Lettera al Re: recensione della nuova serie fantasy di Netflix

La nostra recensione di Lettera al Re, serie tratta dal romanzo di Tonke Dragt

Dopo The Witcher – trasposizione da alcuni amata, da altri criticata dei libri di Andrzej SapkowskiNetflix ritenta la strada del fantasy con Lettera al Re, anch’essa frutto di un adattamento.

Lettera al Re è tratto dall’omonimo romanzo per ragazzi scritto dall’olandese Tonke Dragt nel 1962 (che ha vinto nel 1976 il Premio nazionale di letteratura per ragazzi) e incentrato sulle vicende del giovane Tiuri (Amir Wilson), alle prese con una pericolosa missione per la salvezza del mondo.
Una trama non proprio originale, ma che potrebbe celare qualche sorpresa e molte riflessioni sul significato dell’eroismo e dello spirito di sacrificio.

Lettera al Re: un fantasy classico che esalta l’eroismo non convenzionale

Lettera al Re Cinematographe.it

Amir Wilson e Ruby Ashbourne Serkis in Lettera al Re

Lettera al Re, la cui prima parte in sei puntate è disponibile su Netflix dal 20 marzo 2020, esordisce con un tono non proprio originale. Si intravede fin da subito l’impianto fantasy di tipo classico, basato sull’elaborazione di topoi convenzionali. C’è un mondo alternativo composto da regni in guerra e un principe spietato e bramoso di conquista. C’è una profezia che annuncia l’arrivo di colui che può sconfiggere il malvagio sovrano e c’è un protagonista apparentemente incapace di rivestire il ruolo dell’eroe, ma in realtà destinato a dimostrare, nel corso della narrazione, il coraggio per distinguersi dagli altri. 

Questo eroe imperfetto è Tiuri, ragazzo di quindici anni che non eccelle particolarmente nei combattimenti e che, per questo motivo, si sente fuori posto in un mondo che esalta nei giovani uomini il valore bellico. Un incontro fortuito lo porta però ad affrontare il proprio destino, in una missione che lo esporrà a molti pericoli. 

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Lettera al re: ecco il trailer ufficiale della nuova serie Netflix

Non siamo dunque di fronte a una trama innovativa, bensì a qualcosa di visto e rivisto, sia nella letteratura che nei media. L’analisi dell’opera non può eludere da questo esordio poco originale, ma deve anche valutare il target di riferimento, i messaggi positivi che essa intende trasmettere, la qualità e la capacità di intrattenere. Tanto più se l’originalità viene cercata nei dettagli.
Lettera al Re si basa su elementi talvolta un po’ scontati, ma comunque godibili e ben gestiti. La realizzazione tecnica della serie ricorda quella di un’opera cinematografica, mentre la buona gestione dei tempi narrativi garantisce il coinvolgimento dello spettatore. La trama lineare agevola la comprensione, mentre il dinamismo viene garantito dalla diversità dei punti di vista.
Da un lato il compito di Tiuri segue la storia principale, dall’altro il gruppo di compagni incaricati di scovarlo regala uno sguardo su ciò che sembra essere la “parte avversaria”. L’avventura vera e propria è però corale, capace di esaltare sia le imprese del singolo, che quelle di un gruppo di eroi coraggiosi, contro le angherie dell’antagonista. 

Lettera al Re Cinematographe.it

Lettera al Re

Lettera al Re: una storia di coraggio, contro un malvagio conquistatore

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Lettera al Re

Lettera al Re, con le sue spettacolari ambientazioni (tra la Nuova Zelanda e Praga), la sua sceneggiatura pulita, la valida regia e una fotografia ben curata, è la dimostrazione del fatto che a delle premesse poco originali non segue necessariamente un prodotto scadente. Come serie fantasy per ragazzi questo titolo sa il fatto suo e riesce a raggiungere forse l’intento più importante: intrattenere e trasmettere alcuni messaggi edificanti, come il coraggio, la voglia di distinguersi, la solidarietà e la determinazione. 

Interessante anche il sistema dei personaggi, che distoglie spesso l’attenzione dal protagonista per riequilibrarla su un contesto più collaborativo. A portare il peso della missione non è infatti solo Tiuri, ma l’alleata Lavinia (Ruby Ashbourne Serkis) e un gruppetto di giovani eroi non sempre ben caratterizzati, ma ben inseriti nel contesto narrativo. Anche la figura del nemico, il principe Viridian (Gijs Blom), avrebbe potuto essere più approfondito dal punto di vista psicologico. Sebbene il suo atteggiamento sia più riflessivo e meno impulsivo rispetto al cliché del cattivo, le scene che lo coinvolgono sono eccessivamente simili tra loro e mancano di tensione, compreso il finale che chiude questa prima parte della serie.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.3

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