Jeffrey Epstein: soldi, potere e perversione, recensione della docu-serie Netflix
Una serie in quattro episodi disponibile su Netflix ricostruisce, grazie agli interventi delle vittime, il sofisticato metodo con cui Jeffrey Epstein reclutava minorenni di cui abusare sessualmente.
Jeffrey Epstein ha una passione ricambiata per i numeri e un carisma a quanto pare irresistibile. Grazie a queste due doti riesce, appena ventunenne e nonostante non possieda alcuna laurea, a farsi assumere come insegnante di matematica e fisica alla Dalton, scuola privata ed ultra-esclusiva dell’Upper East Side newyorchese. Scoperto privo di titoli, confessa, spiazzando tutti, di averlo fatto per conquistarsi una chance, per riscrivere un destino già segnato dalla sua oscura provenienza sociale. Eppure non stiamo parlando di un simpatico mascalzone, ma di uomo che si dimostrerà impenitente e che, nel giro di pochi anni, si arricchirà in modo tanto vertiginoso quanto intrigante, occupandosi di trading in opzioni e tessendo una fitta trama di contatti con personalità prestigiose dei più disparati ambiti della società, dall’imprenditoria alla politica, dal mondo dell’arte a quello dell’accademia.
Figura enigmatica del jet-set internazionale, neo-incarnazione di un Gatsby reticente e non particolarmente mondano – detesta cenare fuori casa – di cui tutti, però, hanno sentito parlare almeno una volta pur senza saperne circoscrivere né luogo né tempo, Epstein è seducente proprio per il modo con cui riesce a calibrare mistero e popolarità nonché per le sue spiccate capacità manipolatorie. Il documentario che Netflix ha commissionato a Lisa Bryant, Joe Berlinger e James Patterson prova a ricostruire con rigore il ritratto di un self-made man ammirato, pieno di amicizie influenti con industriali e teste coronate, un magnate che, per anni, nell’indifferenza generale, ha reclutato minorenni per abusarne sessualmente o, in caso non fosse possibile, per utilizzarle a loro volta come recruiter di altre ragazzine di cui servirsi per soddisfare i più vari appetiti erotici. Complice di questo piano criminale la sua compagna Ghislaine Maxwell, una rampolla inglese colta ed estroversa, apparentemente amabile, a tal punto invischiata in rapporto di dipendenza con Epstein da mediare tra lui e le sue giovani vittime pur di accontentarlo e continuare, così, a cullare l’illusione di diventare un giorno sua moglie.
Una serie Netflix ricostruisce il caso Jeffrey Epstein, dando la parola alle vittime
Il documentario, scandito da quattro episodi non del tutto agili per via della densità dei loro contenuti e della ripetitività in cui inevitabilmente incappa l’impostazione a catena delle interviste alle vittime, ha il grande pregio di avvitare l’esplorazione di un cuore di tenebra, quello di Epstein, a una rappresentazione più ampia del contesto in cui l’impunito businessman, morto suicida in carcere lo scorso anno, ha operato, restituendoci un’analisi sistematica di una parte della società americana che, in virtù della sua spropositata ricchezza, è finita per credersi onnipotente, sigillata in un olimpo di intoccabili in cui è lecito e privo di alcun costo morale lo spalleggiarsi e il coprirsi a vicenda le peggiori nefandezze. La scelta delle ragazze da parte di Epstein non era, infatti, casuale: certo, gli piacevano minorenni, meglio ancora se con l’apparecchio ai denti, ma, al di là dei feticci, l’uomo aveva un vero e proprio fiuto per le vulnerabilità. Cecchino di fragilità sociali e psicologiche, Epstein individuava le prede all’interno di famiglie disastrate, economicamente bisognose, magari tra adolescenti già vittime nell’infanzia di maltrattamenti, negligenze, abusi fisici o verbali.
Emerge senz’altro, dalla sua totale incapacità di provare empatia o rimorso, il quadro di una personalità psicotica, affetta da un disturbo narcisistico maligno, ma la miscela esplosiva che conduce alle azioni delittuose risulta dalla combinazione tra la devianza psicologica e le illimitate disponibilità economiche in un ambiente che nutre per i soldi la venerazione più resistente. Come mostra anche una serie in poco tempo divenuta di culto come Tiger King, la malattia mentale trova il suo terreno ideale in ambienti che, anziché cercare di comprenderla e di curarla, ne sembrano affascinati, quasi fosse il sintomo di un grandioso eccesso a cui è in ogni caso lecito aspirare, nella logica propriamente americana che l’esistenza gradassa o sopra le righe, traboccante di soldi o privilegi più o meno esibiti, in ogni caso eccedente rispetto ai ranghi dell’ordinario, è degna sempre e comunque, nonostante siano immani e tragiche le spese per condurla fino ai suoi estremi.
Jeffrey Epstein: soldi, potere e perversione è disponibile dal 27 maggio 2020 su Netflix.