Katla: recensione della serie islandese Netflix
Da oltre un anno il vulcano Katla è impegnato in una lentissima e potente eruzione: la cenere nera e il fumo continuo avvolgono Vik, il paese alle sue pendici, provocando il suo progressivo spopolamento e la dichiarazione di area ristretta, a cui possono accedere solo i pochi abitanti rimasti e visitatori dotati di speciali permessi. In questa atmosfera plumbea, alcuni studiosi cercano di analizzare i dati provenienti dai crateri e dalla cenere, non trovando però riscontro con le loro aspettative scientifiche. A complicare ancora di più la situazione, dalla cenere del vulcano iniziano a comparire persone letteralmente ricoperte di una coltre nera, ognuno di loro pronto a far tornare a galla vicende del passato e segreti di famiglia, mentre il calore del vulcano sta facendo sciogliere i ghiacciai, permettendo a vecchi oggetti di riemergere dal gelo. Tutte le persone e gli oggetti ricomparsi hanno in comune il fatto che non dovrebbero essere lí e che sui loro volti non sembra essere passato nemmeno un giorno, perché creduti morti o semplicemente in un altro paese.
Katla: oltre le ceneri del vulcano
Katla propone scenari onirici e thriller, mescolando il crepuscolo costante che avvolge la cittadina a delle trame investigative, che cercano di capire qualcosa di più di quanto sta accadendo all’interno del vulcano. Vik e la sua popolazione, ormai sopiti nell’abitudine degli effluvi dell’eruzione, sono costretti a risvegliare i loro sensi di difesa, dovendo venire a capo di questo grande mistero senza destare troppo clamore all’esterno della loro stessa comunità. Solo la caparbietà di alcuni scienziati fa emergere dai ghiacci altre complesse verità per dare un senso plausibile a tutto quanto sta accadendo.
Katla: un racconto claudicante che respinge e attrae allo stesso tempo
Katla è disponibile su Netflix con tutti i suoi otto episodi che scorrono lenti, esattamente come l’eruzione del vulcano, creando un ritmo sinergico tra narrazione e fatti narrati che permettono di percorrere tutta la storia senza che nessun dettaglio rimanga inesplorato. Se da un lato l’affiliazione del pubblico ne risente, complice anche un accompagnamento musicale spesso poco incisivo, dall’altro lato aumenta la sensazione di appartenenza degli spettatori stessi, lasciando il tempo ai nostri occhi di posarsi su ogni dettaglio che potrebbe essere utile alla risoluzione dei tanti misteri. In questo modo Katla mescola vari generi filmici, spaziando dal thriller allo sci-fi, fino a toccare il dramma familiare in tutti quei passaggi che rimettono in contatto gli abitanti di Vik con il loro passato individuale e comunitario.
Tutto quanto spinge verso un’evidente marcatura dell’alienazione che vige sul territorio di questo vulcano, sottolineando continuamente quanto questa zona sia avulsa dal mondo esterno, sia a livello geografico che emotivo, lasciando infatti che le emozioni dei personaggi siano trasmesse più dall’atmosfera circostante che non dai loro stessi volti. In questo modo si crea un’entità unica e ben saldata tra abitanti del luogo e il loro vulcano, che da sempre li accompagna e che ha, evidentemente, plasmato nel profondo le loro vite. Tutto inizia ad avere un senso negli ultimi due episodi, anche questo incedere lento e claudicante del racconto, anche se è vero che tra tutti quelli che cominciano la serie non saranno molti quelli che non si faranno scoraggiare dalla lentezza iniziale per arrivare fino in fondo. In questo rapporto affascinante da un lato e respingente dall’altro, lo spettatore può trovare completa soddisfazione solo arrivando al finale, anche se, come detto, arrivarci non è per niente scontato.