I Ciarlatani: recensione della serie Netflix
Una comedy scontata e che purtroppo non riesce a mantenere una narrazione interessante.
Un gruppo di maghi da festicciole private è al centro di I ciarlatani una nuova serie colombiana targata Netflix. Juanquini, nome maldestramente assonante a Houdini, è il capo e il gestore della famiglia che costituisce lo strampalato team di maghi dal dubbio successo. Le abilità magiche della famiglia e di Juanquini sono a dir poco scadenti, tanto da tornare ogni sera a casa carichi di delusioni e fallimenti. Quando l’uomo riesce a realizzare un trucco spettacolare, però, gli eventi prendono una nuova piega: il mago fa sparire un boss malavitoso latitante proprio durante un blitz della polizia la quale, nonostante i presenti giurino di non sapere niente, non credono alla sua innocenza. Certi della complicità e dell’aiuto fornito al criminale, la polizia arresta Juanquini che deve quindi gestire con il supporto della sua famiglia la sua difesa, soprattutto quando iniziano a dargli la caccia e a chiederne l’estradizione anche i federali americani. Le indagini proseguono da parte di diverse prospettive, fino a che finalmente si giunge alla resa dei conti in cui si rivela che il vero mago non è chi si pensava.
I ciarlatani nella sua versione originale si intitola Chichipatos, aggettivo per definire una persona taccagna e spilorcia, ma anche per definire un oggetto di qualità scadente, economico. Questa accezione del titolo viene resa alla perfezione dai suoi protagonisti; si riconosce infatti nella famiglia di maghi questo spirito imprenditoriale amatoriale che li definisce nel loro modo di fare raffazzonato e poco efficace sotto molti punti di vista. Nella categoria “morale” di personaggi scadenti rientrano però non solamente i familiari al centro della scena, ma anche i poliziotti e gli altri nuclei di magici professionisti si dimostrano ognuno a suo modo incapaci di compiere il loro dovere in maniera efficiente, ma anche di seguire un semplice protocollo.
I Ciarlatani: una comedy senza umorismo
Se la caratterizzazione dei personaggi di I ciarlatani riesce a dare l’idea dell’atmosfera rocambolesca dell’intera avventura raccontata in questi otto episodi (dalla brevissima durata, tra l’altro), la qualità della narrazione non riesce a far trasparire la comicità sperata, che finisce cosí con il sembrare piuttosto raffazzonata e quasi amatoriale. Le performance attoriali degli interpreti sono perfette incarnazioni dei personaggi descritti dalle vicende, ma nelle loro interazioni complessive risultano poco organiche tra loro e con l’ambiente che li circondano. Tra i protagonisti di I ciarlatani possiamo citare Antonio Sanint, María Cecilia Sánchez e Mariana Gómez tutti volti già comparsi sugli schermi televisivi, soprattutto in America Latina, anche se erano rimasti sconosciuti al grande pubblico italiano ed europeo.
I reparti che riguardano gli aspetti più estetici della produzione mantengono un certo livello, che riesce a caratterizzare i personaggi e l’intera vicenda con i colori sgargianti e la musica vivace delle feste sui generis in cui si esibisce la famiglia di maghi. Per quanto riguarda invece sceneggiatura, fotografia e architettura generale della produzione, il ritmo serrato delle brevi puntate e la quantità enorme di parole pronunciate prendono il sopravvento. Cosí, fruendo di I ciarlatani in una relativamente rapida sessione di binge watching si rischia di arrivare alla fine della prima stagione come dopo una centrifuga, senza aver realmente preso parte alle vicende, che assumono la forma di una confusa festa continua nonostante i difficili momenti raccontati. Questa conformazione prende il sopravvento anche sulla linea comica che, già afferendo a una dimensione spettacolare lontana da quella italiana, resta molto legata alla sua origine geografica e non ha la capacità di superare i confini per convincere e, soprattutto, far ridere il pubblico nostrano.