Killer Sally: recensione della miniserie Netflix di Nanette Burstein
Su Netflix dal 3 novembre 2022, la miniserie true-crime Killer Sally ricostruisce il delitto più famoso del mondo del bodybuilding e il controverso caso mediatico della sua carnefice (o vittima) Sally McNeil.
La foto che accompagna il titolo Killer Sally, true crime in tre episodi disponibile su Netflix dal 3 novembre 2022, non è stata scelta a caso. Ritrae la protagonista Sally McNeil, bodybuilder accusata dell’omicidio del marito Ray e condannata a 25 anni di carcere, seduta su un carrarmato in top e slip striminziti in una delle classiche pose da culturista che mettono in bella mostra i bicipiti scolpiti da anni di flessioni e sfiancanti ore di palestra.
In quello stesso servizio fotografico datato primi anni ’90, c’è un’immagine, anzi un video amatoriale, in cui la stessa ex marines imbraccia a favor di camera un fucile con tanto di munizioni al collo. Un VHS portato in aula nel processo del febbraio 1996 che decretò, nella sconfitta annunciata del suo avvocato difensore, il verdetto di omicidio volontario senza la scusante della violenza domestica. Quell’arma mostrata con spavalderia, infatti, fu decisiva: colpito con due spari di fucile sul volto nella notte di San Valentino del 1995, l’atleta e marito della McNeil morì poche ore dopo il suo trasporto in ospedale. Il loro matrimonio durato una decina di anni fu costellato da una violenza reciproca, mossa dalla gelosia di lei e dalla smania del controllo di lui, il tutto nell’ambiente iper-machista del bodybuilding statunitense che il documentario di Nanette Burstein ben ci racconta.
Costruire il corpo (del reato)
Suddiviso in tre capitoli da cinquanta minuti ciascuno, Killer Sally svela attraverso materiale d’archivio e talking heads d’eccezione fra cui la stessa protagonista ormai 60enne, una sottocultura dell’allenamento estremo (“né sport, né body art, né concorso di bellezza, ma tutti e tre insieme” spiega un noto addetto al settore) ancora non pienamente conosciuta e molto spesso repulsiva, esordita negli anni ’70 grazie a Schwarzenegger ed esplosa il decennio successivo con la rivoluzione del fitness.
Dalle gare di powerlifting ai girati amatoriali del neonato wrestling, fino alla perversione cosiddetti “schmoe”, uomini che pagavano le atlete per farsi ‘menare’ e dunque provare piacere, la prima parte fa emergere un mondo eccessivo, portato ai limiti della fatica, disciplinato dalla dieta (114 uova alla settimana) e dove iniziano a girare indisturbati steroidi e doping: sostanze anabolizzanti procurate sottobanco dal Messico o nei circuiti delle palestre, prese a quantità per migliorare la prestazione, seppur mascolinizzavano le donne sempre più simili nei tratti ai colleghi uomini.
Killer Sally: donne arrabbiate e vittime non convenzionali
Dietro tutta quell’esasperata performatività dei muscoli, e quel look da gym class super anni 80, la storia d’amore fra Sally e Ray procedeva nel ciclo ripetitivo e tossico della violenza, culminato con quell’episodio che cambiò la vita alla donna e dei suoi due figli. Ma è al momento del processo, e dunque il clamore mediatico di una vittima-Hulk così diversa dai canoni tradizionali, che il lavoro della Burstein si interroga sul modo in cui la McNeil fu rappresentata dalla cronaca, sempre in cerca del fenomeno aberrante e mediatico dell’abusata non convenzionale e come il suo aspetto virile e militarizzato incise inderogabilmente nella decisione della giuria popolare. “Donne arrabbiate” come venivano definite dai tabloid, il caso di Sally esplose negli stessi anni di Tonya Harding e Lorena Bobbit, rappresentanze di un femminile mai dimesso e mai martiri, ma ‘mostri’ capaci di gesti comunemente appartenuti al maschile e che la società, all’epoca come forse tutt’ora, ancora non perdona.
Con Killer Sally, dunque, l’ambizione di Netflix di comporre l’infinito mosaico del true-crime e di fatti di cronaca a cui vale la pena soffermarsi aggiunge un tassello piuttosto interessante, proprio perché l’attrazione-repulsione del mondo del culturismo fa da esca ad un’indagine attualissima riguardo la violenza di genere e le sue modalità di racconto, non soffermandosi solo sull’ sovrumanità di quei corpi nerboruti e sorprendenti ma provando a capire come quegli stessi corpi veicolino alla società messaggi ben precisi.