Iwájú: City of Tomorrow – recensione della prima serie animata Disney+

Un racconto piacevole e che tiene col fiato sospeso.

C’era una volta una ragazzina, Tola (con la voce di Simisola Gbadamosi, nella versione originale), che vive in una Lagos del futuro, dai colori fluo e dove circolano automobili volanti. Lei vive nella zona più benestante della città, ha un papà, Tunde (con la voce di Danyo Okeniyi nella versione originale), e un amico che fa i lavori a casa loro, si chiama Kole (con la voce originale di Siji Soetan), è un ragazzino proprio come lei, è un genio tecnologico autodidatta, ma visto che è povero, è alle dipendenze del padre della ragazzina. Questo è Iwájú: City of Tomorrow, la nuova serie d’animazione, composta da sei episodi, firmata Disney+, creata da Olufikayo “Ziki” Adeola (il regista e sceneggiatore della serie), Hamid Ibrahim (il production designer) e Toluwalakin “Tolu” Olowofoyeku (colui che per lo show ha rivestito il ruolo di consulente culturale), diretta da Megan Harding e prodotta da Amy Astley e Beth Hoppe. La serie racconta l’avventura di una ragazzina, accompagnata da un piccolo gruppo di personaggi, che mentre sta crescendo scopre tantissimi misteri, curiosità e cose nuove.

Iwájú: City of Tomorrow. Tola, una Lagos del futuro e una tecnologia all’ennesima potenza

Iwájú significa “il futuro” nella lingua yoruba dell’Africa occidentale e non è un caso che tale concetto faccia parte del titolo di questa seria d’animazione ed è concetto specifico dell’afrofuturismo. Per questo motivo la storia si svolge in una futura Lagos che abbraccia i progressi tecnologici ma riesce anche a mantenere un solido senso di identità e tutto passa attraverso la giovane Tola. Tola è immersa in questo futuro, lei proviene da un ricco sobborgo dell’isola eppure le manca molto il padre che è imprenditore tecnologico di successo, spesso impegnato anche quando è presente. Può bastare? A Tola no, lei ha bisogno di avere un rapporto più stretto con suo padre che è così intento a costruire/plasmare questo nuovo mondo ma poco a costruire il rapporto con sua figlia. “La tecnologia offre opportunità”, questo è certo, ma a discapito di cosa? L’intelligenza artificiale e la tecnologia blockchain hanno lo scopo di cercare di sradicare la criminalità e trasformare Lagos in un’utopia.

Iwájú: City of Tomorrow. Un racconto sulla disparità economica e sull’amicizia

Questo luogo immaginato e costruito ha molti pregi ma è anche difettoso proprio come qualsiasi altra città: le opportunità non si sono estese all’intera popolazione infatti il migliore amico di Tola, Kole (Siji Soetan), è un prodigio tecnologico autodidatta, ma lui e la sua famiglia faticano ad arrivare a fine mese. Tola e Kole vivono vite molto diverse eppure riesco nei ritagli di tempo a giocare insieme, a passare del tempo tra sogni e giochi. La ragazza vorrebbe vedere il mondo al di là di quella gabbia dorata in cui è stata cresciuta ed è quasi rinchiusa – il padre le ripete di non abbandonare la casa perché potrebbe essere pericoloso – e il ragazzino invece vorrebbe poter avere le possibilità dell’amica per poter progettare il suo futuro in grande. Iwájú: City of Tomorrow è un racconto sulla disparità economica, sulle ingiustizie in cui spesso l’essere umano vive, ma anche sull’amicizia che va al di là di qualsiasi regola e imposizione sociale. Tola solo grazie all’amicizia con Kole e alla conoscenza di Otin, l’animale robotico che le è stata dato dal padre per capire se sia davvero cresciuta e per controllarla, inizierà a vedere oltre quelle mura meravigliose ed anche asfittiche.

Inevitabilmente anche in questo mondo esiste il male, nonostante si cerchi di fermare la sua esondazione, questa volta il villain è Bude DeSousa che dà crudelmente speranza alle persone e usa ciò a suo vantaggio. Saranno i perfidi progetti di Bude a collidere con il viaggio di formazione di Tola e a questo punto per tutti arriva il momento di crescere e di evolversi.

Il rapporto padre e figlia come miccia per iniziare il viaggio

Iwájú: City of Tomorrow porta al centro il rapporto padre-figlia. Tola e Tunde sono molto distanti all’inizio della serie, si conoscono poco, non riescono a parlare la stessa lingua o meglio non riescono a tradurre il codice dell’altro. Tola vorrebbe entrare nella sfera del padre ma quest’ultimo è troppo impegnato a fare, a pensare, a creare e a costruire, solo nel momento in cui sua figlia, nel peregrinare e scoprire, viene rapita dal cattivo, capisce cosa abbia perso fino ad ora.

La struttura della miniserie ricorda molti dei film d’animazione Disney, Aladdin, Rapunzel, La sirenetta nonostante l’ambientazione per certi versi nuova: Tola ha tutte le caratteristiche di una principessa Disney dei giorni nostri, è sveglia, coraggiosa, non è figlia di un re, ma di un ricco inventore che lavora per una delle maggiori compagnie tecnologiche del paese, è testarda, intraprendente e ha voglia di ribellarsi alla rigida e iperprotettiva educazione paterna. Si mette in discussione, capisce i suoi sbagli ed è capace di comprendere l’altro facendo un passo indietro.

Iwájú: City of Tomorrow – valutazione e conclusione

Iwájú è una serie intrinsecamente e orgogliosamente africana con un focus speciale sulla ricca città di Lagos. La forza della serie sta proprio nella sua protagonista e nel suo miglior amico, in questi ragazzini che sono capaci di grandi gesti. Di episodio in episodio chi guarda viene portato dentro la città e nelle esistenze dei personaggi, infatti ogni episodio ha come titolo il nome del personaggio per spiegare meglio passato e presente che collegano i punti dietro motivazioni e aspirazioni.

Non si può parlare di una serie animata che cambia le carte in tavola, ma di un racconto piacevole che mostra un viaggio dell’eroina coerente e che tiene con il fiato sospeso. Non si tratta di uno show senza difetti, infatti uno spettatore abbastanza attento può essere capace di tracciare il percorso e le storie dei vari personaggi e non siamo di fronte ad una narrazione sperimentale

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

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