I delitti del BarLume: recensione degli episodi Compro oro e A bocce ferme
I delitti del BarLume, la serie tratta dai romanzi di Marco Malvaldi, diretta da Roan Johnson e prodotta da Sky e Palomar, torna con due nuovi episodi su Sky e in streaming su NOW. Il primo episodio Compro oro è in uscita il 17 gennaio 2022, mentre il secondo, A bocce ferme, è disponibile dal 24 gennaio.
I nuovi due episodi de I delitti del BarLume: Compro oro e A bocce ferme
Lo schema dei due nuovi episodi di questa acclamata e fortunatissima serie è ancora una volta quello basico, che ci accompagna ormai da nove anni, che vede come protagonista Massimo Viviani (Filippo Timi) che riesce a risolvere i vari casi delittuosi che affliggono il paese toscano di Pineta, insieme alla Commissaria Fusco (Lucia Mascino) e soprattutto grazie alle preziose conversazioni (o “spillaccherate”, per usare il gergo toscano) con il gruppo dei vecchini, abituali frequentatori del suo Bar Barlume.
Nel primo episodio in uscita, Compro Oro, la vicenda del caso criminale di puntata si lega a doppio filo con le vicende personali del protagonista Massimo Viviani che, dopo una forzosa e poco felice convivenza pandemica con la Tizzi, ha intenzione di rivoluzionare il loro ormai finito rapporto, chiedendola in sposa. Decide quindi di comprarle un anello ma la Tizzi delude ogni sua aspettativa di riconciliazione. Quando Massimo, deluso e affranto, si reca dal gioielliere/compro oro per restituire l’anello, ha la spiacevole sorpresa di trovarlo morto e assassinato in una pozza di sangue. Viviani allora inizierà la sua consueta indagine sulla vicenda nella quale un certo grado di coinvolgimento avrà inusitatamente anche Emo, uno dei quattro vecchini abituè del Bar Barlume. Il Viviani però stavolta sarà continuamente distratto dalla sua gelosia per la Tizzi che sembra ben intenzionata ad accettare il corteggiamento di Beppe Battaglia. Alla fine i colpevoli verranno fuori con il valido aiuto della Commissaria Fusco. Il secondo episodio A bocce ferme tratta invece di un cold case. Durante la lettura del testamento di un illustre defunto, padre di un politico locale, si scopre un delitto compiuto molti anni prima e contemporaneamente si evolve l’intreccio amoroso fra Beppe Battaglia e la Tizzi, con grande dispiacere del Viviani.
I delitti del BarLume: un raro esempio di lunga serialità
Entrambi gli episodi ci confermano che ci troviamo di fronte a un raro esempio di lunga serialità che, invece di spengersi nella ripetizione noiosa e prevedibile, sembra crescere e arricchirsi e riesce perfino a migliorare nel tempo. La comicità irresistibile delle situazioni, delle gag e personaggi, supportata da un cast eccellente, attinge a piene mani a quel senso dell’umorismo tipicamente toscano che riesce a smitizzare tutto: anche la morte. Nell’ultimo episodio A bocce ferme infatti (senz’altro il più riuscito dei due) si parla di funerali e testamenti. Un facoltoso imprenditore locale, muore ma essendo anche un burlone della loggia del cinghiale, associazione di goliardi alla quale appartengono anche i quattro famosi vecchini del Bar Barlume, lascia un testamento quantomeno bizzarro e sarcastico in cui troviamo reminiscenze della commedia Amici miei. Nel testamento esprime infatti il desiderio di un funerale con gente vestita variopinta e di una festa in suo onore con tanto di banchetto luculliano e sottofondo canoro della nota hit benigniana “Tu c’hai le puppe a pera”. E non solo: come ultimo atto finale con un colpo di scena, fa uno scherzaccio macabro attraverso la lettura del suo testamento confessando un omicidio in ambito familiare di molti anni prima. Commedia brillante e thriller dunque in un mix che è veramente divertente perché l’umorismo si mischia felicemente alla tensione della suspence.
Non c’è un attimo di noia nel corso de I delitti del BarLume e tutto è intessuto perfettamente, grazie anche a un cast perfetto
Il regista Roan Johnsson attinge a piene a mani dagli insegnamenti dei migliori maestri della commedia nostrana, presenti e passati (da Monicelli a Virzì). E sfoggia una sua peculiare qualità personale: il ritmo. Non c’è un attimo di noia nel corso del racconto e tutto è intessuto perfettamente e la comicità dominante, nonostante il gergo toscanaccio non esattamente oxfordiano (a base di m’importaunasega, boia deh, etc), non è mai volgare né banale o fine a se stesso ma funzionale come contrappunto ironico del racconto. Un altro aspetto che determina il successo di questa serie è la sua solarità: il male viene sempre punito alla fine ma viene rappresentato e visto anche come debolezza umana e non demonizzato. In questo senso risulta azzeccatissima perfino la locandina del fumettista Giuseppe Bevilacqua che ribadisce questa solarità dominante.
Il cast è perfetto, amalgamato e affiatato e diretto magnificamente. Tutti bravi: dal quartetto portentoso dei vecchini, “i bimbi”, interpretato da Benvenuti, Marziali, Paganelli e Davini, ai protagonisti Timi, Fresi, Guidi, Guzzanti e comprimari. Lucia Mascino (la Commissaria Fusco) è eccellente nel descrivere una donna intelligente che usa l’ironia sarcastica per difendersi dall’inettitudine dei suoi colleghi, dalle continue avances ricevute nonché dall’ immancabile autorità maschilista incarnata dal Capo Questore Tassone.