I Am Groot: recensione della serie d’animazione Marvel
I Am Groot, serie in cinque corti su Disney+ dal 10 agosto 2022. Il ritorno del piccolo eroe dei Guardiani della Galassia tra animazione di buon livello, belle canzoni e umorismo fisico.
Poche parole, ma buone. I Am Groot, la serie d’animazione dedicata al popolarissimo alberello membro dei Guardiani della Galassia, arriva su Disney+ a partire dal 10 agosto 2022. Chiaro che una roba del genere, per uno che fino a questo momento è stato un apprezzato non protagonista, è davvero un gran bel passo in avanti. La gavetta cominciata con il primo film della serie ha finalmente dato i suoi frutti. Lui è cresciuto, mentre nel frattempo, sopra e tutt’intorno, esplodeva il box office e il profilo pop dell’MCU. Si aggiunga poi che una delle chiavi, se non la chiave, del successo dei Guardiani della Galassia, oltre all’intervento sul genere di stampo quasi autoriale di papà James Gunn, è sempre stata la celebrazione giocosa e colorata della diversità e dell’accettazione di sé.
È importante ricordare tutto questo perché I Am Groot, (mini) serie strutturata su 5 corti (corti sul serio) creati e diretti da Kirsten Lepore, sceglie di mettere al centro dei riflettori la vita di Groot in una fase delicata, la fase delle impressioni che contano. La ricetta della Marvel per un successo duraturo si conosce già: colore, divertimento, tanta azione, buoni sentimenti. La voce di Groot, ancora una volta e non potrebbe essere altrimenti data le evidentissime analogie fisiche, è quella di Vin Diesel.
I Am Groot: ritratto dell’eroe da giovane (albero)
Dilemma etico-critico di portata non indifferente. Come si parla di una serie in 5 corti senza spoilerare niente, ma proprio niente, di importante? Un modo si trova. Si sposta l’attenzione su quel poco, ma non trascurabile, che si può svelare. Confidando nelle clemenza di chi legge, magari mischiando un po’ le carte e condendo il tutto con un fiume di belle parole. Messe in fila una accanto all’altra, per chi ci sa fare, possono uscire effetti interessanti. Una delle soluzioni alternative poteva essere la recensione come l’avrebbe scritta Groot. Ecco, una cosa che si può dire senza timor di rappresaglie, è che I Am Groot esalta come mai prima l’incedere monotematico e vagamente ossessivo della conversazione del protagonista. Come sempre, questo è il miracolo, non si capisce niente e in fondo si capisce tutto.
Un’altra questione molto importante riguarda la collocazione spazio temporale di I Am Groot e, più in generale, la risposta alla domanda delle domande. La serie fa o non fa parte del canone Marvel? O più nello specifico, quanto sul serio dobbiamo prendere i corti e quello che ci raccontano? La risposta ai due interrogativi la trovate splendidamente risolta qui. Senza spoilerare troppo, anche in questo caso vale la pena di anticipare che, sì, la serie è canone Marvel ma è meglio non aspettarsi chissà quali shock. Quanto al posto preciso occupato nella timeline MCU, tenendo presente che tanto le immagini quanto i trailer (persino il titolo del paragrafo!) riportano Groot alle origini e quindi una mezza idea ve la sarete già fatta, si rimanda al primo link.
Dunque Groot è giovane, imberbe, sostanzialmente inesperto delle cose della vita. Tutta la spettacolarità del mondo non ha mai nascosto l’evidenza dei fatti e cioè che il cuore della narrazione Marvel è prima di tutto emotivo e soltanto poi action, fantastico, umoristico o quello che volete. Per il nostro eroe si tratta di muovere i primi passi nel mondo e capire come inserirsi nel grande disegno delle cose. Riuscendo, sbagliando, ballando, combinando grossi guai e poi cercando una via d’uscita. Con tenerezza, senso dell’umorismo e una disponibilità ad accettare la confusione della vita per quella che è. Il tema centrale è l’identità. Ricerca, perfezionamento, ostentazione giocosa e accettazione della propria identità, attraverso un dialogo costante con il mondo.
I Am Groot è una serie che, nel bene e nel male, non esagera
Kirsten Lepore sceglie la via della miniatura, buffa e ben proporzionata. I Am Groot è una piccola serie e questo è un dato che va chiarito e giustificato. Avere in testa un senso chiaro delle cose e una discreta consapevolezza dei limiti oltre i quali è meglio non spingersi, con la coerenza di restarci dentro, questi limiti, anche quando le circostanze suggerirebbero il contrario, è apprezzabile. Non c’è spazio per grandi rivelazioni in questa storia, mancherebbe anche il tempo ma qui è proprio questione di scelta, deliberata e pienamente consapevole. Un’evasione dalla realtà (Marvel) che non mette in discussione alcunché di canonico ma trova comunque il modo di sistemarsi tra le pieghe della grande storia ufficiale, ecco di che si parla.
Il pensiero (quanto stupendo lo deciderà lo spettatore) di costruire un percorso seriale attorno a un personaggio che in partenza non ha e non può avere l’onore e l’onere della ribalta, è la quintessenza del discorso Marvel applicato al cinema. Buona parte del successo della monumentale serie di film, ora anche show per la tv, poggia sulla disponibilità ad accogliere e celebrare narrazioni e personaggi non sempre benedetti da un fascino mainstream. Magari mainstream fanno anche in tempo a diventarlo, proprio però per via del successo di quegli stessi film, serie e così via. Tra l’altro, lo conferma anche James Gunn che c’è voluto del tempo per strutturare in modo adeguato la personalità di Groot. C’è pure un risvolto della medaglia. Il tono mansueto e caloroso di I Am Groot autorizza i maliziosi a sussurrare che anche stavolta bisognerà rassegnarsi. Non è ancora tempo per “contenuti” (orribile parola oggi purtroppo molto in voga) con la giusta voglia di osare.
D’altronde, tanta parte dell’MCU ha a che fare con lo scontro tra il bene e il male e non è che dietro le quinte le cose siano poi così diverse. Cinema spettacolare e intrattenimento di qualità, geneticamente congegnati per non fare un passo in più del necessario. La serie in effetti porta con sé, quasi fosse un’ombra, una sorta di doppia modestia, la modestia ispirata da un solido pragmatismo e quella suggerita dal portafoglio. Non sarà certo I Am Groot a sciogliere questo nodo una volta per tutte. Toccherà a produzioni più “pesanti”, da ogni punto di vista. Tornando al discorso principale, è ora di ricordare che ci sono anche diverse cose ben fatte. Un’animazione rispettabilissima; tempo ristretto e spazio limitato “chiamano” un intervento tecnologico mirato e più efficace. La colonna sonora del nostro Daniele Luppi, del tutto coerente con l’universo madre dei Guardiani, contrabbanda nel tessuto musicale della storia un paio di gustose chicche pop (o reggae come nel caso del grande Jimmy Cliff) da custodire. Il giovane Groot che viene a patti con il mondo in una sarabanda di gag ad elevato tasso di fisicità. Se non fosse per l’inflessione ripetitiva – forse dovremmo semplicemente accontentarci del fatto che un albero sia in grado di parlare e non spaccare il capello in quattro – si potrebbe pensare, evitando di andare troppo oltre, ai vecchi e gloriosi tempi del muto. In fondo è questa l’essenza di I Am Groot. Umorismo, tenerezza, buona fattura. Senza esagerare, nel bene e nel male.