La fantastica signora Maisel – Stagione 3: recensione
La terza stagione de La fantastica signora Maisel arriva su Amazon Prime Video il 6 dicembre.
La fantastica signora Maisel è una delle serie più apprezzate di tutto il catalogo Amazon Prime Video. E a buon diritto. Ideata, scritta e in parte diretta da Amy Sherman-Palladino (la stessa che ha firmato un altro cult, Una mamma per amica insieme al marito Daniel Palladino, produttore e sceneggiatore de I Griffin), la serie si è guadagnata negli anni un seguito sempre più numeroso e entusiasta.
La terza stagione, attesissima dai fan, sarà disponibile su Amazon Prime Video a partire dal 6 dicembre.
La fantastica signora Maisel 3: Midge diventa una star?
Come abbiamo visto alla fine della seconda stagione, per Midge (Rachel Brosnahan) si presenta un’occasione tanto improvvisa quanto sensazionale. Sembrerebbe che i tempi dei piccoli club di New York siano momentaneamente messi da parte, per lanciarsi verso una platea più vasta e più glamour – finalmente all’altezza della star che Mrs Maisel è destinata a diventare.
Al seguito di Shy Baldwin (Leroy McClain), Midge e l’ormai inseparabile manager Susie Myerson (Alex Borstein) iniziano la loro tournée per gli Stati Uniti. Nella prima puntata della terza stagione, infatti, si vedrà Midge esibirsi con la sua solita verve brillante davanti ai ragazzi arruolati nell’esercito, come la migliore delle pin-up. La sua figura in questo contesto è fortemente schiacciata sulla sua avvenenza fisica (un tema che porta subito l’attenzione sulla vocazione primaria della serie: raccontare con toni leggeri l’emancipazione culturale femminile negli anni Cinquanta-Sessanta americani), ma Midge riuscirà a imporsi come personaggio “parlante”. Tuttavia, una fotografia scattata in un momento poco opportuno metterà in forte imbarazzo Midge e Susie, oltrepassando il sottile confine tra “donna spiritosa” e “donna scandalosa”.
Da un punto di vista strettamente formale, la terza stagione continua a regalare una regia coreografica che allestisce quadri di un’estetica impeccabile. Per esempio, la sequenza in palestra, dove Midge parla con l’amica di sempre, la bionda e svampita Imogene (Bailey De Young), è studiata con una sincronia di movimenti e colori che sfiora la perfezione, rendendo una normale scena di raccordo un vero e proprio capolavoro di regia.
La forza de La fantastica signora Maisel 3
Nella terza stagione i personaggi affrontano cambiamenti profondi, le cui cause sono state annunciate (quasi) tutte nel finale della seconda stagione. Per prima abbiamo, appunto, la scelta di Midge di partire in tournée e prendere quindi una decisione definitiva sul proprio futuro personale oltre che professionale. Subito dopo c’è la scelta di Abe (Tony Shalhoub) – il padre di Midge – di lasciare la Columbia e di tornare a coltivare la passione politica di un tempo. Ancora, Joel (Michael Zegen) ha capito che la sua strada non è tanto esibirsi come stand up comedian, ma permettere ad altri più talentuosi di esibirsi, scelta che lo porta ad acquistare un locale tutto suo (e a rimetterlo a nuovo). Infine, Susie si trova davanti alla richiesta “che non può rifiutare” di Sophie Lennon (Jane Lynch) che la vuole assolutamente come manager.
Dunque, la terza stagione riprende le fila del discorso esattamente dove le aveva lasciate l’anno scorso, giocando sugli sviluppi narrativi con il suo ormai noto gusto per i dialoghi scritti perfettamente e magnificamente recitati. Uno dei tanti punti di forza della serie, infatti, è la caratterizzazione dei personaggi che circondano Midge. Chi più chi meno, tutti attraversano il proprio arco narrativo mostrando una graduale e credibile (nonostante il tono sia sempre sopra le righe) evoluzione. E anche quelli che in realtà rimangono uguali a loro stessi – come, per esempio, i genitori di Joel, Moshe (Kevin Pollak) e Shirley (Caroline Aaron) – assolvono egregiamente alla loro funzione di maschere buffe.
Il ritmo della recitazione, perfettamente assecondata dalla regia, è quello rapido e preciso di un balletto di tip tap (non per altro, molto in voga in quegli anni), dove si è allo stesso tempo leggiadri, disciplinati e estremamente autoironici. Non ci si perde neanche per una frazione di secondo, ne La fantastica signora Maisel: tutto è calcolato, tutto è esattamente là, dove e quando dev’essere.
La fantastica signora Maisel 3: squadra che vince non si cambia (ma si amplia)
La terza stagione della serie rispetta tutti i gli appuntamenti con cui le prime due stagioni hanno viziato lo spettatore. Come negli altri episodi, infatti, la scrittura trova sempre il modo di portare Midge sul palcoscenico, per dedicare qualche minuto a un suo monologo – in qualunque contesto lei si trovi.
In questa stagione gli espedienti per mettere sotto un riflettore la verve comica della protagonista non devono ricorrere agli stratagemmi con cui gli autori si sono prodigati nelle prime due. Adesso, infatti, Midge è riconosciuta come performer a tutti gli effetti e ogni sera (o quasi) può calcare un palco diverso. Anche questo aspetto costituisce un elemento chiave nell’evoluzione del personaggio come artista e come donna. Midge, infatti, inizia a mettere alla prova il suo rapporto con un pubblico sempre diverso e a farsi ascoltare, rispettare e amare anche con cui ha un linguaggio decisamente diverso dal suo (come i soldati o il pubblico di Las Vegas). Allo stesso tempo anche il rapporto con i colleghi e con Susie necessita di una rimessa in discussione, ma Midge – come ci ha sempre dimostrato – non è una donna che subisce la situazioni, ma che le studia e, col suo fascino innato e la sua grande intelligenza, le risolve.
Per quanto i personaggi principali siano rimasti sempre gli stessi, La fantastica signora Maisel 3 introduce alcune novità. Alcuni, come il manager di Shy Baldwin, Reggie (interpretato dal sempre più in vista Sterling K. Brown) e Mei (Stephanie Hsu) prenderanno spazio, ritagliandosi ruoli di un certo peso nell’economia della storia, altri andranno a completare il folto gruppo di spalle comiche. A questo secondo gruppo appartengono i giovani “compagni” di Abe, che tracciano un ritratto impietoso dell’élite intellettuale marxista. Infine, un personaggio a cui il pubblico è sicuramente molto affezionato, il comico Lennie Bruce (Luke Kirby) tornerà, per sparpagliare un po’ di carte in tavola.
La signora Maisel supera i cliché del femminismo
Lo straordinario lavoro di costumi, trucco e parrucco si conferma essere ne La fantastica signora Maisel uno dei perni principali su cui gira tutta la serie. Più che in altre opere, questo aspetto ha un’importanza centrale non solo per ricreare l’atmosfera dell’America di qualche decennio fa, ma anche per completare e approfondire la resa psicologica dei personaggi. Se Midge e sua madre Rose (Marin Hinkle) sono particolarmente attente alle loro mise e, in generale, al proprio aspetto, Susie è di frequente scambiata per un uomo proprio a causa del suo modo di vestirsi.
In questa differenza c’è qualcosa di più profondo di una variazione di stile o di un espediente comico (per quanto riuscito). Entrambi personaggi principali, Midge e Susie, incarnano due aspetti dell’emancipazione di genere, in cui la prima supera concettualmente l’altra. Senza che questo messaggio sia dichiarato da nessuno dei due personaggi (lo impersonano, non lo comunicano), sia l’una che l’altra si muovono in una direzione di autoaffermazione in un ambiente fortemente maschile e maschilista. Susie reagisce cammuffandosi, come un camaleonte che si confonde con lo sfondo per sopravvivere. Gradualmente, quando capisce il proprio valore attraverso Midge, inizia ad alzare la testa e a usare il proprio carattere scontroso in un’ottica di solidarietà femminile. Eppure, non perde quel suo aspetto fortemente critico, che guarda di sbieco gli aspetti più frivoli della sua artista.
Per Midge, invece, lo stile e la cura del proprio aspetto è un manifesto di autodeterminazione. La signora Maisel, a iniziare dal nome d’arte che si è scelta (anche se la scelta non è stata sin da subito consapevole, ma accettata e valorizzata nel tempo), non rinnega il suo essere femminile, né il suo percorso. Sa perfettamente e gioisce del suo essere donna, anche nei suoi lati più superficiali: dall’essere un’esperta inattaccabile di make up al seguire l’ultima moda in fatto di cappellini, acconciature e abiti da sera, fino a tenersi sempre in forma per rientrare nel suo personalissimo standard di perfezione. Eppure, sbaragliando qualsiasi considerazione stantia e superata di femminismo, Midge è la più rivoluzionaria di tutte. Parla di sesso, religione, famiglia con un’ironia tagliente e politicamente scorretta – pur nella sua eleganza. Rinnega il suo ruolo unico di madre, compagna e figlia e si prende il palcoscenico come una professionista, affermando la primaria importanza della sua ambizione. Per questo è un piacere guardarla muoversi, finalmente, su palchi più grandi e scintillanti: Midge, ex casalinga disperata degli anni Cinquanta, diventa un simbolo, una militante in tacchi a spillo che distrugge il patriarcato con l’arma più potente, l’ironia.