La Legge di Lidia Poët: recensione della serie TV Netflix

Lidia Poet come personaggio simbolo di un'epoca ma soprattutto un tentativo di percorrere nuove strade narrative

La Legge di Lidia Poet è una serie di sei episodi distribuita su Netflix (ma anche su Sky Glass, Sky Q, NOW Smart Stick) a partire dal 15 febbraio 2023. La serie è ambientata verso le fine dell’800, Lidia Poët viene cancellata dall’albo degli avvocati solo perché donna. Le viene così impedito di esercitare la professione e lei inizia a lavorare nello studio del fratello mentre cerca di cambiare la legge e raggiungere così una reale uguaglianza tra uomini e donne.

La storia della vita di Lidia Poët è qualcosa che rende realmente il senso di una mancata uguaglianza tra uomini e donne lì dove davvero conta: perché Lidia ha messo passione, forza, determinazione e tanta cocciutaggine per poter raggiungere I suoi obiettivi non facili, ieri ancora più di oggi.

La storia di Lidia Poët, interpretata da una bravissima Matilda De Angelis

Nel 1881 la donna si laurea con pieni voti in giurisprudenza e, dopo i canonici due anni di pratica, supera l’esame di abilitazione presentandosi all’Ordine degli Avvocati per essere iscritta all’albo ordinario dei procuratori legali. In assenza di norme che escludessero le donne dalla professione, i membri del Consiglio (ben decisi a non permettere ad una donna di accedervi) si trovarono costretti ad accettarla (8 voti favorevoli, 4 contrari).

Leggi anche Elena Ferrante: le opere tratte dai suoi libri

È però la Corte d’Appello che, successivamente, su ricorso del Procuratorie Generale del Re annulla l’iscrizione della Poet con una sentenza che recitava “risulta evidente che l’avvocatura è un ufficio con il quale le femmine non devono immischiars: sarebbe disdicevole e brutto vedere le donne accalorarsi e colorarsi durante il giudizio”. Mogli e madri erano destinate, secondo le convizioni dell’epoca (che oggi suonano più che paradossali pur essendo tragicamente vere) a restare a casa relegate nel loro ruolo, discriminate e sepolte in un secolare gender gap.
Tra l’opinione pubblica, gli oppositori del diritto delle donne ad esercitare la professione di Avvocato invocavano argomentazioni pseudo-mediche e giuridiche: le donne come avrebbero potuto esercitare come Avvocato se, una settimana al mese, non potevano godere della giusta serenità a causa del ciclo mestruale? E ancora, come avrebbe potuto un’Avvocata porsi nei confronti dei propri clienti se la stessa aveva una limitata capacità di agire ed era sottoposta alla volontà del marito?

Al di là della dimensione grottesca della cosa, solo grazie al movimento delle donne nel 1919 il Parlamento approvava la legge che ammetteva le donne nei pubblici uffici; e Lidia Poët non si arrese ma continuò ad esercitare presso lo studio legale del fratello battendosi contemporaneamente per i diritti dei più deboli, dei minori e delle donne. Diventerà formalmente avvocato solo a 65 anni.

La Legge di Lidia Poët – dall’assurdità della realtà alla potenza delle immagini

La Legge di Lidia Poët è prodotto dalla Groenlandia di Matto Rovere e diretta da lui stesso (insieme a Letizia Lamartire) e porta addosso, nel bene e nel male, le caratteristiche della casa di produzione di Romulus ma anche Mondocane (di Alessandro Gassmann), The Hanging Sun (di Francesco Carrozzini), L’Incredibile Storia dell’Isola Delle Rose (Sydney Sibilia): tutte opere profondamente innovative se non nell’argomento sicuramente nella volontà di incidere sulla grammatica dell’audiovisivo, provando a trovare nuovi sentieri e nuovi modi di sentire e raccontare il cinema -e la tv-.

Leggi anche La recensione della serie Romulus

Si parla allora di un linguaggio fresco, dialoghi veloci e frizzanti, della storia che si piega alla narrazione: e quindi di tonalità di racconti che si adeguano alle forme delle immagini. La Legge di Lidia Poet è così: una storia vera che viene percorsa da venature sintatticamente punk, nel momento in cui la sua interprete principale Matilda De Angelis, bravissima, prende su di sé il ritmo sinusoidale degli episodi, muovendosi sciolta e dinamica nelle svolte della cronaca d’epoca. in questa linea, dimentica completamente qualunque aderenza (anche, se vogliamo, banalmente) calligrafica al personaggio storico, seguendone le tappe e inglobando, consapevolmente o meno, quello che la Poet sarebbe dovuta/avrebbe dovuto essere e restituendo un personaggio quasi nuovo, che sembra uscito da uno dei migliori episodi di CSI.

Ne consegue anche che la serie Netflix assume una prospettiva da racconto antologico: Lidia Poet è una sorta di investigatrice che fa solo da cornice ai casi stand alone dei singoli episodi, muovendosi ancora più liberamente nelle spire della storia, dei suoi avvenimenti e dei suoi significati.
Un esperimento particolarmente coraggioso, fin là dove non riesce ad essere completamente innovativo.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3