La Storia: recensione finale della serie di Francesca Archibugi

La recensione completa de La Storia, la serie TV di Francesca Archibugi targata Rai, tratta dal libro di Elsa Morante.

Diretta da Francesca Archibugi, anche sceneggiatrice insieme a Ilaria Macchia, Giulia Calenda e Francesco Piccolo, La Storia è la nuova serie di Rai Fiction, in onda in prima serata su Rai 1 a partire dall’8 gennaio 2024 e basata sul romanzo di Elsa Morante, dal titolo omonimo. L’attesa serie italiana verrà trasmessa per 4 serate, con un doppio appuntamento settimanale ogni lunedì. Con le puntate poi disponibili anche su RaiPlay, La Storia si avvale di un cast che comprende alcuni dei più grandi nomi del panorama italiano come Jasmine Trinca, Valerio Mastandrea, Elio Germano, Lorenzo Zurzolo, Asia Argento, insieme all’esordiente Francesco Zenga, alla sua prima, straordinaria, esperienza sul set, e il piccolo bambino prodigio della recitazione Mattia Basciani. Il capolavoro di Elsa Morante, prima donna a ricevere il Premio Strega nel 1957, La Storia, diventa una serie: Francesca Archibugi porta così sul piccolo schermo uno dei racconti più struggenti, complessi e articolati ambientati durante il secondo conflitto mondiale e scritti da una tra le maggiori e più importanti autrici italiane, in particolare del secondo dopoguerra.

Cosa racconta La Storia

La Storia - cinematographe.it

A Roma, nello storico quartiere di San Lorenzo, agli albori della Seconda Guerra Mondiale, Ida, preoccupata per le sue origini ebraiche da parte di madre, cerca di capire se ciò che allora erano solo delle voci riguardo deportazioni e campi di concentramento, corrisponda alla realtà. Decide così di tenere nascosta parte della propria identità, che coinvolgerebbe anche il figlio adolescente Nino. Un giorno, tornata a casa, viene violentata da un soldato tedesco, giovane e ubriaco che, pochi giorni dopo, muore sul campo di battaglia. Ida scopre di essere incinta e tenta di tenere segreta la gravidanza, anni dopo la morte del marito; quando il bambino nasce, nessuno fa però troppe domande: Nino accetta e adora il fratellino, di nome Giuseppe, ma per tutti Useppe.

La guerra mette poi a dura prova legami e convinzioni: Nino parte per il fronte, Ida e Useppe rimasti soli, a seguito del bombardamento di San Lorenzo, perdono la propria casa e si rifugiano insieme ad altri sfollati a Pietralata. Mentre Useppe cresce insieme a sconosciuti che diventano volti noti, sentendosi figlio di Ida e di innumerevoli intere famiglie che se ne prendono cura, Nino si unisce alla resistenza. Ida, tornata a Roma cerca di rimettere in piedi la propria vita e di dare a Useppe un’ideale di famiglia, lo stesso che ogni tanto porta Nino a tornare da loro, a cercare di aiutarli. Ma la fine della guerra e quindi la possibilità e il tempo per costruire finalmente quella vita che Ida sogna per lei, Useppe e Nino, porta con sé conseguenze e difficoltà inimmaginabili e qualsiasi punto di arrivo è instabile. Nell’esistenza di Ida diventa così sempre più chiaro come non sia mai detta l’ultima parola.

La scelta di come fotografare il mondo della protagonista

La Storia

In La Storia, spettacolare nelle scene e nei personaggi che la compongono, con un taglio più cinematografico che televisivo, sono gli occhi di Ida il filtro per guardare il mondo. Ida osserva una città che cambia, una Roma che viene distrutta e ricostruita, la solidarietà che si trasforma in egoismo, le convinzioni in disillusioni e le vittorie in sconfitte. Reso alla perfezione è quel caos e quella confusione di chi la guerra non l’ha combattuta, ma l’ha vissuta, di notizie frammentarie che diventano poi false, così come le prime verità sui campi di concentramento che occupano le prime pagine dei giornali dopo il ’45. Ida, nel timore dell’antisemitismo che dilaga e delle deportazioni degli ebrei, vive per Useppe, per far sì che ritrovi quella pace che lei con fatica ha acquisito negli anni. Non basta in La Storia il dramma che racconta, di un conflitto, di famiglie senza più una casa e di una lotta per la sopravvivenza che divide le persone tra individualismo e cooperazione.

La sofferenza della serie diretta da Francesca Archibugi va oltre, racconta sempre qualcosa in più, mostra una serie di figure che occupano poco tempo sullo schermo, ma che hanno una valenza narrativa tanto intensa quanto simbolica nel racconto di un intero mondo. Perché La Storia non è solo uno spaccato della seconda guerra mondiale: racconta l’Italia, racconta Roma, racconta San Lorenzo, Testaccio e Portuense, racconta l’inizio, il corso, la fine e le complicazioni post belliche. Tutto si riconduce alla vita di Ida, alla maternità, a geni ereditari che colpevolizzano e alla speranza di poter trovare un equilibrio. La serie tv La Storia è caratterizzata da una grande estrema e sorprendente attenzione al dettaglio, tutto è fortemente studiato, coreografato nei gesti, nei suoni, nelle voci, nelle espressioni silenziose che si disegnano sui volti.

I personaggi de La Storia e il loro valore narrativo

La Storia

I personaggi che hanno caratterizzato il romanzo di Elsa Morante, sono figure che ritornano, che si legano nella solitudine e nella disperazione che li attraversa durante e dopo la guerra e che, inaspettatamente, tornano a far parte, con modalità diverse, della vita di Ida. Spiccano tra tutti 2 grandi performance, quella di Jasmine Trinca, perfetta nei panni della figura di Ida e che sembra riprendere fedelmente le caratteristiche e la personalità della donna protagonista del romanzo di Elsa Morante. E quella di Francesco Zenga, astro nascente del cinema italiano, che oltre a firmare il suo primissimo ruolo sul piccolo schermo è già, dai 2 episodi iniziali, uno dei personaggi più riusciti e meglio interpretati. La Storia è lo storico e straziante racconto senza vincitori né vinti, dove, sopravvissuti alla brutalità della guerra, a uccidere e distruggere sono i drammi della quotidianità, quella stessa che però era stata stravolta e irrimediabilmente trasformata dal secondo conflitto mondiale.

Una riflessione e una scelta che porta a chiedersi se le vittime, colpite da un male incurabile o coinvolte in incidenti fatali, non siano state realmente uccise da quella guerra finita da anni. Nella solitudine di un bambino che vede scomparire tutti dalla sua vita e nella ricerca di continui stimoli e del brivido di chi ha passato la propria adolescenza a cercare di capire da che parte stare. E se così Useppe e Nino sono ritratti dei figli della guerra, ma come il personaggio di Davide li definisce, ancora “felici di esistere“, allo stesso modo altre figure, nella loro personalità e caratterizzazione, rappresentano qualcosa, oltre che qualcuno. È così che si delineano vari personaggi, tra cui Eppetondo, Giuseppe Cucchiarelli, volto di Elio Germano, emblema della bontà d’animo, della generosità, della capacità di sorridere sempre e della voglia di combattere, di unirsi alla lotta armata. Uomo che si trasforma da partigiano ingenuo e spaventato ad eroe e martire di lealtà.

La forza salvifica del contatto umano

Tra i personaggi secondari vi sono poi Remo, interpretato da Valerio Mastandrea, l’oste dall’ideologia apparentemente indefinita, che si chiarisce negli affetti e nella resistenza della quale fa parte, nel tentativo di mettere ordine dove questo non esiste più; Carlo Vivaldi, l’ambiguo personaggio interpretato da Lorenzo Zurzolo, il cui vero nome è Davide Segre, che dalla scelta della non violenza trova solo nella ferocia una momentanea pace dopo aver perso tutto e tutti, e che scivolerà nell’oblio della droga e di una morte interiore; Santina, volto di Asia Argento, una prostituta innamorata della vita che vede nella lettura dei tarocchi l’unica forma capace di dare speranza e alleviare i dolori, portatrice di rivelazioni sul passato e promesse sul futuro; fino ad intere famiglie capaci di mostrare interi mondi. Come la famiglia Marocco, unito nucleo che vive nel pensiero fisso dell’atteso ritorno del figlio disperso e i Mille che, parenti e soci in affari, regalano tanto spensieratezza quanto paura, rabbia e sospetto agli altri sfollati di Pietralata.

Angosciante nella trama e nella consapevolezza, ancora oggi amaramente sorprendente, di un dramma che non risiede solo nel prima e nel durante la guerra, ma che arriva dopo. Mascherato da casualità e destino, e che ha più legami con quel conflitto di quanti se ne vedono sullo schermo. Malattie poco conosciute, disagi incompresi, guarigioni che non seguono regole dirette e più generazioni coinvolte in eventi che non hanno solo mietuto vittime, ma che hanno cambiato per sempre intere città e interi Paesi, investendo la politica, la cultura, l’economia e la vita stessa di ognuno. Tra dimensione privata, personale e affettiva, La Storia non manca di coinvolgimento né di profondo dolore. È commovente nei momenti più distesi che, esigui, mostrano salvifici i rapporti umani, i ritorni inattesi e quei pochi secondi di calore e contatto, di incontro e scontro.

Una ricostruzione della Roma anni ’40 fin troppo “ricostruita”

Nella tecnica forse non convince la fotografia, che ricostruisce gli interni essenziali delle abitazioni italiane anni ’40, ma che nella Roma d’altri tempi non riprende gli angoli di una città eterna cambiata, ma ancora oggi individuabile negli iconici quartieri dove è ambientata. Mentre regia e sceneggiatura sanno bene su cosa puntare, su cosa focalizzare l’attenzione. Se all’inizio è una precaria stabilità ritrovata, poi stravolta dalla guerra, nella seconda parte è chiaro un altro elemento. A partire dalla disillusione e incomprensione tra le diverse squadre partigiane, in particolare i più giovani, che cercavano un accordo. Fino alla gente comune, impegnata a ricostruire le proprie case e le proprie vite, ritrovando scopi e obiettivi. Uniti da un’insoddisfazione di fondo che pervadeva gli animi di tutti. In particolare il disagio interiore di chi sentiva di aver lottato per non ricevere realmente nulla, che aveva fatto scelte che riteneva giuste, e che poi si erano rivelate sbagliate.

La Storia: valutazione e conclusione

La Storia

Il finale de La Storia inizia a farsi sentire già nella parte centrale, quando la guerra è finita e dopo esaltazione e felicità, arriva con brutalità, la delusione, lo smarrimento e la frustrazione. Questo aspetto negativo, il malcontento a seguito della lotte partigiane e la conseguente nascita della democrazia vennero viste, all’uscita del libro nel 1974, come una verità mai detta, un qualcosa di inaccettabile da svelare sul secondo dopoguerra. Fu questo uno dei motivi alla base delle critiche che vennero mosse al romanzo, pubblicato in un’Italia non ancora pronta a fare i conti con una realtà lampante, ma mai apertamente rivelata. Una serie che conoscendo i fatti narrati nel romanzo da cui prende ispirazione, La Storia, è densa di dramma, colpita da innumerevoli tragedie; un racconto che nell’orrore della guerra e delle conseguenze che questa porta con sé, non lascia infine molta speranza. La Storia si avvale di 3 diversi cambi di prospettiva. Raccontando di tutti coloro che non sono morti in guerra, ma che sono stati uccisi a seguito di quel devastante conflitto, per cause apparentemente estranee, ma che forse è stata proprio quella guerra ad uccidere realmente.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3

3.3

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