Insatiable: recensione della serie TV Netflix
Un debutto da dimenticare, quello della serie Netflix Insatiable, accusata di fat-shaming, ma con ben altri problemi per le mani. Ecco la nostra recensione
Qual è quella cosa della quale non ne avreste mai abbastanza? Di cosa siete insaziabili? Cibo, sesso, droga, alcool, sigarette, shopping, gioco d’azzardo… serie tv? In Insatiable – la nuova serie TV Netflix che esplora i meandri dell’ingordigia (in tutte le sue forme) – ci sono tutti con un’aggiunta alquanto peculiare: la vendetta. Perché se è vero che è un piatto che va servito freddo, una cosa è sicura: è anche cibo perfetto per un ristorante All You Can Eat.
Insatiable è stato al centro dell’attenzione per qualche giorno a causa di un acceso dibattito nato dal primissimo trailer diffuso dal servizio streaming della serie, che potete vedere qui sotto. L’atteggiamento nei confronti della protagonista – una ragazza molto in sovrappeso che, in seguito alla rottura della mandibola, perde parecchi chili e diventa una “reginetta di bellezza” pronta a vendicarsi nei confronti di chi l’aveva bistrattata – è definibile come fat-shaming? La serie denigra davvero le persone sovrappeso inquadrandole in stereotipi e offese gratuite?
La risposta è sì. Ma in fondo Insatiable ci marcia sugli stereotipi e sulle offese gratuite. Perché il filo rosso della serie sono le dipendenze, le “insaziabilità” che contraddistinguono le categorie più disparate, nelle maniere più diverse. C’è il fat-shaming, c’è misoginia, razzismo, c’è omofobia e ci sono i rispettivi meccanismi di accettazione. In Insatiable ci sono i disturbi alimentari e ci sono gli accaniti sostenitori del “curvy è bello”. C’è l’orripilante mondo dei concorsi di bellezza, ma ci sono buone dosi di Girl Power. Ci sono tutte le etnie, spesso private di caratterizzazioni. C’è persino un percorso di scoperta e accettazione di una ragazza lesbica.
Insatiable: il politicamente scorretto, ché più mainstream non si può. Recensione della serie Netflix
Insomma, Insatiable ci prova davvero a camminare sulla linea del politicamente scorretto e del mainstream e, tenendo i piedi in dieci, undici scarpe, ci riesce (tanto che è inevitabile pensare che l’ondata di fat-shaming dei giorni scorsi non fosse altro che una mossa del furbissimo Netflix per far parlare di un prodotto fino a quel momento assolutamente ignorato dal pubblico). La cosa grave è che nemmeno per un minuto veniamo persuasi dall’idea che di Insatiable ci fosse davvero bisogno. Non basta innalazarsi a paladini della diversità per meritarsi un posticino nella lista delle serie da vedere in questa stagione estiva.
Insatiable è noioso, ripetitivo, ridondante. Il pensiero che il tempo che gli stiamo dedicando, potremmo volgerlo a cose molte più costruttive (come guardare un’altra serie), emerge più spesso di quanto – probabilmente – Netflix aveva calcolato ed è molto probabile che lo show si unirà prestissimo al cimitero delle prime stagioni che non sono state rinnovate. E non ne sentiremo la mancanza.
Insatiable: una scrittura banale e stucchevole. Recensione della serie Netflix
Insatiable è scritto malamente, con pochissima coerenza. Il percorso dei personaggi, la loro trasformazione sembra una farsa, caratterizzato da false partenze e inversioni di marcia molto poco richieste. Insatiable non ingrana mai, nemmeno quando le svolte sembrano accumularsi l’una sull’altra. A giocare tristemente a suo sfavore c’è un cast che non avrebbe potuto essere meno interessante di così. La sua protagonista è un’insignificante Debby Ryan (Ogni giorno), che interpreta la nuova-magra Patty: un personaggio insipido, che dobbiamo sforzarci per apprezzare e che la serie non esita a spingerci giù per la gola.
Il fulcro della black comedy sembra essere Bob Armstrong – interpretato da Dallas Roberts (Dallas Buyers Club) – un avvocato/consulente per reginette di bellezza, che sembra sempre e costantemente una caricatura di non si sa bene cosa. Tratto che sembra caratterizzare un po’ tutti i protagonisti. Cosa voleva dimostrare Insatiable dipingendo in questo modo i suoi personaggi? Dove voleva arrivare? Un cosa è certa, qualunque fosse l’intento il risultato è banale e stucchevole: un debutto da dimenticare.