I Am Groot – Stagione 2: recensione della serie animata Disney+

La conversazione non è migliorata, ma la voglia di esplorare (e di mettersi nei guai) è più forte di prima. I Am Groot, la seconda stagione è su Disney+ dal 6 settembre 2023.

Cinque corti, una durata oscillante tra i 3 e i 5 minuti, disponibili su Disney+ a partire dal 6 settembre 2023, scritti e diretti da Kirsten Lepore. Una storia su misura, ritagliata sulle parentesi tra una narrazione ufficiale e l’altra. Ma se di nicchia si tratta, è colorata, è pop e amatissima dal pubblico. I Am Groot ritorna, cortesia dei Marvel Studios, con una nuova stagione, la seconda, piena di buffe esplorazioni del vasto universo affidate agli occhi ingenui – tremendamente disponibili allo stupore – del tronchetto più famoso della galassia. Baby Groot, per la precisione; un po’ cresciuto rispetto alla prima stagione (qui la recensione), animato da una curiosità invincibile e una naturale propensione a cercar guai. E a trovarli. La voce di Groot, non ci sarebbe nemmeno bisogno di precisarlo, appartiene a Vin Diesel.

I Am Groot – Stagione 2 : l’esplorazione prosegue

Disney+ - Cineamatographe

L’indicazione è di svelare il meno possibile per preservare l’efficacia delle piccole grandi rivelazioni, dei colpi di scena, di I Am Groot – Stagione 2. Ce ne sono, proporzionati sulla taglia (ridotta) della serie e su una durata, un minutaggio, decisamente limitato. Meglio così, che non si perde tempo in chiacchiere inutili, considerata l’ossessiva loquacità del protagonista, non proprio un maestro di retorica. Ancora una volta, trovandoci leggermente al di fuori del perimetro ufficiale della storia dei Guardiani della Galassia, Groot è il protagonista assoluto e non c’è niente e nessuno in grado di metterlo in ombra. Tutt’al più, dei compagni di avventure, si avverte lontana l’eco, molto lontana. Non si traduce in niente di particolarmente concreto.

Non è un male. Nell’estrema concisione degli episodi, Groot mattatore unico acquista lo spessore congenito a un protagonista credibile, servendo l’MCU (Marvel Cinematic Universe) in quella che è una delle regole fondamentali. Sarebbe a dire, la sistematica valorizzazione di tutti i personaggi, compresi quelli ai margini. L’universo Marvel è una sterminata ragnatela di storie e costumini attillati e per funzionare ha bisogno di un’equa distribuzione delle responsabilità: ogni eroe deve offrire il suo contributo, non solo le star conclamate. Valorizzare le seconde linee è il mantra, perché se anche quelli meno famosi riescono a fissarsi nell’immaginazione (e nell’affetto) del pubblico, soltanto allora abbiamo un universo. E se c’è un universo, c’è la possibilità di fare della serialità, con tutto quel che ne consegue in termini di box office e ramificazioni ulteriori (dal cinema alla serie tv).

I Guardiani della Galassia sintetizzano in maniera efficace il pensiero. Famosi ma non troppo, eterogenei nella distribuzione dei caratteri e della personalità. Benedetti da un’impronta autoriale e accompagnati dalla salda mano (registica) di James Gunn, che ne ha saputo valorizzare il colore, il potenziale empatico/sentimentale, tirando fuori una moderna morale della favola condita di accettazione della diversità, elogio dei “marginali” e affermazione della nuova famiglia, quella che ti scegli. Kirsten Lepore scrive e dirige la seconda stagione di I Am Groot – Stagione 2 tenendo a mente la doppia lezione, Groot com’è e come lo ha cristallizzato nel sentimento collettivo la cura James Gunn. Il suo piccolo protagonista è un esploratore pasticcione ma indomito, manifesto di una sensibilità tenera ma cocciuta, sempre pronto alla scoperta. Così vanno le cose anche in questa seconda stagione, si tratti di farsi nuovi amici, misurare il mondo sotto una nuova lente (sensoriale), spingersi agli estremi per ciò che si ama, scorrazzare sulla neve, reinterpretare in maniera molto personale i concetti di eroismo e destino.

Un ponte tra il modo di raccontare storie di ieri e di oggi

I Am Groot; cinematographe.it

Davvero abbiamo bisogno di sapere cosa fa Groot quando gli altri Guardiani non sono nei paraggi? Si può affrontare I Am Groot – Stagione 2 (vale anche per la prima, in fondo) in due modi. Cinicamente, isolando l’ossessiva colonizzazione di ogni spazio possibile riservato allo storytelling da parte del doppio interessatissimo brand Marvel/Disney, l’orrore per un vuoto da riempire ad ogni costo come condizione primaria perché la colossale operazione seriale prosperi. Oppure, sottolineando l’umile e concisa digressione dalle esagerate (in termini di pura spettacolarità) ambizioni che hanno sostenuto l’MCU nella sua trionfale cavalcata al botteghino. Non sempre soddisfatte, anzi, sarebbe il caso di dire, soprattutto in relazione agli ultimi confusi anni, quasi mai soddisfatte. I Am Groot – Stagione 2 è una puntigliosa precisazione degli angoli inesplorati nella vita di un amatissimo personaggio, di cui forse avevamo bisogno o forse no. Ma è anche uno scostamento interessante e in certi casi apprezzabile dal canone Marvel.

Tocca a Kirsten Lepore e al suo team gettare un ponte tra ieri e oggi. Combinando il dinamismo, la naturalezza delle movenze e la nitidezza degli sfondi della più avanzata animazione digitale – e il risultato è apprezzabile ricordando che il budget della serie non può pareggiare quello dei film – con il recupero di un umorismo puramente fisico, di immagine e non di parola, nell’imperitura tradizione delle comiche mute, adattate e rimodellate per sensibilità e gusto contemporanei. Groot, moderno Charlot bambino – senza alcuna pretesa autoriale, non sopravvalutate l’analogia – scopre l’universo e lo offre in pegno allo spettatore servendosi di un linguaggio e una forza espressiva universali. Pura incarnazione di curiosità, stupore ed empatia.

ll sentimento e la disponibilità all’avventura, più che gli impacci delle parole, guidano la narrazione.  I Am Groot – Stagione 2 è una parentesi muta ed effimera tra le grandi aspirazioni dell’universo Marvel. Il giovane protagonista, messo alla prova da un destino magniloquente, risponde da par suo: un eroismo piccolo, infantile e giocoso, che magari non risolverà un bel niente (sul serio?) ma è comunque portatore di positività. La serie funziona come gustoso contrappunto all’epicità calorosa dei Guardiani, perché ha piacere nel farsi miniatura, nel rifiutare i grandi discorsi, nell’accontentarsi della brevità. Come ogni cosa, grande o piccola, che la Marvel abbia prodotto, produce e produrrà, un bizzarro mix di calcolo e calore umano. Rilanciando e aggiornando la verità fondamentali della poetica di James Gunn, il racconto breve, brevissimo di Kirsten Lepore trova scintille di umanità anche nell’intrattenimento più spudoratamente commerciale.

I Am Groot – Stagione 2 : conclusione e valutazione

Il proverbiale non linguaggio, la ripetizione di una frase (io sono groot) che assume consistenza diversa a seconda del contesto e dell’interpretazione dello spettatore, è una miniera d’oro di significati ma I Am Groot – Stagione 2 continua a servirsene essenzialmente come strumento umoristico. Incredibile comunque la facilità con cui si riesca ormai a decifrarlo, l’evidenza più concreta dell’appeal e del persistente radicamento dell’MCU nell’immaginario contemporaneo. La serie, tecnicamente pregevole, si accontenta del formato ridotto e cerca di lavorarci al massimo, inseguendo lo stupore del muto e la meraviglia tecnica dell’animazione moderna. Attenzione all’ultimo episodio, che è un po’ un manifesto ideologico del Groot-pensiero, un eroismo lontano dallo standard. E non solo.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.8