La ragazza di neve: recensione della serie Netflix
La recensione della serie spagnola diretta da David Ulloa e Laura Alvea, tratta dall’omonimo romanzo thriller-poliziesco di Javier Castillo. Disponibile su Netflix a partire dal 27 gennaio 2023.
Di storie di misteriose sparizioni e di rapimenti di minori se ne contano a migliaia e a tutti le latitudini. Alcune, come ad esempio quella della piccola Denise Pipitone, sparita nel 2004 a Mazara del Vallo e mai più ritrovata, sono balzate prepotentemente alle cronache a causa dell’enorme esposizione mediatica che ha consentito di tenere ancora oggi i riflettori accesi e puntati sul caso. Un caso che però non differisce molto da quello di altri cento, mille e più bambini spariti nel nulla per non fare più ritorno. Lunghi anni di ricerche, tantissime strade battute, ipotesi, tracce, sospetti e sospettati, false piste, depistaggi, test del DNA e segnalazioni, che purtroppo non hanno portato a niente. Ed è a storie come queste che è andato di default il pensiero durante e al termine della visione di La ragazza di neve, la serie tratta dall’omonimo romanzo thriller-poliziesco di Javier Castillo. Disponibile su Netflix a partire dal 27 gennaio 2023.
La storia al centro di La ragazza di neve è il frutto dell’immaginazione dello scrittore Javier Castillo, ma che per analogie ha molti punti in comune con fatti di cronaca realmente accaduti
A dirigere i sei episodi (della durata variabile che va dai 42 ai 49 minuti) scritti da Jesús Mesas e Javier Andrés Roig sono stati chiamati David Ulloa e Laura Alvea, che a loro volta hanno portato sullo schermo una vicenda che per fortuna della sua protagonista è il frutto dell’immaginazione e della penna di uno scrittore, ma che per analogie e similitudini ha tantissimi punti in comune con fatti di cronaca realmente accaduti e ancora insoluti come quelli citati. Motivo per cui si arriva alla visione della miniserie spagnola con un accumulo di emozioni, stati d’animo e aspettative davvero pesante, del quale lo spettatore di turno deve farsi carico per l’intera durata dello show, o almeno sino allo scoccare dei primissimi minuti del penultimo episodio. Solo in quel momento, che rappresenta di fatto il tourning point nell’architettura narrativa e drammaturgica di La ragazza di neve si avranno delle risposte in merito al destino della piccola Amaya, scomparsa il 5 gennaio 2010 in quel di Malaga durante la tradizionale parata dei Re Magi. Il suo è chiaramente un rapimento, né sono sicuri gli inquirenti guidati dall’ispettrice Belen Millan, così come i due genitori della bambina e anche Miren, un’aspirante reporter che decide di seguire il caso per il quotidiano locale. Tutto ruota intorno a tre domande: dov’è Amaya? Chi è stato a rapirla? E perché?
La ragazza di neve gira intorno e si sviluppa attorno a quelli che sono gli ingredienti immancabili del poliziesco-thriller in odore di crime
Dovranno passare dieci anni per avere tutte le risposte, lo stesso arco temporale coperto dai sei episodi. Attraverso un racconto cronologicamente non lineare che vedrà le lancette dell’orologio andare continuamente avanti e indietro nel quadrante, si assisterà a una lunga ed estenuante caccia ai rapitori di Amaya, le cui identità saranno rese note solo nel penultimo atto. Fino a quel momento protagonisti e spettatori si troveranno a navigare a vista tra potenziali sospettati, ipotesi di movente, false piste e vicoli ciechi. Il tutto passerà attraverso le indagini incrociate della polizia, della famiglia e di una giornalista. Un giro di vite che entrerà in rotta di collisione anche a causa del solito circo mediatico che si innesca in casi come questi. Insomma, La ragazza di neve gira intorno e si sviluppa attorno a quelli che sono gli ingredienti immancabili del poliziesco-thriller in odore di crime, con la mente che per assonanza torna a Ransom – Il riscatto o a Gone Girl, ma anche a quelle dinamiche appartenenti o appartenute a fatti di cronache realmente accaduti. Non escludiamo, infatti, la possibilità che Castillo per il plot del best-seller dal quale è tratta la miniserie in questione si sia ispirato a qualcuno di essi.
La ragazza di neve ha nella linea mistery, nella gestione della tensione e nelle performance attoriali i suoi punti di forza
Indipendentemente da quale sia stata la fonte dalla quale ha attinto lo scrittore, il risultato ha comunque calamitato a sé l’attenzione degli autori della serie, che hanno a loro volta aggiustato un po’ il tiro in base all’esigenze di un prodotto audiovisivo sulla lunga distanza. Cambiamenti che però non hanno modificato il DNA drammaturgico della storia, che ha visto uno spostamento dell’azione da New York a Malaga. Per il resto, il racconto è rimasto piuttosto fedele a quello del romanzo, alla pari della capacità di costruire tensione e sfruttarla al massimo per tenere incollata a sé l’attenzione dello spettatore. La ragazza di neve in tal senso ha nella linea mistery e nella gestione della tensione i punti di forza, oltre alle interpretazioni degli attori principali, a cominciare da una convincente Milena Smit, già vista nel Madres paralelas di Pedro Almodovar, nei panni della giovane reporter Mires Rojo.