Jack Ryan – Stagione 4: recensione della serie Tv con John Krasinski
Jack Ryan 4, l'ultima stagione della serie Tv con John Krasinski nata dalla penna di Tom Clancy, è su Prime Video dal 30 giugno 2023. Spy story sempre in bilico tra misteriose cospirazioni, complessità morali e colpi di scena.
Jack Ryan, con la stagione 4 – quella conclusiva, ma sappiamo bene quanto valga la parola fine per l’industria dello spettacolo americano – 6 episodi a partire dal 30 giugno 2023, due a settimana per arrivare al gran finale il 14 luglio, è finalmente su Prime Video. Il titolo per la verità sarebbe più lungo e pretenzioso, Jack Ryan di Tom Clancy, per non dimenticare che il personaggio nasce dalla penna e dalla fervida fantasia, thriller – spionistica, dell’autore americano. La serie Tv, nel 2018 la prima stagione accolta dal plauso concorde di pubblico e critica, è il perno del cosiddetto Ryanverse, il franchise drammatico politico costruito attorno al personaggio e sviluppato su ogni pattaforma disponibile, si tratti di romanzi, cinema, streaming, videogiochi. Creata da Carlton Cuse e Graham Roland, a dar voce, corpo e anima al protagonista è ancora una volta il solido e accessibile carisma di John Krasinski.
Jack Ryan 4: stavolta la cospirazione è molto vicina a casa
In qualità di vicedirettore ad interim della Cia, Jack Ryan (John Krasinski) fa quello che ha sempre fatto, sarebbe a dire rimettere a posto le cose. Lo sorregge una lucida intelligenza, la consapevolezza che i problemi da affrontare sono tanti e spesso nascosti nell’ombra, oltre a uno smisurato senso del dovere. Stavolta la cospirazione è delle più insidiose, perché è letteralmente dentro casa. La terza stagione si era conclusa con l’intervento provvidenziale di Ryan e di James Greer (Wendell Pierce) che salvano il mondo da uno spaventoso incubo nucleare. Elizabeth Wright (Betty Gabriel) è diventata direttrice della CIA e il suo obiettivo, con l’ausilio di Jack, è raccogliere i cocci dell’agenzia e restituirle un volto umano (e meno corrotto), specialmente dopo la pessima direzione di Thomas Miller (John Schwab).
Miller ha lasciato in sospeso un alto numero di operazioni, la più pericolosa e misteriosa delle quali è l’ Operazione Plutone. All’inizio di Jack Ryan 4, in realtà, l’attenzione del protagonista e della direttrice Wright è dirottata altrove, sull’incursione di un gruppo militare, forse americano, a Lagos, la capitale della Nigeria, che ha portato all’uccisione del Presidente. Convocato al Senato da una commissione appositamente costituita, Ryan non è in grado di confermare l’effettivo coinvolgimento del controspionaggio americano nel delitto. Neanche può provare che la CIA sia vittima di una trappola dalle conseguenze (geopolitiche) catastrofiche. La morale della favola, in Jack Ryan 4, è che le sfumature contano, specialmente in un’agenzia che interpreta in modo molto flessibile il concetto di sicurezza nazionale.
Con il tempo, l’incidente nigeriano e i misteri dell’operazione Plutone convergono, non è una sopresa, arrivando a dipingere uno scenario anche più fosco di quello previsto all’inizio: una pericolosissima sinergia tra terrorismo internazionale e traffico di droga, che espone gli angoli più vulnerabili del sistema di sicurezza USA. Per tirarsi fuori dai guai e mettere al sicuro gli interessi del popolo americano, Jack Ryan può contare, oltre che sulla direttrice Wright e l’immancabile Greer, sul conforto della compagna, la rediviva dottoressa Cathy Mueller (Abbie Cornish). E su Mike November (Michael Kelly). Insperato, ma ben accetto, è il contributo di un infiltrato CIA dal letale modus operandi, a sua volta elemento chiave del Ryanverse, che si chiama Domingo Chavez (Michael Peña).
Una stagione costruita sulla ricerca di un equilibrio sottile
Muscolare, adrenalinica ma con un’anima, Jack Ryan 4 è una serie (una stagione, più corretto) costruita su un sottile equilibrio, innestato su più livelli. Equilibrio tra gli Stati uniti e il resto del mondo, l’austero fascino dei palazzi del potere e le location esotiche. Tra terrorismo e traffico di droga, qui si scomodano la Triade del Loto Argenteo in Myanmar e il Cartello Messicano. Tra il grigiore e i compromessi della politica e la drammatizzazione (volutamente esasperata) di conflitti, complotti e congiure, a uso spettacolare e per la piena soddisfazione del pubblico. Tra vita privata e lavoro; l’idea è di allargare lo sguardo oltre il recinto del thriller politico standard, per puntare i riflettori sul lato oscuro della luna. Sarebbe a dire, i compromessi e i dolorosi sacrifici associati a una vita sul campo, in difesa di democrazia e libertà. Un versante coperto dall’arco narrativo di Wendell Pierce: il suo Greer è al fianco del protagonista e contemporaneamente impegnato nel tentativo di ricostruir una vita familiaere compromessa dalla fedeltà all’agenzia.
Vale anche per Abbie Cornish e la sua Cathy; il personaggio ritorna dopo una lunga assenza e meritava più spazio in questa quarta stagione; non passa comunque inosservata e ci consente di saperne di più sul privato del protagonista. Se c’è una cosa, almeno all’inizio, che Jack Ryan 4 non tenta in nessun modo di bilanciare, è la questione etica. Nessuna cesura netta tra bene e male, tra giusto e sbagliato. La vita e la politica americana rilette come una poltiglia di zone d’ombra, compromessi discutibili e colpi di scena sanguinolenti. Spetta alla bussola morale di Jack Ryan rimettere a posto le cose, tracciando la linea di demarcazione tra ciò che è accettabile da ciò che non lo è. Con pazienza, coraggio e il proverbiale senso del dovere.
Al di là della cornice di genere e della spettacolarità esplosiva, Jack Ryan 4 è un viaggio esistenziale, la ricostruzione di un’anima lacerata e compromessa, quella dell’America contemporanea. Un disperato bisogno di ritrovare la strada di casa e per riuscirci serve l’aiuto di uno che ha saputo non perdersi. Mantenendo, nonostante tutto, la necessaria lucidità morale. C’è ancora chi sa distinguere il bene dal male. In questo senso, il casting ha fatto davvero la differenza. La solidità dell’operazione (seriale) Jack Ryan sta certo nel tempo concesso a John Krasinski; quattro stagioni bastano e avanzano per “abitare” il personaggio. C’entra anche la lungimiranza di chi ha saputo intuirne la versatilità. Nelle corde dell’attore americano c’è la capacità di bilanciare la verve umoristica (The Office) con una forte credibilità drammatica/action. A Quiet Place l’aveva suggerito in maniera forte, Jack Ryan 4 lo conferma.
Jack Ryan 4: conclusione e valutazione
Jack Ryan 4 è intrighi politici, azione e violenza, fotografia cupa e rigorosa, suggestioni (e location) esotiche, morale opaca, colpi di scena. Il format, replicato di stagione in stagione senza sostanziali modifiche, è croce delizia per la serie: gli ultimi sei capitoli possiedono la solidità di un discorso avviato da tempo, quello che manca è semmai l’originalità, il lampo audace che scardina e riscrive le regole del gioco. Magnetico ed efficace Michael Peña; se i piani alti lo vorranno, il futuro del Ryanverse passa anche da lui.