Jodie, il prescelto: recensione della serie TV Netflix
La recensione dell’adattamento seriale della graphic novel di Mark Millar e Peter Gross pubblicata anche in Italia col titolo American Jesus. Dal 16 agosto 2023 su Netflix.
Mark Millar non avrebbe bisogno di presentazioni. Quale sia il suo contributo alla causa e alla storia del fumetto è risaputo, motivo per cui non occorre entrare nel merito così da non sottrarre tempo al lettore di turno. Tuttavia bisogna ricordare come molte delle sue opere, tra cui Kingsman, Kick-Ass, Wanted, Old Man Logan, Superman: Red Son e Civil War, sono divenute la materia prima per la realizzazione di film e serie tv. Tra le ultime a passare dalle tavole allo schermo ci sono le trasposizioni seriali di Jupiter’s Legacy e Super Ladri, prodotte da Netflix dopo che il colosso dello streaming a stelle e strisce ha acquistato nel 2017 Millarworld, il multiverso narrativo voluto dall’artista britannico per dare una seconda vita audiovisiva alle sue creazioni. In entrambe le occasioni però i risultati non sono stati all’altezza delle aspettative, tant’è che la prima è stata giudicata un insuccesso e di conseguenza cancellata. Questo però pare non avere scoraggiato l’autore e la grande N che hanno deciso di riprovarci con un altro pezzo da novanta della produzione millariana, ossia la trilogia di American Jesus. Il primo volume della graphic novel firmata a quattro mani con Peter Gross, pubblicata da Dark Horse nel 2004 e più di recente da Image Comics, ha così dato origine alla stagione inaugurale in sei episodi (da 45 minuti circa cadauno) dal titolo Jodie, il prescelto, rilasciata dalla piattaforma statunitense il 16 agosto 2023.
Jodie, il prescelto rappresenta una buona e più che incoraggiante partenza per una futura trilogia
L’intenzione è dunque quella di portare sullo schermo l’intera trilogia con altrettante stagioni. Con questi chiari di luna, che vede moltissime serie naufragare poco dopo avere lasciato il porto, non sarà facile. I precedenti tra l’altro non remano a favore, eppure questa volta Millar & Co. sembrano avere le carte in regola per risalire la corrente e portare a termine l’attraversata. Jodie, il prescelto rappresenta infatti una buona e più che incoraggiante partenza, con il lavoro di riscrittura operato da Leopoldo Gout e Everado Gout che ha dato i suoi frutti. Alcuni cambiamenti rispetto alla matrice, a cominciare dallo spostamento dell’ambientazione dagli Stati Uniti al Messico, per la precisione a Santa Rosalia, nella Bassa California del Sud, ha dato una spinta propulsiva dal punto di vista narrativo al plot e ai suoi personaggi. La scelta di geolocalizzare la storia del protagonista, un dodicenne di nome Jodie che dopo essere sopravvissuto a uno strano incidente scopre di poter compiere miracoli come Gesù, in uno dei Paesi più cattolico-cristiani del Mondo, per di più animato da una comunità tanto fervente, rende il tutto ancora più credibile ed efficace drammaturgicamente ed esteticamente. Il ché è già un punto a favore della serie, che ha potuto così contare su un ingrediente in più rispetto alla graphic novel. In tal senso, lo spostamento topografico ha accentuato ulteriormente l’elemento mistico, spirituale e religioso che era alla base del fumetto, dando all’adattamento una forza maggiore sia sul piano della scrittura che della messa in quadro.
In Jodie, il prescelto il fantastico si mescola senza soluzione di continuità con i temi e gli stilemi del coming-of-age
Non è la prima volta che si mostrano le (dis)avventure terrestri di una reincarnazione di Gesù Cristo o di qualcuno dotato dei suoi stessi poteri, compresi quelli di compiere miracoli come trasformare l’acqua in vino, far camminare gli storpi e persino resuscitare i morti. La stessa Netflix nel 2020 aveva proposto ai suoi abbonati qualcosa di analogo con la serie creata e prodotta da Michael Petroni dal titolo Messiah, anch’essa suo malgrado cancellata dopo una sola stagione. Ci sono poi film come The Girl Who Believes in Miracles di Rich Correll, Il miracolo di Edoardo Winspeare o Una settimana da Dio di Tom Shadyac che, pur percorrendo traiettorie diverse, hanno comunque mostrato cosa può accadere al nostro pianeta in caso della discesa di un nuovo messia. Millar lo ha fatto attribuendo i suddetti poteri a un adolescente incapace di controllarli o quantomeno di utilizzarli per qualcosa che inizialmente non fosse per il suo tornaconto personale. Mentre i leader evangelici e yaquí della città in cui risiede cercano di convincerlo a usarli per salvare l’umanità, Jodie vuole infatti solo fare colpo sulla ragazza che gli piace e opporsi ai suoi bulli. Materia perfetta quanto classica per alimentare qualche capitolo di un romanzo di formazione con protagonista un adolescente alle prese con gli amori, i tormenti, le gioie e i conflitti tipici di un coming-of-age. Il tutto mentre il diretto interessato lotta – e alla fine viene a patti – con il suo destino, dopo avere scoperto la verità sulla sua identità. Una verità che si dimostrerà essere ben diversa da quella che si è ipotizzata nel corso dei sei episodi. Ma non saremo di certo noi a rivelarvela, ma gli ultimissimi minuti dello show. Anche perché lo stesso Millar sui suoi canali social ha chiesto espressamente a chi ha visto la serie di non farlo per non rovinare la sorpresa ai futuri spettatori, di certo non a chi è arrivato alle pagine conclusive del primo dei tre volumi di American Jesus che già la conosce.
Un prodotto cinetico e pop che riesce a intercettare un pubblico di appassionati piuttosto eterogeneo
Per il resto, i temi immancabili e imprescindibili del romanzo di formazione si mescolano senza soluzione di continuità con l’elemento fantastico dando così forma e sostanza a quello che tecnicamente si potrebbe classificare come un superhero-movie, un filone chiave del cinecomics. Jodie, il prescelto ne fa parte integrante per caratteristiche e modus operandi, nonostante alla base del racconto vi sia una fortissima componente cristologica e religiosa, piuttosto che un super-potere acquisito o di natura genetica. Millar prende in prestito temi e stilemi di entrambi i filoni per poi consegnare agli autori della serie un prodotto cinetico e pop che riesce a intercettare un pubblico di appassionati piuttosto eterogeneo. Dal canto suo lo sceneggiatore e regista messicano Everado Gout, non nuovo a prodotti simili votati all’intrattenimento come Caleidoscopio, Luke Cage e La notte del giudizio per sempre, ci ha messo del suo sfruttando al meglio le potenzialità del racconto, del personaggio di Jodie (qui interpretato da un convincente Bobby Luhnow) e dell’ambientazione messicana, spingendo moltissimo su una regia di fortissimo impatto visivo, dove le soluzioni sia tecniche che estetiche da lui escogitate (compreso l’utilizzo del 4:3) contribuiscono a rendere il tutto molto coinvolgente.
Jodie, il prescelto: valutazione e conclusione
Everado Gout adatta per lo schermo il primo dei tre volumi che compongono la graphic novel American Jesus di Mark Millar e Peter Gross, apportando delle modifiche strutturali e ambientali che rendono la serie in sei episodi dal titolo Jodie, il prescelto ancora più coinvolgente dell’originale. La scelta di spostare l’azione dagli Stati Uniti al Messico si è rivelata una mossa vincente, diventando così uno dei valori aggiunti, oltre alla regia e alla performance del giovane e promettente Bobby Luhnow nei panni del protagonisti, di un’opera alla quale si spera si dia una continuità.