L’era dei samurai: recensione della docu-serie Netflix
La recensione della docu-serie diretta da Stephen Scott dedicata alla figura del samurai e al periodo Sengoku, uno dei più sanguinari nella storia del Giappone. Dal 24 febbraio su Netflix.
Ci sono prodotti audiovisivi di natura documentaristica che nascono e vengono sviluppati per perseguire scopi informativi o didattici e in quanto tali si rivolgono a un target interessato ad approfondire fatti e personaggi che hanno scritto pagine significative del passato. Prodotti, questi, che si sostituiscono di fatto ai volumi, ai compendi e alle enciclopedie della rete che si è soliti sfogliare per apprendere o semplicemente per venire a conoscenza di dati argomenti. Ne esistono alcuni tra questi che per rendere ancora più accattivanti i contenuti si appoggiano alla forma, attraverso una confezione estetica che oltre ad attirare l’interesse dello spettatore di turno, ne ruba anche l’occhio.
Didattica e intrattenimento si mescolano alla perfezione nella docu-serie L’era dei samurai
È il caso di L’era dei samurai, docu-serie in sei episodi (da 40’ circa cadauno) targata Netflix e diretta da Stephen Scott, rilasciata sulla piattaforma statunitense il 24 febbraio, che prova a mescolare didattica e intrattenimento nel senso più nobile del termine. Per farlo affianca alla fetta di storia rievocata una messa in scena dall’approccio cinematografico, al contempo credibile, curata e d’impatto visivo. Una componente qualitativamente ben al di sopra delle ricostruzioni di fiction delle quali si avvalgono, il più delle volte in maniera didascalica, gli autori di certi documentari o di trasmissioni televisive. Il ché rende la serie in questione molto più appetibile, allargando così lo spettro dei potenziali fruitori. Una mossa decisamente arguta da parte dei creatori dello show in questione, la stessa che l’abbonato del broadcaster a stelle e strisce potrà ritrovare anche in un’altra docu-serie dal titolo Il mondo segreto dei pirati, disponibile a partire dal 15 marzo.
Le ricostruzioni storiche sono il punto di forza di L’era dei samurai
Facile intuire sin dal titolo quali siano l’argomento e le figure rievocate da Stephen Scott nella sua nuova fatica seriale. Lui che prima di dedicarsi corpo e anima alle produzioni sulla lunga distanza destinate al piccolo schermo (tra cui Draft Year e Snapshots), ha potuto misurarsi anche con il cinema in ben due occasioni grazie a The Side Street Project prima e Silent But Deadly poi. Esperienze che, seppur altalenanti per quanto concerne gli esiti, hanno sicuramente iniettato nel suo DNA da regista una certa dose di attenzione nei confronti della messa in quadro. Una caratteristica che emerge in maniera evidente nel corso della visione e che rappresenta uno dei punti di forza della docu-serie a lui affidata. Con e attraverso le ricostruzioni di fiction, il fruitore di L’era dei samurai si ritrova immerso un periodo storico non particolarmente conosciuto dalle nostre parti, che gli consente di avvicinarsi a una figura che ha sempre affascinato lo spettatore occidentale, con la quale quest’ultimo ha avuto solo rare occasioni d’incontro legate al filone creativo dei film di cappa e spada giapponesi, il cosiddetto Chambara. E tra quelle occasioni c’è il capolavoro di Akira Kurosawa, I sette samurai, con il quale la docu-serie di Scott condivide ambientazioni ed epoca di riferimento, conosciuta come Sengoku.
La docu-serie racconta l’inizio e la fine di una sanguinaria campagna bellica per la conquista del potere e del territorio
Le lancette tornano dunque al 1552, un anno in cui il Giappone è nel pieno caos. Dopo secoli di dominio, il Governo centrale ha perso il controllo e la nazione è sprofondata in un brutale conflitto civile. L’anarchia regna sovrana mentre i daimyo, signori della guerra armati fino ai denti, lottano per il potere e il territorio. Nella piccola provincia di Owari, in un clan insignificante noto come Oda, un samurai improbabile sta per lanciare una campagna sanguinaria in cui moriranno a migliaia e che stabilirà il corso della storia giapponese per i trecento anni seguenti. La docu-serie racconta l’inizio e la fine di questa sanguinaria campagna, che ha il suo epilogo nel 1615 con il lunghissimo assedio al castello di Osaka. Con esso cessarono le lotte e la figura dei samurai, determinante ai fini della riunificazione, subì una trasformazione. Invece di concentrarsi solo sulla guerra, i conflitti e la strategia cominciarono a occuparsi di filosofia, dovere e onore.
La voce narrante di Hiro Kanagawa e le interviste a storici, scrittori e accademici, rappresentano il tessuto del racconto di L’era dei samurai
L’era dei samurai racconta quel periodo e lo fa con una serie di interventi affidati a una schiera di storici, scrittori e accademici, tenuti insieme dalla voce narrante (nella versione originale) di Hiro Kanagawa. Sono loro a guidarci nei meandri di un’epoca feroce, dove battaglie, congiure, tradimenti, cospirazioni e l’omicidio in famiglia era pratica molto comune, con i fratelli che si uccidevano fra loro e i padri che uccidevano i propri figli e viceversa. Il tutto in nome del potere e del dominio territoriale. Le testimonianze dei numerosi esperti chiamati in causa, alle quali si vanno ad aggiungere inseriti grafici e contributi animati di buona fattura, diventano il tessuto sul quale il regista stende le ricostruzioni di fiction, alcune delle quali davvero coinvolgenti: dalla battaglia di Ukino a quella lampo di Okehazama presenti nel primo episodio, sino ad arrivare a quella di Sekigahara che pone fine alle ostilità e alla docu-serie nel sesto e ultimo episodio.