Leonardo: recensione della serie TV Rai con Aidan Turner e Matilda De Angelis
Leonardo Da Vinci su Rai1. La nuova serie TV Rai Fiction racconta la vita dell'artista rinascimentale intessendo un racconto che affascina e gioca con il personaggio storico
La vita di Leonardo è un’opera misteriosa. Per questo Rai Fiction l’ha resa un giallo. Un’indagine fantasiosa nella vita dell’artista. Ma non chiamatela docu-serie! Leonardo mette al centro la qualità dell’intrattenimento, con precise ambizioni internazionali. La produzione di Leonardo, in prima visione su Rai1 dal 23 marzo e distribuito in due episodi a sera fino al 26, vede affiancare Rai Fiction e France Télévisions. Un impegno creativo che si smarca dalle necessità storiografiche per giocare con un personaggio pressoché illimitato per possibilità narrative. Infatti, non è la prima volta che i segreti di Leonardo arrivano in tv.
Oltre ai numerosi sceneggiati, spesso stranieri, qualche anno fa fu prodotta una serie TV dal titolo significativo: Da Vinci’s Demons. Tom Riley interpretava il giovane genio in puntate sempre più spropositate e vicine al fantasy. Un progetto lontano dagli intenti della nuova serie Rai Fiction, ma sintomatico della duttilità del personaggio.
Ora, i servizi pubblici italiani e francesi si cingono nel racconto dell’artista assunto a guida e modello di una tradizione europea. D’altronde, il cosmopolitismo nasce qui, nei meandri di un rinascimento sempre più al centro del palinsesto Rai. Dopo il grande successo della trilogia Medici, Leonardo diventa testa d’ariete di una rivisitazione storica nelle forme della quality tv.
Il rinascimento diventa brand sicuro. Un perimetro culturale con cui l’Italia sente il diritto di giocare. O perlomeno di facciata, dal momento che l’ottima sceneggiatura di Leonardo, oltre che la buona regia, ha firme anglosassoni, Frank Spotnitz e Steve Thompson. Ottima notizia per la Rai, e per l’Europa che si muove in consonanza nel primo sforzo produttivo dell’Alleanza tra broadcaster pubblici.
Il mistero di Leonardo si tinge di giallo
Leonardo sotto accusa: ha ucciso lui l’amica di una vita, Caterina da Cremona? Rinchiuso a Milano per volontà del Podestà, dichiara la propria innocenza all’ufficiale Stefano Giraldi. Ma la verità è lontana dall’essere svelata.
Leonardo ha così inizio nel 1506, con l’artista piegato dalla vita e dalle colpe di un’esistenza sofferta. Per scoprirne le cause la serie TV riavvolge il tempo e torna al giovane genio, poco più che ventenne. Alla bottega del Verrocchio, interpretato da un icastico Giannini, Leonardo impara l’arte del pennello e della vita.
Seguendo le due linee temporali, Leonardo racconta sfumature e misteri, promettendo un ricongiungimento tra le accuse di omicidio e i fatti di gioventù. Nel frattempo, la serie si immerge nelle infinite pagine di appunti di un genio perfezionista, votato all’autodistruzione e alla ricerca dell’invisibile verità del mondo. Esploriamo una Firenze perlomeno credibile, in cui anche le sequenze più dominate dalla computer grafica reggono il racconto.
A cucire la ricostruzione storica sono infatti le ottime interpretazioni, con Aidan Turner e Matilda De Angelis, l’artista e la modella misteriosamente assassinata, in perfetta sintonia.
Leonardo ci insegna a cercare la verità
Leonardo è prima di tutto un discorso sulla verità. Non solo quella giudiziaria indagata da Stefano Giraldi. L’osservazione del vero, per l’artista, è continua indagine sull’esperienza umana. In sceneggiatura fioccano riferimenti all’ossessione leonardesca per il racconto della realtà, dove l’artista si fa voce di ciò che il mondo vuole nascondere.
“Non voglio la cicatrice nel disegno: non voglio che racconti questa storia” lo prega Caterina nascondendo il marchio di un torbido passato. Ma lui non può mentire. Quest’afflato verista propone un Leonardo inesplorato nelle varie trasposizioni televisive.
Dove il committente gli chiede l’opera felice per la figlia, lui coglie la tristezza di un’unione imposta in nome di interessi famigliari. Dove i colleghi di bottega affidano agli occhi il movimento del carboncino sul foglio, lui cerca di sentire e poi decide di non disegnare alcunché. “La verità di ciò che ho visto” entra così in conflitto col fatto che, come lo redarguiscono, “non vuol dire che gli altri la vogliano vedere”.
Un discorso sulla verità che affianca sentire personale ed esperienza in un insieme rivoluzionario per i tempi di Leonardo ma contemporaneo e vivo per noi, intessuti nell’ambiguità di post-verità e fake news. La verità è pericolosa. “Sono un discepolo dell’esperienza”, dirà l’artista: “dipingo la mia verità”. Un personalismo del guardare che era virtù nel rinascimento ma è apocalisse nell’era social.
Esseri geni, dice Leonardo, significa guardare. E la vista è una cosa che si impara. Esattamente come il Verrocchio insegnerà al giovane, svelando le tre forme della luce.
Il volto dell’arte: Caterina da Cremona
Ma il vero mistero di Leonardo si chiama Caterina da Cremona. Dell’esistenza della donna amica di Leonardo abbiamo conferma da alcuni contatti epistolari, ma ciò che Leonardo costruisce attorno alla figura di Caterina è più sottile di una semplice corrispondenza storica.
Coraggiosamente propugnata l’idea dell’omosessualità dell’artista, confermata già nei primi episodi, persino con una sorta di coming out, Caterina diventa personaggio simbolo di un amore ascetico, eterno. Caterina è la madre, l’amica, ma anche la bellezza e l’arte. Caterina è la perfezione cui l’artista ambisce. Per questo il mistero del suo omicidio infittisce la serie di domande oltremodo giuste.
Un omicidio d’amore rientra nei canoni del giallo. Ma può un artista porre fine alla sua musa per lenire i demoni dell’arte? Il quesito mette Leonardo, agli occhi dello spettatore, sul tavolo degli indagati. Anche grazie alla distanza che la serie TV attua rispetto al fatto storico. Lo scollamento, libero ma moderato, di certo più contenuto dei voli pindarici e allucinati di Da Vinci’s Demons, apre a una storia in cui tutto può ancora accadere.
E se di certo la Gioconda non verrà modificata, le ragioni del suo farsi sono ancora tutte da essere raccontate.
Punto fermo della serie TV sono infatti le opere. “La colonna portante” le ha chiamate lo sceneggiatore americano Frank Sptnitz. In ognuno degli otto episodi di Leonardo appare un quadro, inviolato nella sua forma ma rivisto nella sua genesi. Ad apparire in forma convulsa e febbrile sono anche i numerosi studi, le bozze e i disegni dei capolavori.
A loro, il ruolo di riordinare le vicende. Mentre Leonardo gioca con lo spettatore, tra conferme e smentite di una biografia avvolta nel dubbio, i ritratti, i paesaggi, gli incompiuti, raccontati attraverso la sceneggiatura e mai in didascalia, tengono saldo il progetto e confermano le potenzialità di questo universo narrativo rinascimentale.