La Casa di Carta – Parte 4: recensione della serie TV Netflix
La recensione de La Casa di Carta 4, la nuova stagione della serie TV Netflix in uscita sulla piattaforma streaming il 3 aprile 2020 con 8 nuovi episodi.
Le maschere di Salvador Dalí, Bella ciao come canto di battaglia e simbolo di lotta e resistenza, nomi di città al posto dei propri sono questi alcuni dei punti con cui La Casa di Carta si è costruita un suo universo seriale e si è fatta amare dagli spettatori di tutto il mondo. La serie spagnola è diventata iconica, un vero fenomeno con un’identità ben precisa, con una costruzione ben precisa, creando un immaginario ben preciso; è arrivato ancora una volta il momento fatidico, lo show torna su Netflix il 3 aprile con la sua quarta stagione.
La Casa di Carta: il riassunto completo in attesa della stagione 4
La Casa di Carta: si parte dal caos
La quarta stagione riparte dal punto in cui si era fermata la precedente: lo spettatore si ritrova di nuovo nella Banca di Spagna, sono tutti dentro, più o meno malconci emotivamente, psicologicamente o fisicamente, salvo il Professore e Marsiglia e Lisbona che è stata catturata dal nemico, la Polizia. La squadra è evidentemente in difficoltà: il Professore (Álvaro Morte) è convinto che Lisbona (Itziar Ituño) sia stata giustiziata, Rio (Miguel Herrán) e Tokio (Úrsula Corberó) sono bloccati all’interno della Banca di Spagna e hanno da poco fatto saltare in aria un carro armato, Nairobi (Alba Flores) è stata colpita a tradimento per volere dell’ispettore Alicia Sierra (Najwa Nimri) e ora giace su un tavolo operatorio improvvisato, con uno squarcio nel petto da far tremare i polsi. Gli altri sono ancora lì, sul campo, provati ma desiderosi di andare avanti e di non lasciare nulla di intentato.
La quarta stagione inizia esattamente da qui, dal caos.
Il vero caos non fa rumore
Così dice Palermo ed è proprio questo il magma da cui parte la quarta stagione della serie in cui saltano schemi e leggi e si apre di fronte allo spettatore un tutti contro tutti, in cui l’avversario è ovunque anche nella propria “squadra”.
La Casa di Carta: l’amore complica ogni cosa
“Ti amo, ti chiedo perdono…
Sono le parole di una vecchia canzone di Umberto Tozzi a fare da contrappunto ad un dei tanti flashback a cui La Casa di Carta ci ha abituati: il matrimonio di Berlino. Quell’uomo machiavellico, spietato ha avuto una vita, una moglie e un volto rilassato e sereno di chi, parafrasando ha tutto ciò che di più importante esista al mondo, l’amore. Proprio l’amore è una delle forze che spinge, culla gli uomini e le donne di La Casa di Carta, sentimento che rende vulnerabili, che fa sbagliare, che fa crollare miseramente di fronte alla Storia. L’amore rende vulnerabili sì infatti una delle prime regole impartite dal Professore era quella di mantenere un certo distacco tra i componenti del gruppo (anonimato), di non fare domande personali e di non instaurare relazioni. I più grandi errori sono stati fatti proprio in suo nome: Nairobi è su quel tavolo operatorio per l’amore che nutre nei confronti del figlio, Lisbona si fa prendere dalla Polizia proprio perché non vuole dire dove si trova il Professore, Tokyo, la narratrice della storia, è perennemente in preda dei suoi sentimenti per Rio, per gli amici, per le persone che ama.
Mentre dentro la Banca succede il delirio e fuori in ogni modo cercano di scovare la banda i sentimenti esplodono. Gelosie, tensioni, nuove amicizie, relazioni che si rompono e altre che nascono ed è proprio tutto questo che mina il gruppo e la riuscita del piano. Si mette a rischio se stessi, i compagni, una parte del piano in virtù di ciò che questi disgraziati provano nel cuore. Si litiga con un amico per gelosia mentre si sta cercando Gandìa, uno degli uomini della sicurezza – che diventa nel corso dei primi episodi una cellula impazzita e violenta all’interno della Banca -, si continua a tacere perché in gioco c’è qualcosa di più importante (l’uomo che si ama), si presta il fianco dunque al nemico che è pronto invece proprio perché cinico e freddo a cogliere ogni minima fragilità.
Tale fragilità è data anche dalla condizione in cui questi “giocatori” disputano la loro partita, sono in prigione, bloccati nella Banca. La Casa di Carta pone al centro una prigionia quella di questa quarta stagione molto più “ampia”: volontaria – tutti i delinquenti si trovano chiusi in quel luogo – o meno – Lisbona è nelle mani della Polizia, messa in una stanza e piantonata dai suoi ex “colleghi” -, fino ad arrivare a quella metaforica – Nairobi, dopo le ferite riportare, si trova su un tavolo operatorio, costretta all’inazione. Il ritmo, nonostante tale situazione, è molto veloce, rapido, va di pari passo con ciò che avviene tra le due fazioni, quella capitanata dal Professore e quella dalla Polizia, e muta di minuto in minuto. La stagione è quanto mai violenta e sanguinaria perché questa volta la posta in gioco è più alta che mai.
La Casa di Carta: alla ricerca di un centro di gravità
Cerco un centro di gravità permanente che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose, sulla gente
C’è un’altra canzone che fa da colonna sonora a questi primi cinque episodi ed è Centro di gravità permanente di Franco Battiato. La banda ha sempre vissuto tra la vita e la morte, alla ricerca di un equilibrio che possa far trovare loro un centro di gravità da dove gli urti siano meno violenti, questa volta però tutto è più complicato. Alcuni stanno per morire, alcuni vengono creduti morti, e per gli altri basta una frazione di secondo e tutto va a farsi benedire. C’è un primo problema da risolvere, decidere cosa fare con Nairobi: lasciarla morire o secondo gli insegnamenti del Professore mettere il camice e operare, e questo viene deciso mentre la guerra interna (alla Banca e al gruppo, da una parte il vile Palermo, dall’altra Tokio) ed esterna si sta compiendo. Si lavora ad un codice emotivo che prima non era centrale e in questa situazione limite esce dai “pori” umani ciò che di più sporco e malvagio c’è. Si lotta per la propria sopravvivenza e per quella di chi si ama (ndr. torna l’amore) e proprio in cattività, nel momento in cui si potrebbe esalare l’ultimo respiro, il castello di sabbia crolla e così si formano gruppi e divisioni (Palermo elemento disturbatore che salta da una parte all’altra).
Il personaggio che meglio rappresenta il disagio di chi si sente in bilico è il Professore che percepisce su di sé un doppio peso, Lisbona – e il suo (non) lutto da superare – e la banda. Si sente in colpa e così invita e si invita ad entrare in un’altra fase del piano, quello della resistenza.
…io vi tirerò fuori
A poco a poco al Professore si apre come un ventaglio la verità. Deve lavorare su più fronti e non può farsi trovare impreparato; anche per resistere ci vogliono delle armi in mano. Il Professore, da quando ha scoperto l’amore, è inevitabilmente infragilito, depotenziato perché inevitabilmente chi ha qualcosa da perdere è un facile bersaglio e lui ha tante cose da perdere; e soprattutto chi ha di fronte è molto più preparato alla guerra.
La Casa di Carta 4: le donne della serie Netflix
Già nelle precedenti stagioni La Casa di Carta si era mostrata, grazie al personaggio di Nairobi come un racconto con un sottotesto femminista. La donna aveva auspicato che la loro guerriglia fosse declinata al femminile, lei, Tokio, la stessa Lisbona sono donne coraggiose, determinate, passionali, e spesso, anche grazie alla loro emotività riescono a compiere grandi gesti. Ancora Nairobi rappresenta questa forza, invita – in un flashback – Tokio a prendere le redini della squadra, a diventare lei la leader perché in grado di comandarla tanto quanto un uomo.
Tokyo non si fa mettere i piedi in testa, sa di avere un ascendente sugli uomini ma non per questo si sente sminuita, però nel momento in cui viene paragonata a una Maserati, uno status symbol, un sogno di molti, ma anche semplicemente un mezzo di trasporto da esibire, si arrabbia, si ribella e dimostra che lei è molto di più.
C’è uno scontro molto duro tra due personaggi femminili facenti parte di due fazioni diverse: Lisbona e Alicia Sierra. Ex colleghe ora si trovano su fronti opposti: l’una è una delinquente, l’altra è una poliziotta, l’una tace, l’altra pone domande. Il faccia a faccia tra le due dimostra che sono diversissime: Lisbona tutta emotività e sentimenti, Sierra tutta razionalità e cinismo. Così mentre l’una raccoglie uno dei pochi segnali dal mondo esterno (il Professore) l’altra pensa solo alla guerra.
La Casa di Carta – Parte 4: le conclusioni
Questa quarta stagione non delude le aspettative, anzi sotto molti punti di vista dà qualcosa di più rispetto alla terza stagione. La storia riesce a tenere la tensione alta, intervallando i flashback del prima con l’oggi, tra le scene della banca e quelle degli interrogatori. In questi primi episodi si dimostra, una volta in più se possibile, che La Casa di Carta non punta al realismo, ma al simbolismo, gioca con le scene a volte paradossali, senza senso, inutili quasi, rendendole anche cult; questo non deve essere visto come qualcosa di negativo perché non mira a raccontare il verosimile.
Tra azione e amore, tra sangue e baci la quarta stagione di La Casa di Carta tiene legato a sé lo spettatore; nonostante qualche stortura la serie riesce a conquistare ancora una volta.