Le ragazze del centralino – Stagione 4: recensione della serie tv Netflix
È disponibile su Netflix la quarta stagione della serie tv Le ragazze del centralino. La nostra recensione dei nuovi episodi.
Sono di nuovo pronte a combattere, a ribellarsi e a prendersi il loro posto nel mondo. Dal 9 agosto 2019 tornano su Netflix Lidia (Blanca Suárez), Carlota (Ana Fernández), Marga (Nadia de Santiago), Óscar (Ana Polvorosa) e Ángeles (Maggie Civantos) con la quarta stagione di Le ragazze del centralino 4, stagione composta da 8 episodi di 50, 60 minuti ciascuna.Si parlerà ancora di intrighi, menzogne, bugie, amore e amicizia, concentrandosi sulla vita dei cinque personaggi che crescono, maturano, lasciano andare e tengono strette a loro cose, persone, situazioni.
Le ragazze del centralino 4: una storia di emancipazione che aggiunge ben poco a ciò che aveva già raccontato
Al centro di tutto c’è l’emancipazione femminile: le donne raccontate dalla serie cercano di ribellarsi agli uomini, alla società, al mondo che spesso le guardano e le etichettano con sguardo e con idee paternalistiche, sessiste, maschiliste. Questa stagione mostra come Lidia, Carlota, Marga, Sara/Óscar e Ángeles hanno ripreso in mano la loro vita dopo gli avvenimenti della precedente. Loro si sanno rialzare, grazie alle proprie capacità e anche grazie all’amicizia che le unisce. Sono cambiate in questi anni: c’è Lidia che ormai lavora fianco a fianco di Carlos (Martiño Rivas), ha un ruolo importante e non si risparmia facendo scelte scomode (arriva a licenziare un suo sottoposto uomo perché non era contento di ricevere ordini da una donna), è madre amorevole ma ha bisogno di lavorare per essere completa; Carlota lotta con tutta se stessa per diventare primo sindaco donna di Madrid e accanto a lei c’è sempre Óscar; Marga è costretta ad accettare di divorziare da Pablo – dopo che nella terza stagione si era invaghita del gemello del marito – e nel frattempo incomincia a lavorare con un altro ruolo nella Compagnia dei Telefoni; Ángeles continua a sporcarsi le mani per dare un futuro migliore alla figlia che è lontana.
Sembra che tutto sia a posto, che ogni cosa funzioni alla perfezione ma non è così: ognuna dovrà fare i conti con il proprio dramma e, come sempre accade, la lotta di una diventa quella di tutte.
Le ragazze del centralino 4: una serie che tenta di colpire lo spettatore con una fenomenologia dei sentimenti blanda e banale
L’ultima puntata della scorsa stagione aveva lasciato un enorme dubbio: che ne sarà di Francisco? Subito la quarta stagione scioglie il dubbio, diventando una noiosa arma per far sciogliere in calde lacrime chi è più emotivo. Le ragazze del centralino, è innegabile, ha sempre puntato sulle grandi emozioni, amore, amicizia, dolore, e quindi le conseguenti lacrime; può questo bastare per creare qualcosa di interessante? Forse no, perché la fenomenologia dei sentimenti che sta alla base della serie non è ben sviluppata, rimanendo poco elaborata – si pensi che, in maniera fin troppo didascalica, i titoli delle puntate sono macro concetti cari alle puntate: “la giustizia”, “la libertà”, “la fortuna” – cosa che si ripercuote anche sulla sceneggiatura banale e superficiale a tratti.
Lidia di giorno vive come compagna di vita di Carlos, lavorando e occupandosi della piccola Eva, di notte invece assiste Francisco (Yon González) che, nonostante il colpo di pistola ricevuto dalla cattivissima Carmen, è vivo, o meglio è in coma. Lidia continua a sperare, a parlare con il corpo addormentato del suo grande amore, corpo che diventa simbolicamente uno dei nodi più importanti della stagione: la vita di Francisco diventa peso doloroso, faticoso fardello da sopportare, merce di scambio addirittura per ottenere ciò che si desidera. Francisco, anche se in coma, riesce a tenere legata a sé Lidia, mentre Carlos, consapevole di essere perdente, si dibatte come un animale ferito per non soccombere.
C’è anche un altro tema fondamentale, l’accusa di omicidio, ai danni del suo avversario politico – che la sta corrompendo con delle foto sue e di Óscar in evidenti atteggiamenti intimi, materiale scomodo che non avrebbe giovato alla sua corsa verso la presidenza – che investe Carlota. Lei si è battuta per i diritti, ha parlato chiaramente ai cittadini come donna, come lavoratrice, come persona del popolo ed è per questo, per la sua empatia e per il suo appeal sul “pubblico” – i sondaggi la vedono in testa – che il suo avversario decide di attaccarla nel suo punto debole.
La donna per la morte del competitor – uomo della destra più rigida e retrograda, maschilista, omofobo – viene arrestata perché ogni prova è contro di lei. Resta solo una cosa a Carlota, sperare che le sue amiche l’aiutino trovando la verità – una delle tematiche centrali di ogni stagione di Le ragazze del centralino; si cerca la verità, si vuole la verità, si nasconde la verità. Le ragazze non si tirano indietro, si fanno in quattro per aiutare Carlota ed è sicuramente questo uno degli elementi forti di questa serie, la “sororità”. Lidia, Marga, Sara/Óscar e Ángeles cercano prove, nuove alleanze, intessono rapporti per la loro amica ma anche in nome di tutte le altre donne. Il punto centrale infatti resta la costruzione dei diritti delle donne, in senso lato ma proprio questo senso lato non dà sostegno al tema stesso; è come se si volesse costruire l’edificio senza avere delle solide fondamenta.
Le ragazze del centralino 4: poca tensione, poco affanno; una quarta stagione deludente che si risolleva un po’ nell’ultima puntata
Le ragazze del centralino 4 intreccia dunque queste due narrazioni, perdendosi però più di una volta; non c’è né tensione, né un vero e sentito affanno nello spettatore – tranne nel finale che riesce a risollevarsi un po’, smuovendo il terreno seriale con un ultimo episodio a tratti toccante – per le protagoniste che lungo le puntate rischiano più di una volta. Non è tanto una questione di mancanza di empatia, che in realtà è presente, è più che altro un problema di scrittura: ci sono dei vuoti (personaggi che compaiono e poi spariscono, rapporti che si riallacciano senza troppe spiegazioni né parole – quello tra Marga e Pablo o quello tra Ángeles e l’Ispettore Cueva), delle situazioni che ritornare stancamente, è assente la verosimiglianza, necessaria se si vuole creare uno spaccato, anche se finzionale di un’epoca ben precisa. La Spagna del periodo infatti c’è, c’è uno studio di quegli anni attraversati da profondi cambiamenti – si assiste alla fine della monarchia e all’avvento della repubblica e dal un punto di vista sociale crescono le lotte per l’uguaglianza, i diritti e la libertà delle donne – ma tutto questo si perde annacquandosi in tutto il resto.
L’ultimo episodio fa pensare che la prossima stagione dovrà fare i conti con avvenimenti tragici e con la guerra civile spagnola, come si può comprendere dalla voce fuori campo di Lidia.