblond, è disponibile per la visione sulla piattaforma di streaming dall’8 ottobre 2021. L’opera è divisa in tre parti ed esplora le diverse teorie che hanno tentato di spiegare un terribile fatto di cronaca avvenuto in India, a Burari (a nord di Delhi) e che ha scosso un’intera nazione nell’estate del 2018: il ritrovamento di undici membri morti della famiglia tre-generazionale Chundawat. La regista fa ripercorrere allo spettatore l’intera vicenda. Spinge a esaminare l’accaduto e a guardare con un occhio sensibile le varie sfaccettature delle indagini, con l’obiettivo di rivelare infine i retroscena rimasti inesplorati. Lo fa con l’aiuto di personaggi reali, delle immagini e dei video di cronaca, ma soprattutto con le interviste, le testimonianze e i commenti preziosi dei funzionari di polizia, dei vicini, dei giornalisti, e dei parenti e degli amici della famiglia defunta.

House of Secrets: si indaga sulla morte di 11 membri di una famiglia indiana tre-generazionale

house of secrets cinematographe.it

Il primo episodio di House of Secrets prende avvio dalle testimonianze dei vicini della famiglia Chundawat, i quali segnalano tempestivamente il silenzio sospetto (e la mancata apertura dell’emporio di famiglia). Il Commissario di Polizia di Burari accorre sulla scena del crimine per risolvere un caso importante, sconvolgente, e che fa orrore. Con lo sguardo in camera dichiara di aver ritrovato nove persone impiccate a una griglia di ferro sul soffitto, poi una decima donna sul lato opposto. In un’altra ritrova il corpo della madre accasciato per terra, vicino al letto. Il cane della famiglia Chundawat è stato legato al soffitto interessato, ed è ancora vivo. Seguendo le parole del commissario,  tutti i componenti della famiglia Chundawat sono stati ritrovati come impiccati con della stoffa colorata. Ma cosa è accaduto davvero? Sette femmine e quattro maschi della stessa famiglia composta da tre generazioni sono stati ritrovarti morti nella stessa casa. Perché? I cadaveri sono stati ritrovati con occhi bendati, e con le mani legate. Il modo con cui sono stati legati ricorda un albero caratteristico, avente i rami che cadono verso il basso. In più, non si può certo affermare che la famiglia Chundawat fosse atipica per la società indiana, anzi molto classica. Inoltre, per lo più composta da membri istruiti e attivi della società, il che rende ancora più inconcepibile un simile e folle gesto. Ma si inizia ad indagare, perché  le prove aprono più piste sul caso. Si è trattato di un suicidio, di un omicidio di massa, o di un incidente durante un rituale? Dagli indizi emergono particolari che sembrano trovare la chiave giusta nella sfera dell’occulto.

House of Secrets: The Burari Deaths. Quel confine sottile fra la fede e il delirio

“Seguire solo con la fede, è seguire ciecamente“, per citare Benjamin Franklin. Occorre infatti tener presente che il confine tra la fede e il delirio è sottile. Dove inizia la fede? E dove il delirio? Dove tracciamo il limite? La miniserie porta alla luce preoccupazioni sociologiche più vaste. La storia di House of Secrets si muove in mondi fatti di ombre, e permette di accedervi attraverso porte che sono sempre aperte, ma anche sempre chiuse per utilizzare una metafora di una società iperconnessa e ipercomplessa, e che ciò nonostante continua a trattenere dentro di sé isolamento, paure e insicurezze. Nel logorio psicofisico ed emotivo l’individuo fa fatica a reagire, soprattutto se questo è segnato da  perdite affettive consistenti. Il compito di un’organizzazione sociale dovrebbe essere anche quello di risolvere queste  “situazioni di necessità”, perché se dall’esterno tutto può apparire realizzato e assolto, dentro ci si può perdere per finire soggiogato dentro dimensioni false e sbagliate.

Nonostante il tentativo di fare un’autopsia sociale, la miniserie non riesce a coinvolgere

Leena Yadav fa spesso ricorso ad ampie panoramiche, a carrellate veloci e a inquadrature con i flash dei fotoreporter con cui cerca di pennellare il mondo dei fatti narrati. La regista non disdegna le immagini e i video provenienti dalla cronaca reale, che infatti nel racconto discontinuo ritroviamo spesso, perché tutta la costruzione filmica è finalizzata all’interpretazione della realtà, con le sequenze funzionali con cui si cercano di ricostruire i fatti. Lo spettatore arriva a concludere che le persone morte in quel modo impressionante non sono distanti da ognuno di noi, sono solo alle prese con un trauma emotivo non visibile dall’esterno. È apprezzabile il tentativo dell’opera di realizzare una sorta di “autopsia sociale” con cui si cercano di far emergere le lacune rimaste non dette dalla cronaca o non lette dalle indagini, ma non si può non concludere che House of Secrets non apporta nessun contributo aggiuntivo al genere documentario. E che, soprattutto a causa delle implicazioni di natura spirituale e paranormale del caso, non riesce né a coinvolgere né a destare curiosità.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.1

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