I Binari del Destino: recensione della serie coreana su Netflix
La scomparsa di un adolescente mette in moto una serie di avvenimenti distruttivi e fa scoprire segreti sepolti.
I Binari Del Destino è una serie distribuita su Netflix dal 9 gennaio 2023 (con un po’ di ritardo rispetto al resto del mondo, dove è stata distribuita fin dal 19 dicembre 2022): la prima stagione è composta da 16 episodi in cui si narra come una tragedia porti la moglie di un deputato a finire sotto i riflettori del pubblico, costringendola a confrontarsi e a fare i conti con i segreti di famiglia e con il proprio tormentato passato.
Dalla filosofia alla serialità
Philippa Ruth Foot è una filosofa inglese nata a Bosanquet, professoressa emerita a Los Angeles che si è dedicata allo studio dell’etica basandosi sulle virtù di Aristotele e Tommaso D’Aquino: nel 1967 enuncia un esperimento mentale di filosofia etica, il cosiddetto problema del carrello ferroviario (o dilemma del carrello), che propone un dilemma etico.
Se un autista di tram stesse conducendo un veicolo capace solo di cambiare rotaia ma senza possibilità di fermarsi; e se davanti a lui ci fossero cinque persone legate e incapaci di muoversi, mentre un bivio lo porterebbe su un secondo binario dove ce n’è solo una; avrebbe solo due opzioni, non fare niente e quindi tirare dritto e ucciderne cinque o deviare e ucciderne una.
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È una controversia morale che riporta alla convinzione di ognuno di noi di avere un’etica irreprensibile, di possedere indiscussi e incorruttibili valori morali: il filosofo e scienziato Joshua Greene ha constatato che la maggiorparte delle persone sottoposte da lui al test ritengono che la scelta morale sia azionare la leva e salvare cinque persone (uccidendone solo una, quindi atto compiuto per il bene della maggioranza), le altre credono invece che sia più giusto non fare nulla (di volontario) perché azionare la leva per cambiare binario comporterebbe un atto di volontà, delineando quindi un vero e proprio omicidio doloso.
I Binari del Destino: una storia drammatica dai risvolti inediti
I Binari Del Destino (Trolley titolo internazionale) si rifà quindi proprio a questo tema fin dal titolo: la protagonista Kim Hye Joo – moglie di un membro dell’Assemblea Nazionale Coreana Joong Do – si trova a dover fronteggiare un evento inaspettato che porta a galla un segreto che aveva tenuto sempre nascosto. Si formano così delle crepe nella sua vita solo apparentemente pacifica, che la portano a dover intraprende un percorso pericoloso mentre si avvicina una catastrofe politica e personale.
Lo show scritto da Ryu Bo-Ri è un’interessante drammatizzazione di tematiche inedite per la serialità generalista, che affrontano problemi etici e morali non banali: oltretutto, l’audiovisivo coreano ci ha abituato a narrazione drammaturgicamente precise e stratificate. I Binari Del Destino non fa eccezione, mettendo in risalto anche una delle qualità di Netflix (che tende a scoprire storie e quindi patrimoni culturali di geografie lontane dalla tradizione narrativa occidentale) e aggiungendo, al classico ma efficace k-drama, una sottotrama politica affascinante: non è infatti consueto trovare film o serie che sappiano raccontare e mostrare con precisione, senza sovrastrutture, e con lucidità, la situazione sociale e politica di un Oriente sempre più vicino.
Da Parasite alla Korean Wave
Continuando in un certo senso la lezione di Parasite e del suo Oscar, ovvero la consapevolezza di poter realizzare un prodotto con una forte identità territoriale e nello stesso tempo conquistare un pubblico globale. Il film di Bong Joon Ho, ma anche Squid Game e prodotti simili fino quindi a I Binari Del Destino, hanno la capacità non banale di combinare con autonomia Asia e Occidente, e far valere questa contaminazione come vantaggio competitivo nei mercati internazionali.
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Le serie coreane rappresentano quindi per il pubblico (cinese e non) l’apertura di spazi d’immaginario impensati, mostrando come sia possibile accogliere la predominante cultura occidentale senza farsene passivi ricettori.
La conseguenza è che la specificità culturale del prodotto coreano (e quindi la sua rivisitazione della cultura di massa occidentale partendo dall’identità nazionale) è di aver incrociato elementi differenti in una sintesi non al ribasso, per omologarsi con facilità al gusto imperante, ma al rialzo con una persistente diversità, sempre visibile e salda all’interno di un linguaggio e di forme espressive comprensibili da parte del pubblico mainstream delle piattaforme come Netflix.
La serie è diretta da Kim Mun-kyo, prodotta da Studio S per SBS Tv. Tra gli interpreti troviamo Kim Hyun-joo come Kim Hye-joo (e Jung Yi-joo la interpreta da giovane), Park Hee-soon come Nam Joong-do, politico e marito di Hye-joo (e Kim Soo-oh è l’interprete per il passato), Kim Mu-yeol presta il volto a Jang Woo-jae, assistente senior di Joong-do.