Il Sarto: recensione della serie TV Netflix
Dal 2 maggio 2023 su Netflix Il Sarto, serie drammatica turca che cerca maldestramente di unire il nuovo mondo (la moda) con il vecchio (le tradizioni popolari e i matrimoni combinati).
Il Sarto, serie TV turca in sette episodi disponibili tutti a partire dal 2 maggio su Netflix, si apre con la lunga sequenza di una sfilata. La frenesia del dietro le quinte ci presenta il protagonista Peyami (Çağatay Ulusoy), indaffarato nel perfezionare al minimo dettaglio gli abiti da lui creati su modelle statuarie che sfrecciano frettolose e serissime in passerella. L’after di quell’elegante defilé è un party a casa dello stesso, dove invitati più o meno sconosciuti si appartano negli angoli dell’enorme villa per scambiarsi futili effusioni, bere alcolici, ballare distrattamente o consumare strisce di cocaina.
Sembra quasi di vedere una serie di oggi sul settore edonistico e superficiale della moda ad alti livelli, ma è giusto un’illusione, perché il ritorno a casa di Peyami dopo un lutto riporterà lui stesso e le nostre mal riposte aspettative in una storia antiquata tutt’altro che moderna.
Il Sarto: amori tormentati e padri negati
Costretto suo malgrado ad accogliere l’autoritaria nonna e il papà disabile Mustafa (Olgun Şimşek), affetto da un grave ritardo mentale e fisico che lo ha bloccato a un atteggiamento infantile in un corpo da adulto, il sarto di Istanbul è chiamato anche a confezionare l’abito del migliore amico Dimitri (Salih Bademci, molto meglio in The Club), un uomo che scopriamo essere ambiguo e crudele ai limiti del sadismo: chiude per ore in un baule la futura sposa Esvet (Şifanur Gül), nonché cugina non per vie di sangue, fino a farla svenire; la maltratta per il gusto di vederla in lacrime; la confina a schiava dei suoi schizofrenici cambi umorali privandola di ogni libertà.
Sta di fatto che Peyami, secondo tradizione, deve misurare fianchi e spalle della bella Esvet senza che i due si possano vedere, e tra una benda negli occhi di lui e un velo sul viso di lei, il tatto e lo sfiorarsi gli è sufficiente per provare qualcosa di proibito.
Ma non è finita qui: l’innamoramento vero e proprio avviene quando Esvet scappa dalle grinfie di Dimitri, si rifugia in casa di Peyami sotto falso nome per badare alle impegnative cure di Mustafa, e diventa, in finale tragico, la donna trofeo di due uomini che se la contendono. È insomma l’eterna lotta fra i buoni e i cattivi.
La (triste) sposa turca
Lo abbiamo ampiamente sperimentato con il successo del dramma In buone mani, fermo nella vetta dei più visti in Italia a marzo 2022 per diverse settimane; con la rom-com Tattiche d’amore con due super belli nazionali Demet Özdemir e Sukru Ozyildiz; oppure con il period drama The Club fatto uscire in due parti fra il novembre 2021 e il gennaio 2022: delle produzioni turche raramente si rimane folgorati, eppure in fatto di numeri ne escono sempre vincitori.
Il loro approccio al racconto audiovisivo sembra “fermo” infatti alla tradizione popolare e popolana dei classici melò sentimentali, distanti ancora molto dalla maturità sofisticata della scrittura (soprattutto seriale) a cui siamo ormai abituati. Nei titoli turchi Netflix già analizzati si avverte sempre un tentativo mai amalgamato di unire l’appeal contemporaneo (vedi sfilata iniziale) con gli usi e costumi puramente autoctoni, sia religiosi che relazionali (vedi il matrimonio combinato, le scene di danza e musica popolare) che sì, a quanto pare sembrerebbe il loro punto di forza per (ri)confermare la fedeltà di uno zoccolo duro di fan già amanti delle loro proposte, ma potrebbe anche risultare un muro insormontabile incapace di ingraziarsi altri spettatori.
Vecchio e nuovo mondo nella serie tv Netflix Il Sarto
Il conflitto interno di Peyami nel non accettare sin da piccolo la grave disabilità del padre, o la disumanità pericolosa dell’amico Dimitri, o ancora la figura vittimistica e piangente della povera Esvet, sono tutti spunti tematici che ne Il Sarto vengono sfruttati a cornice narrativa per aggiungere enfasi drammatica senza per questo essere mai pienamente integrati o indagati; usati per caratterizzare l’antagonismo dei due personaggi (e l’angelicità di lei) che si forma via via negli episodi sfociato infine nel duello vero e proprio.
È un mondo anacronistico che non si sforza poi più di tanto ad essere attuale, quello presentato nella serie di Onur Güvenatam, non tanto in senso specificatamente personal-familiare che circonda la vita del qui protagonista, ma quello piuttosto di messa in scena, di profilo attoriale congelato nel primo piano intenso e nel gesto estremo da scena madre, nella musica melensa e nella formazione perenne e sempre travagliata di un amore destinato a non consumarsi mai. O almeno fino al rinnovo per un’altra stagione.