Kitz: recensione della serie TV Netflix
Sulle Alpi tirolesi si consuma una storia di risentimenti: Kitz è il nuovo teen drama Netflix che esplicita la precarietà tra verità e vendetta.
La vendetta ha un sapore acre, dolceamaro, che si mescola acidamente con quella sensazione di potenza estatica che rende invincibili, forti, superiori. Una condizione di violenta pervasività spirituale: un fuoco che arde in una gelida notte d’inverno, un mitigato ed inespressivo calcolo di coincidenze che possono dare vita ad una concatenazione di eventi in grado di rovinare la vita di chi ha precedentemente affossato la propria.
La serie TV Netflix Kitz, uscita sulla piattaforma il 30 dicembre 2021, può essere annoverata tra i numerosi teen drama che indagano sulle manifestazioni indelebili e inconsistenti di una vendetta premeditata, inserendosi in una dimensione a-temporale di susseguirsi di eventi che si incastrano tra di loro a creare un vortice di causa ed effetto freddo e calcolato. Kitz è una serie tedesca di Maurice Hübner e Lea Becker ambientata nella nota meta turistica tirolese Kitzbühel, tra le Alpi austriache. Lisi vuole vendicarsi di Vanessa, modella molto conosciuta a Monaco, amante del fratello che lo avrebbe portato a morire in un tragico incidente d’auto dopo averlo lasciato. La fredda e calcolatrice ragazza acqua e sapone elabora un piano per incastrare la modella e rovinarle la carriera, in un’escalation di eventi che conducono ad un tragico epilogo che coinvolge non solo Vanessa, ma anche il suo gruppo di amici e Lisi stessa.
Kitz: la lotta tra bene e male nella seri Netflix
Kitzbühel è un meta-mondo geografico in cui si condensano le azioni ( e reazioni) di tutti i personaggi principali. Il piccolo paesino alpino è la rappresentazione della costante lotta tra potenti e subalterni: i cittadini sono al servizio metaforico, grazie alle loro attività turistiche, dei ricchi proprietari di chalet e alberghi che fanno di Kitzbühel la loro meta turistica preferita. La netta separazione tra questi due mondi non può essere travalicata, in una apparente arrendevolezza proletaria rappresentata dalla gente comune, timorosa dei grandi “capitalisti” e magnati milionari che abitano la parte alta del paese e che permettono, al contempo, la sussistenza e la prosperità. Dopotutto, riprendendo una delle prime battute della protagonista Lisi, “Senza di loro, noi non potremmo esistere”. Ed ecco che si crea una frattura dentro un regime socialmente stabile, anche se eticamente controverso: Lisi oltrepassa il confine tra popolo e aristocrazia, per inoltrarsi tra le fila dei potenti alla ricerca della preda della sua vendetta: Vanessa. La ragazza è l’obiettivo della protagonista, che cerca di fare di tutto per diventare sua amica, per screditare tutte le persone che circondano la modella e diventare la sua confidente più fidata.
La volontà di Lisi è veramente precaria, il suo modo di mentire è pessimo, riuscendo malgrado tutto però ad indirizzare le azioni degli altri a suo favore.
L’inconciliabile senso di vacuità si scontra inevitabilmente con una costruzione fatiscente della realtà glamour, permeata da scandali e fasti inconsistenti, che occultano e annullano i sentimenti. Questi sembrano essere destinati solo ai “non ricchi” che, secondo metafore di mitizzante natura novellistica, sono portatori di emozioni positive e genuinamente veritiere. Ma ciò non è sempre vero: Lisi, con il suo risentimento si trasforma fin dalle prime inquadrature in antagonista, ribaltando la sua posizione egemonica nella scena, da paladina a carnefice.
Kitz: ad ogni azione segue sempre un effetto (im)prevedibile
Il montaggio alternato che confonde le linee temporali porta il passato e il presente a confondersi fino ad annullarsi in un flusso diegetico in cui causa ed effetto si mescolano, e anche le intenzioni dei personaggi diventano frammentate. Ciò porta ad una concatenazione di eventi che non definiscono una comprensione temporale ordinata, ma una frammentazione contenutistica che migra anche a livello estetico. La presenza di un metaforico split screen mediale rappresentato dalla visualizzazione sovrapposta sull’inquadratura degli schermi degli smartphone e dei computer, dove si consumano le battaglie di finzione e di vendetta rappresentate da messaggi, mail, bacheche sociale e video, conduce ad affiancare la serie ad una sorta di desktop cinema ibrido che alterna una visione oggettiva mediale a quella soggettiva del personaggio reale.
La messa in scena lineare, coadiuvata anche da una recitazione poco enfatica e non contestualizzata con le vicende drammatiche del teen drama, amplifica maggiormente il senso di determinismo fatalista della narrazione, come se gli effetti di ogni azione siano un risultato scenico e non una reazione a quello che succede nella struttura diegetica della sceneggiatura.
Kitz: il finale della serie TV ribalta tutto
Una componente fondamentale di tutta la narrazione è sicuramente la dimensione del lutto, che sarebbe stato un ottimo espediente intradiegetico se fosse stato analizzato in modo più consistente. Questo, infatti, si esplicita solamente in azioni folli portate avanti senza capirne a fondo le conseguenze, quindi sterilmente inutili ai fini della vendetta finale. I sentimenti che continuano a emergere pallidamente tra i personaggi non sono altro che specchi per le allodole per gli spettatori, trascinati in una folle corsa alla comprensione delle azioni di Lisi, tra falsità e purezza.
Il finale ribalta poi completamente le carte in tavola, in modo così repentino da confondere ancora di più la visione di una storia seriale che, dunque, si esplicita come inconcludente e inutile.