La sposa: recensione finale della fiction Rai con Serena Rossi e Giorgio Marchesi
La sposa, fiction Rai andata in onda dal 16 al 30 gennaio 2022, si rivela il classico circo della banalità e della positività finta: le buone premesse del primo episodio non sono bastate a farne un buon prodotto.
Si sa, le serie televisive che vanno in onda sugli schermi televisivi, di settimana in settimana – contrariamente al modello binge watching delle piattaforme ondemand – danno il tempo a chi fruisce dell’opera di comporre una idea con più lentezza. Capita spesso, in aggiunta, che se il primo episodio di una serie risulti buono e promettente, i successivi si rivelino un vero fallimento. Questo perché il primo episodio è il biglietto da visita: se questo è buono, non importa degli altri perché gli spettatori si incolleranno comunque ai loro schermi per seguire la storia nelle puntate che seguiranno. Una cosa ben simile descrive la fiction di Rai Fiction, andata in onda nelle ultime tre settimane ogni domenica su Rai Uno, La sposa, interpretata da Serena Rossi e Giorgio Marchesi.
La sposa: un ultimo episodio frettoloso e banale
Se il primo episodio era parso genuino ed edificante, con una scrittura che ricordava alcuni dei più bei racconti della letteratura italiana del secondo Novecento dello Stivale (con le dovute riserve, è ovvio), il secondo e il terzo episodio hanno invece svelato l’inganno: la fiera delle banalità, del positivo farlocco, inconsistente e stucchevole, irreale e senza alcuna attinenza ai fili di una narrazione partita bene. Ciliegina sulla pomposa torta: un climax di tragedie e drammi ingiustificati avvengono sugli schermi di Rai Uno, a mo’ di vere fucilate sulla croce rossa. Cosa crea più pathos di una serie pesante di tragedie che si risolve nella festa gioiosa del paradiso? A vedere il primo episodio de La sposa, il personaggio di Maria Saggese interpretato da Serena Rossi, una lavoratrice del Sud Italia che viene mercificata a favore del beneficio materiale dei patriarchi viene invece trasformata in una santa martire baciata da una calorosa e benedetta luce angelica: una favoletta scritta male.
Il più grande dispiacere risiede nel constatare il tracollo della trama a favore di tematiche facili da subire da parte di chi, comodamente sul divano, guarda gli episodi de La sposa convincendosi che quella sia vita vera: la manipolazione delle masse tramite i finti buoni sentimenti (come il finale dedicato a tutte le nonne, la carta jolly per vincere la partita a tavolino) si manifesta con più veemenza nell’ultimo e terzo episodio, andato in onda domenica 30 gennaio, con un riassortimento di fortuna di personaggi mai approfonditi prima, come il medico (interpretato da Giulio Cristini, già attore in varie serie televisive fra cui una prodotta da Netflix, Curon) e che in questo ultimo episodio vengono marcati con prepotenza e, al contrario, l’abbandono quasi totale di personaggi importanti presentati nel primo episodio (come la madre e la sorella di Maria o, in generale, la Calabria), oltre che una accelerazione degli eventi insensata e un insieme di stereotipi storici mescolati alla rinfusa: una gran confusione che rimesta le acque sistemando alla buona la storia e porta lo spettatore a prestare attenzione solo alle vicende banali di questa narrazione con un solo intento: la propaganda dei buoni sentimenti. Una scrittura frettolosa intreccia una trama incerta e ricca di luoghi comuni sugli anni Sessanta, tutti insieme così da far perdere il contesto e la serietà di ognuno di essi: la droga, gli istituti psichiatrici per bambini difficili, il boom edilizio, il sindacato che nasconde le truffe. Gli eventi si susseguono con frenesia, portando a un dramma insensato e, in seguito, a un finale da favoletta con e sulla beatificazione.
La sposa: una occasione persa da Rai Fiction
Intristisce che il potenziale edificante e tradizionale del modello della fiction Rai (sebbene non sia questa visione della fiction non sia condivisa da molti), spesso caschi in una frivola banalità da tarallucci e vino e falsi storici quando, contrariamente, la scrittura italiana offre spunti e ispirazioni così eccellenti da poter tracciare affreschi e profili di gran pregio sulla storia e la cultura di un popolo in continua frammentazione e cambiamento. Si incorre nell’errore di accattivare il pubblico – riuscendoci, per altro, a vedere dallo share del 31% – con storie stucchevoli che dalla tragedia passano, con velocità frenetica, al finale ricco di fiori freschi e profumo di vita, svendendo a poco prezzo concetti e contesti che nella vita reale (di cui questa fiction Rai vorrebbe far credere di raccontare qualcosa) richiederebbero tempi e fatiche incalcolabili per poter essere, se non risolti, elaborati. I personaggi che nel primo episodio parevano promettere potenziale, tendenti alla stratificazione, si rivelano invece nelle due seguenti puntate semplici macchiette dalla facile amabilità: Italo (Giorgio Marchesi) si rivela non un uomo insoddisfatto e quindi truce ma un biscotto al burro ora pronto ad amare; Vittorio (Maurizio Donadoni), lo zio simbolo del più grave e rovinoso patriarcato, ecco che diventa un dolce Babbo Natale che si commuove e ringrazia la donna che ha ricattato e ingannato, per citare solo alcuni esempi.
Tirando le somme, La sposa, diretto da Giacomo Campiotti per Rai Fiction, si è rivelato quel che la classica vocina dei critici da strapazzo spargono spesso: il cinema e la televisione italiani non valgono granché. Purtroppo, questa volta (ma non tutte le volte) la vocina fu profetica. La Sposa è una fiction ingannevole, che si propone di raccontare uno spaccato storico difficile e che, alla fine, altro non è che una pretestuosa e buonista fiera della banalità, dove le tradizioni calabresi e venete promesse dal primo episodio scompaiono per far posto alla tragedia con beatificazione e banchetto dei buoni sentimenti. Con convinzione, non tutta l’erba è un fascio e ci si augura che non tutte le fiction Rai a venire ripetano l’errore commesso da questa e altre serie televisive Rai.
La serie è disponibile su RaiPlay.