Il Re: recensione della serie TV Sky con Luca Zingaretti
Il prison drama all’italiana di Sky Studios con Luca Zingaretti si preannuncia essere un successo, tra azione, psicologia e personaggi convincenti.
Il gioco di luci e ombre è una costante metafisica delle vicende seriali proprie del cosiddetto genere prison drama, incentrato su dinamiche coercitive e psicologiche artefatte. Il Re è la prima serie italiana di questo genere prodotta da Sky Studios, in onda in prima TV su Sky Atlantic il 18 marzo 2022 e sempre disponibile on demand sulla piattaforma NOW, per un totale di 8 episodi.
Luca Zingaretti torna a interpretare, nella serie diretta da Giuseppe Gagliardi e scritta da Stefano Bises, Peppe Fiore, Bernardo Pellegrini, Davide Serini, un uomo complesso e materico, affiancato da un cast formato principalmente da donne carismatiche come Isabella Ragonese, Anna Bonaiuto, Barbora Bobulova.
San Michele: il carcere come metafora della Legge nella serie TV Sky Il Re
Bruno Testori è il direttore del carcere di San Michele: un luogo di coercizione in cui non vige la legge dello Stato, ma quella del suo sovrano incontrastato. È lui che indirizza ogni azione interna alle mura del carcere, imponendo la sua soverchiante autorità attraverso la violenza e il timore. Ma Bruno è un uomo complesso, psicologicamente rotto: dopo il divorzio con la moglie Gloria e il passato doloroso dovuto alla malattia della figlia Adele, si dedica a atti illeciti all’interno del carcere insieme ad alcuni detenuti. Questo teatro di finzione e omertà cade quando un duplice omicidio interessa lo spazio sospeso tra legge fisica e metafisica: prima quello del comandante e migliore amico di Bruno, Nicola Iaccarino (Giorgio Colangeli), poi quello della spia interna Miroslav Lackovic (Ivan Franek).
Il Re incide la sua connotazione stilistica sull’artefatto: il carcere di San Michele è ricostruito a partire da due location differenti: da una parte il carcere di Civitavecchia, ormai in disuso, e quello di Torino, oggi sede di un museo. Il luogo dell’azione è implementato sullo scenario ambientale di Trieste, luogo limitare di confine, coacervo simbolico di convergenza tra culture. Anche la fisicità del luogo si impone metatestualmente come uno dei personaggi attivi, contenendo e al contempo esautorando le azioni e reazioni dei protagonisti.
Le inquadrature, costruite seguendo una conformazione architettonica formale basata sull’equilibrio di elementi del profilmico in grado di dare significato ed autonomia ad ogni singola porzione del testo filmico, si impongono per la loro chiarezza mascherata, chiaroscurale, rappresentante dell’intimità delle figure che si muovono al suo interno. La scelta di utilizzare determinate focali distorcenti il volto umano e palesando una chiara, quanto indeterminata reticenza a mostrare l’essenzialità del moto interiore del protagonista Bruno, indirizzato verso un meccanismo di totale mascheramento dell’intenzionalità.
Anche a livello narrativo ogni sequenza si impone per una coerenza diegetica che, accostandosi a quella estetica dà vita ad un’unità spaziale e temporale convenzionale e credibile. Ciò rende le prime due puntate di questo prison drama assolutamente avvolse da un impianto seriale ferreo e ingabbiato in una dimensione concatenante di eventi, perché si impongono per la loro autonomia narrativa quasi come un prologo necessario per la comprensione delle vicende successive. Il gioco di luci e ombre che caratterizzano l’incipit della nuova serie Sky è, dunque, necessariamente un autonomo caso di indipendenza formale, in cui azioni e reazioni preparano lo spettatore non solo al successivo dispiegamento di una struttura narrativa lineare e concretamente comprensibile, ma anche ad un approfondimento psico-sociale delle dinamiche intestine al carcere di San Michele e alla sua totale convergenza nella mente del personaggio interpretato da Luca Zingaretti.
Il Re e la nuova concezione post-strutturalista del Buono
Una violenza ingiustificata sembra cambiare e ribaltare l’ormai consolidata e pura concezione del ruolo narrativo e ontologico del Buono, rappresentato emblematicamente – e forse erroneamente – dalla valenza simbolica dell’ “uomo o donna di legge”. O che segue la legge dello Stato, potremmo dire alla luce della serie. Sembra, invece, che all’interno del carcere San Michele vi sia quasi un ribaltamento esplicito delle caratteristiche narratologiche proprie dello strutturalismo classico, seguendo invece più un’impostazione faucaltiana di ribaltamento di ruoli: ci si indirizza più verso una valenza oscura, piuttosto che benevola, della figura del poliziotto, della guardia, del dispensatore di legge.
Se è vero che nel cinema contemporaneo si assiste sempre di più alla figura dell’uomo di legge corrotto e violento, che si discosta dal suo ruolo socialmente riconosciuto, Bruno Testori si impone, come lui stesso afferma, come un uomo che segue la sua stessa Legge, quella morale, quella individuale ed edonistica nel vero senso del termine. E dunque si impone come un uomo coerente con il suo ideale di giustizia terrena, che lo eleva quasi a rappresentante morale di un’idea postmoderna di eroe complesso e drammatico, le cui azioni sono il riflesso del suo passato enigmatico, che si dovrà ancora scoprire nelle prossime puntate.
Il ritmo narrativo, nonostante gli eventi diegetici siano rallentati dai momenti di pathos e dalle sospensioni dialogiche, è molto scorrevole e non inciampa in formalismi inutili, esplicitandosi attraverso un montaggio che non indugia su elementi linguistici artefatti, ma si esplicita per la sua asciuttezza estetica e grammaticale.
Il Re e la figura femminile: condanna o redenzione?
L’enigma incrociato che prende forma nelle prime due puntate de Il Re funge emblematicamente da incipit per la rappresentazione della narrazione successiva, che si pensa possa riguardare lo sviluppo psicologico del personaggi di Luca Zingaretti e il suo percorso shakespiriano di redenzione o di fallimento. Il protagonista si presenta come un antieroe drammaticamente convincente grazie all’interpretazione di Zingaretti, che ancora una volta riesce a conferire tridimensionalità al suo personaggio, nonostante l’accanimento su una o pochissime espressioni recitative. Ma la pienezza del personaggio probabilmente è data dall’accostamento con i tre personaggi femminili secondari, tutte accumunate da una recitazione ponderata, espressiva, naturalistica: Sonia Massini (Isabella Ragonese), ufficiale del carcere San Michele e donna forte, forse indirizzata verso una repressione interiore di violenza pregressa; Gloria (Barbora Bobulova), ex moglie di Bruno e probabilmente causa di molte problematiche attuali del protagonista; il procuratore scelto Laura Lombardo (Anna Bonaiuto), che si interpone nella vicenda narrata come “cercatrice” dei segreti nascosti all’interno del carcere a seguito dell’omicidio del comandante amico di Bruno, e probabilmente un motivo di perdizione del protagonista nel futuro.
Le prime due puntate de Il Re si impongono per la loro fermezza di intenti e di chiusura di un cerchio irreale e simbolico che probabilmente ci porterà all’interno di un vortice discendente tra psicologismo implicito e dinamiche narrative distorte e decisamente attraenti.