L’amica geniale 4 – Storia della bambina perduta: recensione dei primi episodi
La quarta e ultima stagione de L'amica geniale mostra nuovamente due facce della stessa medaglia, ordine e disordine che cercano affannosamente un equilibrio in due vite opposte e complementari.
Ci sono storie che formano, che accompagnano mentre si cresce, che aiutano a trovare le risposte a domande che ci si porta dentro; questo è il caso di L’amica geniale che ha saputo indagare la donna, analizzare le ferite profonde che hanno caratterizzato l’esistenza di Lila e Lenù, protagoniste dell’opera, delle loro madri e delle loro nonne, di ave e contemporanee. Una storia fatta di corpi e di menti, di violenze e fatiche, di drammi e struggimenti ma anche di lotte, di piccole e grandi rivoluzioni con cui le “streghe”, facendo tremare i polsi del maschio, hanno bruciato “le case paterne” per costruire sulle rovine dimore nuove. Il romanzo-fiume di Elena Ferrante è tutto, è una storia di un’amicizia (Elena Greco, detta Lenù, e Raffaella Cerullo, detta Lila), di un luogo (Napoli), delle età delle donne (infanzia, giovinezza, maturità), è la narrazione della crescita femminile (il primo ciclo mestruale, il primo rapporto sessuale, la scuola e l’educazione femminile, il matrimonio e la gravidanza), della violenza sistemica che spesso ha vessato le donne e con cui hanno dovuto fare i conti. L’amica geniale è anche una serie tv, scritta da Saverio Costanzo, Elena Ferrante, Francesco Piccolo e Laura Paolucci, che affonda a piene mani nel magma letterario di una delle scrittici contemporanee più amate, tra smarginatura e dispersione, di separazioni e ritorni. Torna l’11 novembre 2023, su Rai 1, la quarta e conclusiva stagione con i primi due episodi (dei dieci totali), “La separazione” e “La dispersione”, diretti da Laura Bispuri, regista fine e di una grande intelligenza da sempre interessata al racconto del femminile e delle sue ferite (Vergine giurata, Figlia mia, Passing Time, Salve regina, Biondina), che riprendono le fila del racconto, andando a cercare Lila e Lenù, amiche, sorelle e anime che si sono scelte e che in un modo o nell’altro sono cresciute e maturate insieme l’una grazie all’altra, anche se distanti.
L’amica geniale 4 – Storia della bambina perduta: Lenù e le conseguenze delle sue scelte
Sono più distanti che mai ora Lila e Lenù, in questa stagione interpretate da due perfette, Alba Rohrwacher e Irene Maiorino. Lenù è a Montpellier assieme al personaggio più odioso mai scritto, Nino Sarratore – incarnato da Fabrizio Gifuni -, manipolatore, falso e bugiardo, un narcisistica patologico che si ciba di donne, le assapora e poi le abbandona con le ossa rotte e l’anima distrutta, lo ha fatto con Lila, la selvaggia e petrosa Lila, lo farà forse anche con Lenù, la scrittrice, la moglie di un altro, l’intellettuale Lenù, madre che ha trovato una nuova indipendenza, piena, poderosa che per i meno attenti e troppo legati ai cliché, potrebbe sembrare in contrasto con il suo corpo flessuoso e etereo. A Napoli, ancora vorace e oscura, c’è Lila. C’è un filo rosso che le lega anche quando sono separate, nel momento in cui la vita le porta in luoghi diversi, loro sono sempre Lila e Lenù. Lila è per Lenù una voce registrata, da mandare avanti velocemente perché così quelle parole dette con un accento che la riporta a casa sono dardi per lei ma è anche colei che salva l’amica ancora una volta. Come è già accaduto, l’elastico che le tiene insieme, si allenta e si tende, e le amiche sanno esserci, nonostante invidie, gelosie, rancori e distacchi, si riconoscono anche disconoscendosi, perfino quando l’una sta nel rione di Napoli e l’altra a Firenze o a Montpellier, nel letto disfatto con Nino.
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Lenù prende treni, cerca di stare il più possibile con Nino, l’amore della sua vita (almeno così crede), spinta da un sentimento così potente che non le fa pensare ad altro. Una moglie di niente, una madre di niente, queste sono le accuse che gli altri le fanno. Lenù ha lasciato marito e figlie per stare con Nino, ha abbandonato un modello familiare ben definito (la madre italiana che rinuncia a tutto, anche a sé stessa per le sue creature) per essere felice.
Il ritorno a Firenze di Elena è accolto da un appartamento vuoto, un albero di Natale dimenticato, dei palloncini lasciati senza proprietarie, e una serie di messaggi in segreteria di Lila. La freddezza dello spazio rispecchia lo stato emotivo e non solo di Elena, mentre affronta le conseguenze delle proprie scelte.
Lenù: “Qui non c’è nessuno. Se le è portate via”
Il suo confronto con Pietro è un momento cruciale, che evidenzia la rottura del loro matrimonio e la violenza che ribolle sotto la superficie. Pietro, il marito abbandonato da Lenù, spesso violento, spesso rabbioso, la incolpa, le punta il dito contro, cercando di farla sentire in colpa, dimostrandole tutto il disprezzo che lui, un uomo, prova per la donna che ha lasciato la famiglia per un altro. Lenù però questa volta non retrocede vuole poche cose: vivere a Napoli, con le proprie figlie e Nino ma Pietro non ci sta.
L’amica geniale 4 – Storia della bambina perduta: una donna che distrugge qualunque cliché sul femminino. Elena Greco, colei che lascia il marito per Nino Sarratore
L’amica geniale è anche un racconto di donne che si incontrano e che si parlano, che si odiano e che si amano. Lenù viene costretta da Pietro a incontrare nuovamente la madre, Immacolata Greco, non tanto per abbracciarla e per aiutarla in questo momento difficile ma perché consapevole che Imma sarebbe stata con la figlia ancora più rigida e punitiva. La mamma, segnata dagli anni, irrigidita ancor di più dagli anni che passano e dal lavoro, prova a riunire genero e figlia prendendo le loro mani e unendole insieme, basta questo per incollare un rapporto rotto, come si fa con un bicchiere o con un piatto. Imma aveva inserito quasi a forza l’anello della famiglia di Pietro al dito della figlia, anni prima, ma all’epoca Lenù non aveva avuto la fora di ribellarsi, aveva fatto ciò che era giusto fare. Oggi è un’altra Lenù più conscia, più consapevole.
Lenù: “Ora basta, è inutile, voglio bene a un altro”
La reazione della madre è violentissima a parole e con i gesti. Inizia a picchiarla, a gettarle addosso tutti le parole che nessuno vorrebbe sentirsi dire mai, a maggior ragione dalla propria madre. Imma è sempre stata dura con Lenù perché tanto diversa da lei, amava studiare, non voleva necessariamente sposarsi e lavorare in casa ma scrivere, leggere, emanciparsi e scappare dal rione.
Pietro per lei, vecchio stampo era ed è un marito perfetto, ha dato tutto a Lenù, una casa, danaro, due figlie, e una donna come Imma non poteva sognare marito migliore per la propria figlia, poco importa se le manca di rispetto, se lei non lo ama, se la limita.
Entrambe si vergognano l’una dell’altra e forse un po’ anche di sé stesse ma per motivi diversi: una perché ha una figlia senza vergogna, l’altra perché ha una madre che non capisce, così distante e ignorante da non vedere nulla. Questo scontro è uno dei momenti più dolenti e profondi di questo primo episodio, una delle tante separazioni – anche se brevi – che vivranno le protagoniste.
C’è un’altra donna poi che sarà con lei aspra, Adele, sua suocera. Tanto in passato l’aveva appoggiata riconoscendo in lei talento, voglia di rivalsa e emancipazione, quanto ora le è nemica. La suocera guarda la nuora con disprezzo e disistima, non può accettare che le sue nipoti si trasferiscano a Napoli, città “eccessiva”, caotica, delle Ariota non devono avere niente a che fare con persone di questo livello. Elena Greco è niente, o peggio, è “gente fuori controllo”, mentre la famiglia Ariota è tutto, cultura, prestigio, eleganza e signorilità. La suocera decide e si comporta come se le figlie fossero proprie, tiene Lenù lontana da loro non tanto e non solo fisicamente ma anche emotivamente e psicologicamente; ritorna ancora l’importanza del nome, Dede e Elsa non sono Greco, ma Airota, non sono creature della madre, ma proprietà del padre.
L’amica geniale 4 – Storia della bambina perduta: un mondo maschile che umilia, distrugge, fa delle donne ciò che vuole.
Lenù: “Sono nata in un quartiere povero, degradato, molto degradato, dove la furia, la violenza degli uomini era ed è quotidiana”
L’amica geniale è questo, è la storia di una violenza totale, nessuno quasi si salva, nessuno sembra stagliarsi nella lista di omini mediocri, se va bene, altrimenti biechi e falsi, manipolatori e armi letali che non riescono ad accettare che le donne siano libere, indipendenti. I padri buttano fuori dalla finestra le proprie figlie che desiderano studiare, le donne senza marito si impiccano perché la vita senza il coniuge è impossibile, le mogli accettano violenze di ogni tipo. Il patriarcato c’è, esiste e pare impossibile fuggire da questo stilema se non distruggendo a ferro e fuoco una costruzione dura a morire.
Una donna nell’uditorio durante la presentazione del suo libro: “Quale è la tua colpa? Di essertene andata? Di aver lasciato tutto? Di aver imparato la lingua dei maschi per avere successo con i tuoi libri?”
Elena/Lenù ha per molti tante colpe, l’aver tradito la sua terra, la sua famiglia, Pietro, ma anche la colpa di aver parlato e scelto la “lingua dei maschio” per poter uscire dal cono d’ombra in cui il rione relega e costringe. Colpa per cui viene messa da parte, umiliata e cancellata come figlia, come madre, come moglie, colpa con cui deve sempre fare i conti.
Si esplora così il tema della liberazione di Elena – e quindi di tutte le donne – ma questa liberazione ha un costo, si tratta quindi la maternità, le richieste di carriera e le aspettative della società. L’episodio non si tira indietro dal descrivere le crude e spesso dolorose conseguenze delle decisioni di Elena, mentre lotta per conciliare la sua identità di scrittrice, amante e madre.
Le donne, finalmente dopo anni, si riuniscono, parlano, teorizzano in maniera sempre più potente lavorando sull’identità, sull’evoluzione, sul percorso femminile in una politica complessa personale e “universale”. Si discute di maternità, di corpo (delle madri e la percezione di tale corpo), di tutto ciò che fino a poco tempo prima era tabù.
L’amica geniale 4 – Storia della bambina perduta: una amore malato che non lascia andare anche chi sa benissimo di essere in trappola
Nino e Lenù hanno un rapporto fisico, si toccano, si amano e si desiderano. Loro hanno tanto in comune, pensieri, desideri, capiscono ciò che accade (le bombe, la scomparsa di Aldo Moro, le Brigate Rosse) proprio quasi in funzione l’uno dell’altra. Nino è concentrato su di sé, sulla sua intelligenza, sul suo pensiero, mentre Lenù è convinta di essere loro contro tutti, contro il mondo, e al di fuori di loro nulla esiste.
Lenù, nonostante tutto (“malgrado tutto l’amore mi si contorceva dentro”), nonostante i suoi scritti, sente di esistere solo in funzione di Nino (Napoli è riassunta in lui). Fugge da lui, lo tiene lontano quando scopre le sue falsità eppure è sempre in lei, nel suo sangue, nella sua pelle, ed è fisicamente fuori dalla porta di casa, appoggiato alla macchina, dall’altro capo del telefono in attesa di essere accolto nuovamente tra le braccia di quella donna che ha umiliato un’altra volta. Nino è ulteriormente sviluppato in questo episodio, rivelando la sua natura manipolatrice. Il suo fascino è una patina che maschera le sue azioni egoistiche, un tratto che è sia esasperante che avvincente. Le sue telefonate – il telefono diventa un elemento cardine di questi episodi, tiene insieme ciò che è separato -, segrete e sospette, accennano ai tradimenti a venire, preparando il terreno per le montagne russe emotive che Elena vivrà.
Nino: “Io non voglio che tu mi capisca, io voglio che tu mi giustifichi”
Nel momento in cui Nino è stato scoperto da Lenù, Nino prova a inondarla di affetto, d’amore disperato, di false verità utili a plagiare la donna che lui vuole – una sorta di gaslighting e love bombing. Lui giura, promette, dichiara ma intanto non la rispetta e si costruisce un vita parallela, mentendo sia a lei che all’altra. Dall’altra parte c’è Lenù che è ormai immersa nel desiderio di lui (“ammisi a me stessa che mi mancava molto”, “volevo che il suo disordine lo travolgesse come aveva travolto me”), in balia della sua voce e delle sue parole miele per le sue orecchie.
Strappare Nino dalla testa è impossibile per Lenù tanto che il secondo episodio termina inevitabilmente con la riconciliazione e il ritorno di Nino e Lenù. Si “lascia inventare” da lui, tanto che l’uomo viene prima di tutto, addirittura delle sue figlie. Lei deve “abituarsi” a vivere senza di lui, se lo deve imporre e non ce la fa, è una malattia, un’ossessione troppo grande.
L’amica geniale 4: valutazione e conclusione
I primi due episodi di questa quarta stagione sono il perfetto ritorno ad un mondo speciale, onirico e terreno, di lotta e di disperazione, di dolore profondo e grandi traguardi. Lo spettatore e la spettatrice partecipano ancora una volta alla storia di Elena Greco e Raffaella Cerullo, alla loro crescita e maturazione e ciascuno a modo proprio si identificano con loro. La storia della bambina perduta è un canto struggente e meraviglioso in cui Lenù, narratrice spietata e sincera di ciò che le accade intorno, si mostra in tutta la sua fragilità e in tutti i suoi orrori. Lenù è così, inciampa tra i suoi sentimenti e il suo desiderio, ama troppo chi non deve essere amato, sa perfettamente quanto Nino sia sbagliato, narcisistica, incapace di separarsi da qualsiasi cosa e da chiunque, eppure non riesce a lasciarlo, non riesce a stargli lontano. Rohrwacher e Gifuni dipingono benissimo due figure che hanno già corpo, sangue, voce e mente, la prima è perfetto equilibrio di misura, falsamente timida e fiume che esonda e rompe tutto, il secondo ha incamerato movenze, gesti, piccoli movimenti di Francesco Serpico e li fa suoi, rendendolo ancor più presenza permanente nella testa di Lenù. Irene Maiorino prende per mano Lila, grazie anche ad una identificazione e una mimesi fisica che la aiuta e le dà peso, forma e colore. Nel suo volto c’è la forza fragile di un’amica geniale che ama profondamente ma sa anche odiare altrettanto profondamente, c’è la ribellione non sulla carta ma attiva, d’azione e tangibile.
L’amica geniale, con eleganza e delicatezza sia di scrittura che di regia grazie al meraviglioso sguardo di Bispuri che segue con amore Lila e Lenù, le accarezza anche quando sono arrabbiate, deluse, disperate, mostra nuovamente due facce della stessa medaglia, ordine e disordine che cercano affannosamente un equilibrio in due vite opposte e complementari. Con rigore e momenti onirici (i sogni di Lenù, visioni-aiuto in cui la donna potrebbe avere risposte ai suoi dubbi e alle sue domande), lirici e metaforici, si mostrano fin da subito alcuni temi fondanti della saga in una versione più matura e dolorosa: il rapporto tra madri e figlie, lo scontro tra uomo e donna, il tentativo costante dell’uomo di plasmare il femminile e la lotta per sovvertire le tradizionali aspettative, la scoperta della propria identità.